L'EFFICENZA DEL TRASPORTO PRIVATO PER L'AMBIENTE

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presidente di SACA soc. coop. a.r.l., Bologna, e presidente di Confcooperative Bologna

Nel 1972 lei è stato fra i soci fondatori della Cooperativa Saca, che si è costituita grazie all’intraprendenza dei nove soci iniziali, per offrire un servizio di trasporto privato fra i più innovativi in ambito nazionale, al punto che oggi, non solo conta oltre duecento soci partecipanti, ma è partner prezioso del trasporto pubblico regionale. Come siete giunti a questi risultati?
La mia avventura è incominciata negli anni ‘70 con alcuni soci nel settore dei trasporti con servizio di noleggio con conducente di auto e poi anche di pullman, questi ultimi dedicati prevalentemente al settore turistico, fino a quello di scuolabus, ma si trattava di servizi a mercato, quindi non contribuiti dal pubblico. In quegli anni, non si poteva parlare ancora di trasporto pubblico perché non esisteva, ma c’era chi sosteneva la tesi che il diritto alla mobilità, sancito dalla Costituzione, poteva essere garantito solamente dal pubblico. Pertanto, fu avviata la pubblicizzazione delle aziende private. Negli anni ‘90, però, questa logica fu messa in questione, anche perché il trasporto pubblico comportava ingenti risorse economiche. Fu allora che fu avviata la politica di esternalizzare e privatizzare il trasporto pubblico.
Dal 1994 la nostra Cooperativa ha esteso i suoi servizi nell’ambito del trasporto pubblico, come azienda privata, facendo un percorso professionale che ci ha consentito di conquistare progressivamente nuove quote di mercato in segmenti di attività estremamente interessanti. Trasportare bambini con gli scuolabus, per esempio, è il servizio più delicato nell’ambito del trasporto di persone. Oggi, siamo un’azienda specializzata anche nel trasporto pubblico locale. Questo tipo di servizio, proprio perché effettuato da privati, costa meno rispetto a quello pubblico, è di qualità più elevata e si traduce in un risparmio di circa 33 milioni di euro per l’azienda pubblica, dal momento che noi eserciamo 25 dei 112 milioni di km finanziati dalla Regione. Per cui ci troviamo in una situazione nella quale quanto più la Regione esternalizza, tanto più il settore pubblico riduce i cosiddetti costi cessanti.
Se la Costituzione dice che la mobilità è un diritto, questo vale per chi abita a Bologna, ma anche per chi, per esempio, risiede nelle zone montane, per questo è vincente rilanciare la politica delle privatizzazioni. Occorre che la Regione consenta di esternalizzare più servizi alle aziende private, con particolare riferimento a quelli extraurbani. In tal modo anche il trasporto pubblico locale avrebbe la possibilità d’investire in nuovi automezzi, rendendo più efficiente il servizio e quindi registrando incassi maggiori.
Come avete evitato l’assorbimento da parte dell’azienda pubblica?
Siamo sempre stati molto più competitivi e facciamo scelte industriali che il settore pubblico non fa. Tra queste, una è senz’altro quella del rinnovo costante del parco automezzi di nostra proprietà, che induce l’utenza a sceglierci per la qualità nell’offerta. Investire in automezzi più nuovi vuol dire ridurre i costi della manutenzione. La vetustà media dei nostri automezzi è di sette anni, mentre quella dei mezzi di proprietà pubblica è di quattordici. E, poiché stiamo parlando di medie, alcuni di questi ultimi hanno un’età di ventidue anni ed è facile immaginare che la loro manutenzione sia molto onerosa.
Nella nostra regione il trasporto privato ha dato senza dubbio un notevole contributo tale da avere comportato l’aumento dell’efficienza e una serie di trasformazioni anche in quello pubblico, che anzi è stato quasi costretto a stare al passo della concorrenza. Dal momento che il cittadino ha la possibilità di scegliere fra diversi servizi, è chiaro che tenderà a propendere per quelli che gli garantiscono maggiore efficienza. Pertanto, il pubblico non può che organizzarsi per non perdere utenti e quote di mercato. L’Azienda Trasporti di Bologna, per esempio, soprattutto negli ultimi tempi ha fatto scelte industriali importanti. I mezzi a metano in dotazione, per esempio, non ci sono in nessun’altra città italiana e forse neanche in Europa. Resta il fatto però che, a fronte di questi nuovi mezzi, a Bologna ci sono ancora molti autobus vetusti. Allora bisogna affrontare il problema dell’inquinamento, considerato che da decenni ciascun cittadino investe nei trasporti ogni volta che compra il biglietto per l’autobus. Occorre chiedersi se il problema dell’inquinamento sia dovuto effettivamente alle automobili oppure all’assenza di manutenzione e d’investimento nell’innovazione dei mezzi pubblici. Oggi abbiamo tecnologie straordinarie per la prevenzione dell’inquinamento, come dimostra il caso delle automobili di ultima generazione, dotate di dispositivo antinquinamento Euro 6 che riduce l’inquinamento praticamente a zero. Nel momento in cui il cittadino acquista questa tipologia di macchine, si abbattono anche i costi di manutenzione dei mezzi di trasporto pubblico, che si ridurrebbero al minimo con l’acquisto di autobus Euro 6. La logica industriale, ma anche il buon senso, prevedono di passare dalla gestione della spesa corrente, costituita anche dalle manutenzioni, agli investimenti.
Il settore pubblico, grazie all’efficienza delle aziende private, ha incominciato a capire anche l’importanza di integrare diverse tipologie di servizi. Ma chiediamoci perché solamente il 9 per cento dei cittadini dell’Emilia Romagna utilizza il trasporto pubblico, anche se in Italia la media è addirittura più bassa. Una maggiore integrazione, per esempio fra i trasporti ferroviari e quelli su gomma, potrebbe fare aumentare questa percentuale. Faccio un esempio. Un cittadino che al mattino si reca in treno da Sasso Marconi alla stazione centrale di Bologna, impiega la metà del tempo rispetto al viaggio in bus o in auto sullo stesso tragitto. Ma, una volta giunto in stazione, impiega ulteriore tempo per raggiungere altre zone della città. Quando dico che occorre mettere in rete i sistemi di trasporto intendo che serve sinergia e integrazione tra questi sistemi, come peraltro avviene nei paesi europei tecnologicamente più avanzati.
Secondo la sua esperienza, qual è l’offerta di servizi di mobilità che occorre in questo momento?
Se noi parliamo di servizi suburbani, interurbani o extraurbani, si può intervenire studiando i flussi di spostamento delle persone, dopodiché non sarà difficile fare progetti di mobilità che siano efficaci ed efficienti. Il problema è un altro ed è costituito dai centri storici, in particolare per quello di Bologna non è stata avviata una vera politica di rilancio. Non si può chiudere il transito durante il sabato e la domenica senza offrire strumenti al cittadino che lo rendano effettivamente fruibile da un capo all’altro. Inoltre, è necessario che possa essere attraversato da mezzi, ma in maniera diversa da com’è attualmente. Si può discutere se siano vetture elettriche o un maggior numero di autobus elettrici, ma occorre creare le condizioni per andare da un punto all’altro della città con servizi di collegamento. Oggi nessuno ha ancora fatto ipotesi per risolvere in modo professionale la questione di quali siano gli aspetti su cui puntare per il rilancio di Bologna.