LE AUTOSTRADE PER LE PIASTRELLE NEL CUORE DELLA MOTOR VALLEY

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general manager di Tecnomec Borghi Srl, Fiorano Modenese (MO)

Oltre ad avere costruito le “strade” sulle quali viaggiano le piastrelle negli stabilimenti delle più importanti industrie ceramiche italiane e di altri paesi, lei è organizzatore del famoso Raduno di auto storiche di Fiorano Modenese, giunto al suo ventunesimo anno. Considerando che siamo nel cuore della Motor Valley, la sua è una bella combinazione fra impresa e cultura del territorio…
Io sono un amante della nostra storia e dei nostri luoghi, in cui l’auto storica è una forma d’arte, perché racchiude in sé non solo lo stile e il design, ma anche l’ingegno, che sta alla base della sua progettazione e della sua costruzione.
Poi, mi piace molto abbinare la cultura dell’automobile a quella del territorio, con i suoi prodotti tipici, come l’Aceto Balsamico Tradizionale e il Parmigiano Reggiano, nonché la musica e il bel canto. Per il Raduno arrivano a Fiorano collezionisti di auto storiche da tante città d’Italia e di altre nazioni, e per noi è l’occasione di portarli in visita alle acetaie, ai caseifici e, strano ma vero, alle fabbriche del nostro distretto: almeno possono vedere come si produce la piastrella celebrativa che consegniamo ciascun anno. E comunque dobbiamo essere noi i primi a valorizzare le nostre fabbriche e a far capire che non sono “sporche, brutte e cattive”, come vuole un arcaismo ottocentesco. Oggi è importante andare a visitare una fabbrica, forse più che un castello, perché nella fabbrica ci sono la vita, l’arte, la cultura e l’ingegno.
A proposito d’ingegno, voi siete fornitori certificati dei principali gruppi industriali della ceramica, ai quali garantite impianti per la movimentazione piastrelle con la massima semplicità costruttiva, affidabilità, qualità dei materiali utilizzati e durata nel tempo…
A parte le macchine primarie – presse, essiccatoi, forni, squadratrici – costruiamo tutto ciò che serve per far muovere le piastrelle e trasportarle all’interno dello stabilimento.
E quali novità avete presentato a Tecnargilla quest’anno?
Abbiamo presentato alcune macchine che servono per ridurre le fermate delle linee di trasporto e migliorare la produzione delle piastrelle e alcuni accessori per la pulitura e la sbavatura: la pulizia è indispensabile perché una piastrella non pulita bene è uno scarto e rischia di vanificare un lavoro importante. Per questo abbiamo realizzato una nuova spazzola, l’abbiamo implementata aggiungendo soluzioni nuove per le setole e l’abbiamo resa automatica, per cui si autoregola sul prodotto e mantiene la pulizia sempre uguale.
A fine produzione o anche durante il processo?
Usiamo questa spazzola sia alle presse sia nella linea di smalteria sia in quella di scelta e in uscita dal forno. Riusciamo a usarla in tutte le fasi, cambiando solo l’utensile di pulizia, che può essere di setola naturale, per la scelta o la smalteria, abrasiva, all’uscita dal forno, per ammorbidire la superficie della piastrella, o di nylon semplice, per l’argilla fresca, all’uscita dalla pressa.
Inoltre, abbiamo realizzato altri accessori e abbiamo rinnovato la gamma delle nostre macchine – il raccoglitore alla pressa, il carico/scarico essiccatoi e forni – e abbiamo realizzato nuove linee di collegamento per i formati più larghi, che rispondono alla tendenza più attuale. Abbiamo realizzato nuove rulliere per piastrelle spessorate, per pesi importanti, e rulliere di acciaio inox con tutte le finiture in plastica per le zone in cui il materiale viene tagliato, separato e rettificato e, eventualmente, lappato e trattato con prodotti di finitura superficiale antimacchia, sempre per le grandi lastre.
La sua azienda ha appena compiuto trentacinque anni, ma lei quando ha incominciato a lavorare?
Ho incominciato molto giovane, perché in famiglia eravamo in tanti e c’era bisogno di dare una mano, quindi ho abbandonato gli studi molto presto. Questo, però, non mi ha penalizzato più di tanto, perché non ho mai smesso di leggere e di fare ricerca. Così come ho sempre avuto una forte passione per il lavoro. Per questo, nel ‘76, ho pensato di mettermi in proprio e ho incominciato a lavorare per i primi clienti che mi chiedevano piccole riparazioni, migliorie e modifiche delle loro macchine. All’epoca c’era poca automazione, per cui non era difficile migliorare l’esistente. Insieme a mio fratello e ad alcuni amici, che sono diventati miei collaboratori, abbiamo incominciato a costruire macchine, che si sono aggiunte a uno strumento che avevo realizzato (sempre nel ’76), insieme a un mio amico di Castelnovo nei Monti esperto in elettronica, per controllare lo spessore delle piastrelle e delle presse. Questo strumento è stato il primo in assoluto a soddisfare un’esigenza ancora attuale, soprattutto oggi che si producono grandi lastre e il controllo dello spessore è ancora più problematico.
Alla costruzione di macchine abbiamo aggiunto quella di piccoli accessori, sempre per l’industria ceramica, ma non abbiamo mai copiato macchine di altri, semmai siamo stati spesso copiati.
Si dice che in Italia la ricerca la facciano le piccole e medie aziende. Questa è una prova.
Purtroppo, negli ultimi anni, è diminuita la collaborazione tra fornitore e cliente. Negli anni ottanta, erano i direttori delle aziende clienti che ci sollecitavano a inventare nuove macchine per risolvere problemi specifici, che i grandi non riuscivano a risolvere perché producevano soltanto macchine standard. Oggi è più raro trovare un responsabile dell’ufficio acquisti che assuma la responsabilità di approfondire una questione, di mettersi in discussione, di cercare nuove soluzioni: spesso si accontenta dello standard offerto da una grande azienda, perché si sente garantito, piuttosto che rischiare di acquistare da un piccolo fornitore, con il timore di dover rispondere di un eventuale difetto. Per di più, molto spesso le scelte sono calate dall’alto, senza neppure chiedere consiglio a chi deve usare la macchina acquistata.
La vostra attenzione alla qualità è indicata anche dagli accorgimenti per ridurre gli sprechi…
Infatti, cerchiamo di dare al cliente soluzioni green che rispettano l’ambiente, per esempio, motori con le dimensioni sufficienti al funzionamento di un impianto, quindi mai più grandi del necessario e gestiti elettronicamente, in modo da tenere i consumi più bassi possibile. Inoltre, considerando che, negli impianti industriali, le macchine sono accese di continuo, abbiamo ideato un sistema per fare in modo che si fermino quando non passano le piastrelle. Questo perché, anche un motore da mezzo cavallo, per quanto piccolo, se si lascia sempre acceso, in un anno consuma 500 euro di energia.
L’attenzione alla qualità per me non può essere relegata al rispetto degli standard imposti dalle normative, soprattutto se pensiamo che l’impresa ha un grande ruolo sociale. Da noi lavorano quindici famiglie e i loro problemi sono anche i miei. Nelle piccole e medie aziende, l’imprenditore non può rimanere indifferente ai problemi di un collaboratore, perché lavorano l’uno accanto all’altro. Purtroppo, le lotte sindacali di un tempo hanno contribuito alla divisione dei ruoli e hanno cercato di allontanare le persone. In realtà, non ci sono padroni da una parte e operai dall’altra, ma due mestieri, quello del titolare e quello del tecnico, che devono integrarsi per la riuscita dell’impresa, anziché farsi complici di chi fomenta sterili conflitti.
Dal 2008, quasi tutte le aziende del pianeta sono entrate in grande difficoltà e in quei frangenti ciascuno ha potuto dare prova dei propri sforzi per risolvere i problemi. Raramente, però, si è parlato delle difficoltà degli imprenditori, molti dei quali si sono addirittura tolti la vita. Molti hanno impegnato tutte le loro forze per non fare mancare niente ai propri collaboratori, che hanno continuato a prendere lo stipendio, mentre gl’imprenditori rinunciavano e vivevano in una tensione tale che risulta quasi impossibile trovare le parole per raccontarla. Noi avevamo fatto domanda per la cassa integrazione, ma non ne abbiamo usufruito.
Voi siete noti anche per l’accoglienza verso i giovani, non solo perché sponsorizzate le gare di ciclismo, che sostenete da oltre venticinque anni…
Siamo stati tra i primi ad accogliere giovani in stage: abbiamo incominciato negli anni novanta a ospitare studenti che, al termine del percorso scolastico, abbiamo assunto. Non c’era la legge sull’apprendistato, ma era molto positivo che i ragazzi potessero lavorare a quindici anni. È l’età in cui si deve imparare un mestiere o si deve capire che cosa piace, come si faceva in passato.
C’è tanto da lavorare in questo ambito e bisogna insistere perché ci sia maggiore integrazione fra scuola e lavoro. Per l’azienda non è una perdita di tempo, ma un impegno e per la scuola dev’essere un’opportunità, oltre che un impegno.
Sui giovani bisogna investire in maniera seria, non vanno aiutati solo economicamente, ma anche a intraprendere la loro strada. È un capitolo che non possiamo trascurare. Non possiamo dire ai nostri giovani, dopo che li abbiamo mandati a scuola per tanti anni, che sia meglio andare all’estero perché nel nostro paese non c’è niente da fare. Sarebbe come se un contadino, dopo avere curato le sue viti per un anno, al momento in cui producono i più bei grappoli, li regalasse ai vicini.