CINQUANT’ANNI DI BELLEZZA MADE IN ITALY NELL’INDUSTRIA CERAMICA

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amministratore delegato, Gruppo Romani SpA, Casalgrande (RE)

Serenissima, Cir, Cercom, Cerasarda e Isla: questi cinque marchi ambasciatori della bellezza made in Italy nel mondo conferiscono al Gruppo Romani S.p.A.
Industrie Ceramiche un valore che va al di là del fatturato e può essere narrato attraverso cinquant’anni di innovazioni, sempre sul solco della tradizione. Con sedi a Casalgrande, Rubiera, Roteglia e Olbia, oltre 400 dipendenti, una produzione di circa 8 milioni di mq annui e un fatturato di 110 milioni di euro di cui l’80 per cento rappresentato dall’export verso 90 paesi del mondo, oggi il Gruppo è guidato da lei e suo fratello, Giorgio, presidente dal 2016. Quali sono state le tappe salienti nella vostra storia? Nostro padre, il cavalier Lamberto, scomparso in dicembre dell’anno scorso, aveva fondato la Ceramica Serenissima S.p.A. nel 1969, insieme a nostra madre, Alba Maria Spadazzi.
Era un nome insolito per un’epoca in cui le ceramiche avevano nomi di donna o acronimi: fu nostra madre a suggerirglielo, ispirata dall’autostrada Milano-Venezia, la Serenissima appunto, inaugurata proprio in quel periodo, per il senso di giovialità che evoca.
Nel corso degli anni nostro padre ha sviluppato l’azienda seguendo una filosofia di crescita e ricerca di soluzioni all’avanguardia. Nel 1993, ha acquisito la Ceramica Cir S.p.A., lo stesso anno in cui sono entrato nel management, mentre mio fratello era già entrato nel 1988. Fondata nel 1967 a Rubiera (RE), la Cir all’epoca era già leader nella produzione di finiture ceramiche di piccole dimensioni e completava molto bene la gamma della Serenissima. Nel 2002, abbiamo acquisito la Cerasarda S.p.A., “La Ceramica della Costa Smeralda”, una realtà affermata nella produzione di ceramica artistica di lusso per rivestimenti, pavimenti, vasellame e complementi d’arredo. Nel 2003, è nato il Gruppo Serenissima Cir Industrie Ceramiche S.p.A., che, nel 2005 ha rilevato la Ceramica Cercom, azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di gres porcellanato tecnico. Nel 2009, il Gruppo è diventato sponsor ufficiale del Bologna Calcio Football Club, operazione che ha valorizzato la nostra passione per il gioco di squadra, coniugando i valori della famiglia con quelli dell’azienda.
Nel 2010, mentre proseguiva sempre più forte la delocalizzazione da parte di molte industrie, in seguito alla crisi globale, il nostro Gruppo ha seguito la direzione opposta, acquistando lo stabilimento di un’importante realtà ceramica nel comprensorio di Rubiera, con la netta volontà di mantenere la produzione sul territorio nazionale. Nel 2012 abbiamo acquisito il marchio Isla Tiles in partnership con Mauro Cappelli, che ne è divenuto socio e amministratore delegato attraverso la controllata NGT S.p.A. Nel 2013, abbiamo modernizzato lo stabilimento produttivo di Rubiera con un investimento di oltre 20 milioni di euro.
Nel 2016, Serenissima Cir ha cambiato la ragione sociale in Gruppo Romani S.p.A., per trasmettere un chiaro messaggio di continuità attraverso il cognome di famiglia come elemento identificativo anche del made in Italy. È stato un anno di svolta scandito anche da una serie di investimenti produttivi per il valore di circa otto milioni di euro. Tra gli eventi più significativi, l’apertura di due nuovi show room in Cina, la riqualificazione dello show room di Casalgrande, lo sviluppo e l’ampliamento dei Laboratori R&D e Qualità, MP (Materie Prime) e CQ (Controllo Qualità). Importanti anche i risultati del processo di digitalizzazione, con la messa online di cinque nuovi siti web, corrispondenti ai brand del Gruppo, e l’apertura dei canali social. Sul fronte della formazione, il 2016 ha visto l’inizio di collaborazioni con importanti atenei universitari e l’avvio della prima edizione del “Progetto Giovani Gruppo Romani”.
Il 2017 è stato caratterizzato da investimenti importanti per la produzione dei nuovi grandi formati e per altre attività che hanno contribuito a riposizionare il Gruppo e i nostri brand su un trend in forte ascesa: abbiamo ottenuto la Certificazione ISO 9001:2015, abbiamo riqualificato l’Opificio Cerasarda di Olbia, abbiamo siglato i protocolli d’intesa con l’Università IUAV di Venezia e avviato la collaborazione con l’atelier dell’architetto Riccardo Blumer dell’Accademia di Architettura USI di Mendrisio e con Casabella Laboratorio, tanto per citare alcune delle attività più significative.
È chiaro che una storia di cinquant’anni non si può riassumere in poche righe… Nel Forum internazionale Impresa e humanitas (9 novembre 2018, Dipartimento di Giurisprudenza, Unimore), l’economista Otto Hieronymi notava che “in Italia, in generale, e in Emilia in particolare, c’è una tradizione di piccole e medie imprese forti e dinamiche, che sono la spina dorsale dell’economia e rappresentano uno dei numerosi contributi del paese alla civiltà europea e mondiale”.
Spesso, purtroppo, nel passaggio del testimone si rischia di disperdere un patrimonio costruito in decenni di sforzi straordinari compiuti dal fondatore. Che cosa è avvenuto invece nel vostro caso? Nostro padre ha sempre avuto una vocazione internazionale e una lungimiranza non comuni. C’è da dire che erano altri tempi, all’epoca i figli degli imprenditori avevano interesse a entrare in azienda e incominciavano a frequentare i reparti già nei ritagli di tempo libero dagli impegni scolastici e universitari. Giorgio e io abbiamo respirato il profumo della mattonella fin da bambini. Un’altra caratteristica del nostro territorio, che ha sicuramente aiutato i collaboratori dell’azienda a non “sentire” il cambio generazionale, sta nel fatto che noi siamo cresciuti con i nostri dipendenti, andavamo a scuola con loro, il sabato sera uscivamo, e usciamo tuttora, con il magazziniere, con il funzionario, con il direttore, senza quel distacco formale fra proprietà e dipendenti che si sente in altre zone.
Per esempio, i vecchi proprietari della Cerasarda non erano mai entrati negli stabilimenti, per cui quando siamo andati a salutare i dipendenti, il primo giorno dopo l’acquisizione, a loro sembrava incredibile.
Il carisma e la lungimiranza di nostro padre ci ha permesso di fare ingresso nel mondo del lavoro dalla porta principale. Nello stesso momento in cui noi figli siamo entrati, nostro padre ha capito che doveva lasciarci carta bianca nel mestiere che ha sempre svolto, come tutti gli imprenditori del distretto: quello di venditore. Non è una cosa da poco, perché nel nostro settore le seconde generazioni che sono riuscite a proseguire e rilanciare l’attività sono quelle che hanno avuto l’appoggio dei fondatori in questo senso. In futuro sarà ancora più difficile, perché il mondo è cambiato talmente tanto che oggi occorrono specializzazioni incredibili.
Non solo, i genitori di oggi sono diventati più protettivi e non è facile lasciar fare i figli, non è automatico.
Così come non è automatico che i figli desiderino ripercorrere le orme dei padri e dei nonni che hanno costruito l’attuale distretto ceramico sassolese.
Purtroppo, molte aziende che non hanno avuto continuità generazionale sono state vendute a multinazionali o a fondi. E questo è un problema che preoccupa molto gli imprenditori del nostro distretto, perché i nuovi attori possono cambiare le regole del gioco da un momento all’altro e distruggere tutto il tessuto costruito attraverso decenni di relazioni consolidate fra le industrie ceramiche e la rete capillare di fornitori. Quando la proprietà va in mano a un fondo, i fornitori storici diventano emeriti sconosciuti e le offerte sono valutate sulla base del prezzo o di criteri che non sono più quelli di prima.
La crisi globale ha messo in ginocchio le piccole e medie imprese dell’area del Mediterraneo, consentendo poi a grandi gruppi stranieri di fare shopping… Nel nostro settore sicuramente la crisi ha prodotto proprio questo risultato e ne hanno fatto le spese soprattutto i fornitori, in particolare nei casi in cui le industrie sono andate a ridiscutere i debiti con loro, abusando dello strumento del concordato. A meno che non sia l’estrema ratio, dopo avere lottato con tutte le forze, il concordato è una presa in giro inaccettabile.
Il distretto deve essere un valore aggiunto per le aziende che ne fanno parte e che nel territorio devono trovare solidarietà, non indifferenza.
Le battaglie da fare sono tante e speriamo che ci trovino sempre più uniti, come già avviene da molti anni in altri settori. Considerando che ormai le industrie ceramiche hanno raggiunto i massimi livelli di attenzione alla sicurezza, alla qualità della vita e alla salute dell’ambiente, ci auguriamo che in futuro gli attori che giocano lo stesso campionato seguano le stesse regole dal punto di vista sia economico sia ambientale.