INVESTIAMO NONOSTANTE LA BUROCRAZIA

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presidente di TracMec Srl, Mordano (BO)

La vostra azienda, da dieci anni protagonista nel settore dei cingolati, sta investendo nel rinnovo della sede e in nuovi macchinari. Eppure, in questo periodo, sembra difficile fare previsioni, soprattutto in Italia, sull’avvenire delle imprese…
Proprio perché non conosciamo le richieste del mercato nei prossimi anni dobbiamo pensare ora a qualificare ulteriormente l’azienda. Per questo stiamo investendo in un’organizzazione interna più efficiente e in macchinari all’avanguardia, come la nuova alesatrice, per la quale abbiamo investito un milione e mezzo di euro, per produrre ancora di più in termini di qualità. Inoltre, oggi, il prezzo competitivo del prodotto finale si ottiene non con un risparmio nella qualità, ma con un’organizzazione mirata. Gli scenari futuri, infatti, restano ignoti, ma la qualità è sempre un ottimo investimento. È come il caso di una bella donna che compra il vestito migliore per uscire la sera. Se sapesse a priori di non incontrare nessuno, non lo comprerebbe. Investire in tecnologia all’avanguardia è un’occasione in più per entrare in una nicchia di mercato in cui è premiata la qualità e non il basso prezzo. Inoltre, è anche un modo per ottenere maggiore efficienza energetica, considerando che oggi la tecnologia consente anche questo.
Qual è la nuova scommessa di TracMec?
Stiamo studiando l’intervento dei nostri cingolati in due settori diversi, quello dei sottocarri classici, da impiegare in ambito forestale, e quello dei carri anfibi, utili in ambienti paludosi, fluviali o lacustri. Si tratta di nicchie di mercato e per noi sarebbe già un record costruire cinque o dieci pezzi all’anno. Inoltre, stiamo organizzando l’inserimento di collaboratori specializzati per soddisfare le particolari richieste tecniche dei clienti.
Scommettere sui carri anfibi indica che il futuro del paese sarà quello d’investire sempre più nella manutenzione dei terreni che hanno ceduto a causa di piogge e nubifragi spesso proprio per la mancata manutenzione...
Il cingolato anfibio permette all’escavatore di operare in zone paludose, oppure anche in zone con una certa profondità di fondali, per questo è necessario che galleggi. Per costruire un carro anfibio dobbiamo tenere conto di specifiche normative, diverse per ciascun paese europeo e estero. Nei paesi francofoni, per esempio, includendo anche il Nord America, sono richieste caratteristiche tecniche peculiari, mentre alcuni paesi del Nord Europa ne richiedono altre. È chiaro che, quando cambiano certi parametri progettuali, anche le prestazioni della macchina sono diverse. Il costruttore deve essere sicuro di quali sono i criteri tecnici che ciascun paese richiede. Ma avere questo tipo di informazioni è difficile, e in Italia è quasi impossibile. Non è chiaro, anche all’estero, quali siano i parametri tecnici che occorrono per ottenere la certificazione. Pertanto, o la certificazione è data dal cliente, che assume la responsabilità di eventuali problematiche, oppure l’imprenditore costruttore rischia che sia bloccata la vendita da un ente omologatore solamente perché manca un dettaglio che invece l’ente richiede. La questione è che si tratta di macchine il cui costo è intorno ai 400 mila euro ciascuna.
La vostra scommessa è quella di inventare un carro anfibio che rispetti le omologazioni di ciascun paese?
La difficoltà è anche quella di acquisire le informazioni tecniche specifiche, dal momento che la confusione in materia dipende proprio dagli enti fluviali o marittimi deputati a dare queste indicazioni. Per noi è importante definire un progetto che consenta di produrre un certo numero di macchine all’anno. Ma, in Italia, le normative non definiscono molti aspetti, lasciando la disciplina dei criteri tecnici alla regolamentazione delle singole province o delle regioni. Pertanto, lo stesso procedimento di costruzione, presentato in due regioni, è valutato in modi diversi e questo accade anche fra province distanti cinquanta chilometri l’una dall’altra. La burocrazia pensa di essere utile al paese in questo modo, ma dimentica che quello che serve è lasciare lavorare le imprese. Intanto, assistiamo al paradosso di aziende che vogliono lavorare e che, invece, sono bloccate a causa dell’interpretazione di postille, i veri cavilli burocratici che intasano l’apparato produttivo.