RECUPERO STRUTTURALE DI EDIFICI STORICI NEL CUNEESE E ASPETTI APPLICATIVI

Qualifiche dell'autore: 
architetto (Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici, Cuneo), ingegnere (Impresa Belli, Cuneo)

Nel nostro intervento al convegno Restituire l’Emilia in qualità. Innovazioni, tecnologie e materiali per il restauro (27 marzo 2014, Salone del Restauro di Ferrara), vogliamo illustrare alcuni esempi di applicazione dei nuovi materiali compositi nel restauro di edifici ecclesiastici vincolati della provincia di Cuneo. Non sono edifici monumentali, ma dimostrano che l’utilizzo dei materiali compositi ben si adatta alle maggiori difficoltà nel reperimento delle risorse economiche per il ripristino di edifici di dimensioni minori.

La chiesa parrocchiale di sant’Antonino Martire del comune di Entracque, nel 2004, rappresenta il primo caso in cui abbiamo utilizzato le fibre di carbonio nel cuneese. Siamo stati seguiti direttamente dall’Ardea: il suo amministratore, Lino Credali, che è anche docente di Chimica Macromolecolare all’Università di Modena, è venuto di persona a insegnarci la tecnica di posa della fibra. Se inizialmente è emersa la grande semplicità di posa, dopo alcuni giorni, abbiamo capito quanto fosse importante un controllo costante e accurato sul lavoro degli operai: la fibra di carbonio si basa su un sistema di catena ad anelli, ed è sufficiente un piccolo errore perché ne sia compromessa l’intera posa.

Abbiamo cominciato a preparare la superficie del campanile scrostandola e pulendola alla perfezione, utilizzando l’idrolavaggio per rimuovere al meglio tutte le polveri. Successivamente, abbiamo creato uno strato cementizio vibrorinforzato aderente alla massima sporgenza: il piano doveva essere complanare, ma avrebbe potuto anche essere curvo, dal momento che la fibra di carbonio si presta a modellarsi su qualsiasi forma e dimensione. Poiché il campanile aveva problematiche di compressione dovute alla tendenza della malta a far esplodere all’esterno le pietre, un terzo passaggio fondamentale è stato quello di contenere la malta con una staffatura in ferro, che prevedeva numerosi tasselli di collegamento tra l’interno e l’esterno del campanile: attraverso fori praticati in tutta la parete del campanile, sono stati fatti passare un nastro e una barra di carbonio di collegamento. I codini che uscivano dalla fibra sono stati applicati sulla resina di entrambe le pareti, interna ed esterna. Successivamente, si è applicato un nastro verticale che collegava tutti i fili alla struttura e si è cominciata la posa del nastro orizzontale, la cosiddetta cerchiatura. La tenuta continua dei nastri è garantita, anche se non vengono posizionati per l’intera lunghezza della cerchiatura, non risente di eventuali interruzioni dei nastri. Gli spigoli vengono arrotondati per non creare punti di rottura e in casi di questo tipo preferiamo addirittura raddoppiare la fibra applicata agli spigoli.

Passiamo ora a un altro esempio, il campanile della collegiata, nella cittadina di Carmagnola, in cui l’utilizzo delle fibre di carbonio è stato fondamentale dal punto di vista del risparmio economico.

Questa torre campanaria è alta 55 metri ed è composta interamente in laterizio; la parte di locazione del campanile è formata da capriate. Dal momento che si trova nel centro abitato della cittadina di Carmagnola, smontare la capriata, portarla giù, realizzarne una nuova, riportarla su e collocarla avrebbe comportato l’utilizzo di un mezzo di carico di dimensioni enormi, un costo elevatissimo e la paralisi di metà della città. Per questo abbiamo deciso di utilizzare la fibra di carbonio, conservando interamente il materiale originale.

Concludiamo con l’intervento eseguito sul campanile del Sacro Cuore, nel centro di Cuneo. Si tratta di un intervento di urgenza: la statua posta sulla sommità del campanile era a rischio crollo, ma non si era in grado di sostenere il costo per un ponteggio sul campanile. Da qui è nata l’idea di realizzare un ponteggio aereo, a norma di legge, delle dimensioni necessarie, su cui lavorare imbragati in sicurezza.

Il manufatto stava in piedi ma non avrebbe potuto reggere ulteriormente grandi venti e forze laterali. Le problematiche erano diverse: elementi lapidei staccati, ruggine causa di un cedimento dei cerchi di ferro sotto la statua e corrosione della sua struttura in ferro.

Il sistema di messa in sicurezza e di manutenzione del cantiere è stato realizzato con tecnica mista: una parte è stata cerchiata con la tecnica delle fibre di carbonio, un’altra con tecniche tradizionali.

Quando abbiamo trasportato la statua ci siamo accorti che al suo interno era presente uno sportellino che conteneva un foglietto dove venivano riportati i nomi delle maestranze che avevano operato in quel cantiere, quelli di chi lo aveva progettato e i costi. Anche noi abbiamo deciso di aggiornare quel documento, prima fotocopiandolo e poi aggiungendo i nostri nomi, proprio per cercare di dare ai posteri quello che i progettisti e i costruttori avevano lasciato a noi. Questa volta abbiamo realizzato il contenitore all’interno della statua in vetro, materiale che va meno incontro a deterioramento.