L’AUTO ELETTRICA: IDEOLOGIA E REALTÀ

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docente universitario, giornalista, presidente del Centro Studi Promoter

Il primo veicolo a trazione elettrica a batteria è una carrozza costruita da Robert Anderson tra il 1832 e il 1839. La prima auto elettrica, invece, viene progettata e costruita da Tom Parker nel 1884. Il motore di questa auto viene perfezionato l’anno dopo da Galileo Ferraris, che inventa e costruisce il primo motore elettrico bifase.
Tre anni dopo, nasce un motore elettrico trifase, che si usa ancora oggi, per merito di Nicola Tesla, un nome destinato a diventare famoso nell’automobile più di cent’anni dopo.
Quindi, l’auto elettrica nasce nel 1884, mentre l’auto a combustione interna, quella che noi usiamo, nasce due anni dopo, nel 1886. Ma già nel 1853, il primo motore a combustione interna era stato realizzato da due italiani (ci sono spesso italiani all’inizio di tante storie), Felice Matteucci e Padre Eugenio Barsanti. Quindi, trascorrono ben trentatré anni prima che Carl Benz, nel 1886, realizzi la prima auto con motore a combustione interna. Questo signore non era solo un inventore e un costruttore di automobili, ma aveva anche uno spiccato senso degli affari, per cui organizzò subito una rete di vendita e, fra i suoi concessionari, uno particolarmente bravo aveva una figlia che si chiamava Mercedes. Con questo suo concessionario, Benz costituì una società e nacque così la Mercedes- Benz. Qualche anno dopo, nel 1892, Rudolph Diesel inventava il motore diesel.
Quindi, l’automobile come la concepiamo oggi nasce verso la fine dell’Ottocento, quando si vendevano più auto elettriche che auto con motore a combustione interna. Però, l’auto con motore diesel e con motore a scoppio subisce un notevole miglioramento, un notevole sviluppo tecnologico, e diventa la soluzione dominante in assoluto. Tuttavia, l’auto elettrica non muore, continua a essere prodotta con una funzione molto di nicchia.
Quando da bambino guardavo il listino di “Quattroruote”, ricordo che la Fiat aveva sempre un’auto elettrica, anche se non la comprava nessuno.
Intorno agli anni settanta, prende piede un movimento di opinione che non riguarda l’automobile, ma l’intera società: la gente incomincia a rendersi conto dell’importanza della tutela dell’ambiente. Questa coscienza ecologica si afferma a tal punto che diventa un’ideologia e diventa la quarta ideologia del ventesimo secolo, dopo il comunismo, il fascismo, il nazismo. Le ideologie sono sogni razionali che partono dall’analisi della situazione e anche da scelte di valori che hanno degli obiettivi, ma per raggiungere questi obiettivi finiscono spesso per completare il percorso costruito sul piano razionale con elementi religiosi. L’umanità ha conosciuto essenzialmente tre approcci alla conoscenza, che si sono compensati in vario modo nel tempo: un approccio filosofico, uno scientifico e uno religioso. L’approccio filosofico procede soltanto con l’impiego della ragione: si parte da alcune realtà postulate come evidenti e poi si giunge a delle conclusioni.
E, se queste conclusioni, come succedeva talvolta nella filosofia greca, non trovano riscontro nella realtà, si afferma che la realtà è sbagliata, perché il processo logico è corretto.
Anche l’approccio scientifico procede con un approccio razionale, ma introduce, soprattutto a partire da Galileo, un meccanismo molto importante: la verifica sperimentale. E, sulla base di tale verifica, si accerta se ciò che si è messo a punto nelle speculazioni razionali si realizza effettivamente nella realtà concreta di tutti i giorni o meno. E, quindi, l’approccio scientifico non offre risposte a tutti i problemi e, per di più, dà risposte sempre provvisorie. Tuttavia, è l’approccio più proficuo, perché è quello che ha consentito lo sviluppo tecnologico e lo sviluppo di tutte le scienze che rendono oggi la nostra vita incomparabilmente differente e migliore rispetto a quella dell’uomo di cento o mille anni fa. Poi, c’è l’approccio religioso: la teologia procede in maniera assolutamente razionale, come le filosofia, però, quando non arriva a trovare una risposta, introduce un atto di fede: qualcosa è vero perché lo dice qualcuno che ha l’autorità per dirlo. Le ideologie funzionano come le religioni: partono da un’analisi della realtà, ma dove non arriva la ragione arriva l’atto di fede. L’ecologismo è diventato qualcosa di simile e ne vediamo e ne vedremo ancora le conseguenze.
Ma torniamo alle auto elettriche. Le auto elettriche si distinguono in due tipi: ci sono le auto elettriche pure, a propulsione solo elettrica, e ci sono le auto elettriche ibride, che hanno una trazione elettrica e una trazione con motore tradizionale, che magari qualche volta serve anche per ricaricare le batterie della trazione elettrica. Ma l’auto elettrica di cui si parla e su cui si investono molti miliardi di euro e di dollari è l’auto elettrica pura. Questa auto ha essenzialmente un vantaggio rispetto alle altre soluzioni tradizionali: sposta l’inquinamento dai luoghi in cui le vetture circolano ad altri luoghi in cui si produce l’energia elettrica e questo può essere un vantaggio interessante, perché togliamo l’inquinamento alle città e lo portiamo altrove. E se poi l’energia elettrica è prodotta con fonti rinnovabili, l’inquinamento viene anche ulteriormente ridotto, questo è un grande vantaggio, a fronte del quale ci sono però problemi molto gravi, seri e difficili da risolvere. Il primo è costituito dalle batterie. Le batterie pesano molto, sono ingombranti, costose e causano problemi di smaltimento. Inoltre, per avere un’autonomia accettabile occorrono batterie molto potenti e costose. Per non parlare della necessità di una rete per la ricarica. Infine, visto che le auto elettriche costano molto, lo Stato e le amministrazioni devono incentivarne l’acquisto o attraverso sconti e bonus oppure, come accade in vari comuni, fra cui Bologna, con agevolazioni per cui chi ha un’auto elettrica o ibrida può entrare in centro storico, non paga il parcheggio, e così via.
Quindi, l’auto elettrica, per affermarsi, finora ha avuto bisogno di una serie d’incentivi. Ma non si può dire che non inquini in assoluto nei luoghi dove marcia, perché c’è un tipo di inquinamento molto pericoloso, quello da polveri sottili, che riguarda anche l’auto elettrica: l’auto elettrica non emette polveri sottili, ma esse, prodotte in parte dalle automobili e soprattutto dalle fabbriche e da altre attività, si depositano sul suolo e si sollevano col vento e con il passare delle automobili. Quindi, anche l’auto elettrica non risolve il problema delle polveri sottili, che potrebbe essere risolto molto semplicemente lavando sempre le strade, ma forse l’acqua non sarebbe sufficiente.
Inoltre, l’auto elettrica impone che si produca elettricità in maniera di gran lunga superiore a quella attuale. E ci sono degli studi assolutamente affidabili in cui risulta che, se l’elettricità non è prodotta con fonti rinnovabili, l’inquinamento è maggiore con l’auto elettrica che non con le automobili tradizionali. C’è anche un piccolo particolare che penalizza l’auto elettrica: la silenziosità. Può sembrare un pregio, ma è anche un pericolo, perché il pedone e il ciclista non sentono l’avvicinarsi dell’auto.
Considerando il numero delle vendite capiamo di che cosa stiamo parlando. Nel 2017 sono state vendute nel mondo 985000 auto elettriche su 96,8 milioni di autovetture. Cioè, l’1 per cento, di cui 650000 in Cina, 200000 negli Stati Uniti e 135000 in Europa, di cui 33000 in Norvegia, perché dà forti incentivi per l’acquisto di auto elettriche, dà circa ventimila euro. Tra parentesi, con ventimila euro d’incentivo l’auto elettrica si vende anche nel Burundi. E in Italia ne sono state vendute 1967 su quasi due milioni di immatricolazioni.
Queste sono le vendite dell’anno scorso.
Nel 2017, le macchine elettriche circolanti sono due milioni e mezzo su un miliardo e quattrocentomila autoveicoli circolanti nel mondo.
Sono lo 0,17 per cento. Secondo la società di ricerca americana PricewaterhouseCoopers, molto accreditata, nel 2030 le auto elettriche saranno 164 milioni su due miliardi di vetture circolanti e saranno l’8,2 per cento.
Allora, la domanda che ci poniamo è se il passaggio all’auto elettrica, che costa moltissimo, sia un passaggio che valga la pena. Per dare una risposta potrei vedere in che cosa consiste l’inquinamento da automobile.
Le emissioni provenienti dalle automobili sono di due tipi: quelle nocive e quelle tossiche. Sono nocive le emissioni di sostanze che non arrecano alcun danno alle persone, ma che, in particolare quelle di anidride carbonica, sono ritenute responsabili dell’aumento della temperatura sul pianeta. Anche se solo il 3,5 per cento delle emissioni di anidride carbonica deriva dalle attività umane, si ritiene che le emissioni di anidride carbonica possano causare pericolo per gli uomini. Poi, ci sono le emissioni tossiche, i veleni che fuoriescono dai tubi di scappamento: ossido di azoto, monossido di carbonio, ozono e altri inquinanti che, con le vetture Euro 6, sono praticamente ridotti a zero. Quindi, non il parco circolante, ma le nuove Euro 6 di prossima immatricolazione hanno livelli di inquinamento, per quanto riguarda le sostanze nocive, più o meno analoghi a quelli delle auto elettriche, mentre hanno livelli di emissioni di anidride carbonica che sono anche questi comparabili, ma se soltanto si utilizzano per la produzione di energia elettrica fonti non rinnovabili, questi livelli sono superiori nel caso dell’energia elettrica rispetto alle auto tradizionali. E, allora, la convenienza del passaggio all’auto elettrica è per lo meno dubbia.
I tempi sono lunghi, perché abbiamo visto che nel 2030, continuando di questo passo, soltanto l’8,2 per cento del parco circolante sarà elettrico.
Dovremmo dedurre che tutta questa questione dell’auto elettrica sia soltanto ideologica? Non è così. Ci sono in gioco interessi molto importanti, perché le case automobilistiche, con l’auto elettrica, pensano di accelerare di molto la sostituzione del parco circolante e, quindi, pensano di accelerare il volume delle loro vendite. Ecco perché stanno investendo in modo massiccio sulla produzione di auto elettriche. Credo che l’auto elettrica arriverà in maniera più consistente, come prevedeva Pricewaterhouse- Coopers, a partire dal 2020. Saranno anni in cui interverranno anche altre trasformazioni, secondo me molto più interessanti, che riguardano proprio l’automobile e in particolare arriverà l’auto a guida autonoma, che consentirà di realizzare un sogno che sembrava un’utopia, ma che invece può essere realizzato pienamente o in parte: quello di avere zero morti sulle strade, come l’auto elettrica promette zero inquinamento sulle strade, ma non nel mondo intero, perché l’energia elettrica non c’è dappertutto.
Ci sono altre novità in arrivo: mobilità condivisa, car sharing, car pooling, ride sharing, tutte soluzioni che consentiranno un uso più razionale dell’automobile. Ma il problema non è quello di passare dall’auto tradizionale all’auto elettrica, il passaggio avverrà, ma di trovare il modo per ridurre il traffico. Questo è il vero problema. Si pensava che internet avrebbe potuto consentire una forte riduzione degli spostamenti delle persone e di fatto lo ha consentito, perché per esempio la posta è stata sostituita dalle e-mail in larghissima misura, perché i lavoratori in itinere sono stati molto agevolati, perché i servizi di call center vengono svolti da persone che stanno tranquillamente a casa propria. Però, lo sviluppo economico ha fatto sì che ci fosse un’intensificazione del traffico e questo è il grande problema, indipendentemente dal fatto che si punti tutto sull’auto elettrica o si vada avanti con i sistemi tradizionali. Infine, teniamo conto che questa rivoluzione dell’auto elettrica incomincerà, ma per completarsi, se questo accadrà, richiederà almeno un secolo.