ARTE E CULTURA DELLA VENDITA NEL SETTORE DELLA CERAMICA

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direttore commerciale Italia, Gruppo Romani Spa

Lei è direttore commerciale Italia del Gruppo Romani Spa e coordina 50 agenti e 22 persone che compongono la struttura.
Quali sono le caratteristiche che distinguono la vendita di piastrelle da quella di altri manufatti? Nel settore dell’industria ceramica la vendita è molto condizionata dal fatto che non si raggiunge direttamente l’acquirente finale, a parte nei negozi monomarca, che però sono prerogativa di pochi gruppi. Per la maggior parte delle case di produzione, invece, l’incontro con il cliente finale è mediato da due attori che influenzano in modo rilevante l’apprezzamento del prodotto: il rivenditore da una parte e il posatore dall’altra.
Noi dobbiamo augurarci che questi due intermediari siano qualificati e riescano a veicolare il valore aggiunto di una piastrella rispetto a un’altra, nonché il contenuto tecnologico, di ricerca stilistica che distingue ciascuna piastrella. Pensiamo al livello di avanguardia raggiunto dalle nostre fabbriche intelligenti, smart factories, e a tutti gli investimenti che sono stati necessari nel corso di svariati anni per attuare una trasformazione radicale dei processi di produzione nei nostri stabilimenti. Ebbene, non è così facile comunicare tutto all’esterno e quindi al mercato, anzi, c’è il rischio di vanificare buona parte degli investimenti impiegati dalla casa produttrice per raggiungere l’eccellenza. Nel nostro Gruppo stiamo affrontando il problema con un servizio di progettazione interna e di assistenza alla clientela anche post-vendita, senza sostituirci ai nostri rivenditori, ma cercando d’intervenire nei casi che lo richiedono: quando un prodotto non è posato a regola d’arte, chi paga le conseguenze è l’azienda che lo produce, soprattutto per chi, come noi, si colloca nella fascia medio-alta del mercato. Oggi abbiamo raggiunto livelli di tecnologia che superano il programma Industry 4.0, quindi il prodotto non può più essere abbandonato al mercato, ha bisogno di essere seguito dal produttore anche quando arriva in mano agli operatori, e questo vuol dire maggiore informazione, conoscenza e certificazione degli attori che sono i fattori chiave del risultato finale.
A questo aggiungiamo un altro fattore che rende caratteristica la vendita di piastrelle: la mattonella va toccata per capirne la differenza, non basta vederla sul catalogo. Come ha sottolineato Philippe Daverio durante la serata che abbiamo organizzato a Milano al Fuorisalone di due anni fa, gli italiani hanno “l’intelligenza del pollice”, hanno ereditato una sapienza della mano da secoli di esperienza di lavorazione dei materiali. “Questa stessa intelligenza del pollice – diceva il noto critico d’arte – è uno dei segreti della nostra capacità di produrre materiali per tutti gli elementi degli ambienti in cui viviamo, che sfidano l’eternità”.
È stata una vera e propria lectio magistralis che ci ha fatto intendere la difficoltà di trasmettere il valore culturale e artistico dei nostri manufatti. Le mattonelle non sono articoli standard prodotti in serie e, soprattutto le collezioni che ricreano le venature della pietra o del legno, giocano sulla “stonalizzazione”, cioè sulla variazione di tono delle singole piastrelle come non omogenee tra loro. Comunicare le differenze fra un gres porcellanato e l’altro, le tipologie di finitura delle superfici (naturale, lappato, scratch), le tipologie di “bordo” – quale tipo di prodotto posare in un ambiente con caratteristiche particolari – è una delle sfide principali del nostro settore, e questo vale a maggior ragione in Italia, dove abbiamo una rete di circa 1800 rivenditori attivi.
Com’è cambiato il mercato italiano nel vostro settore dopo la crisi del 2008? Fino al 2008 il settore vendeva in Italia circa 190 milioni di metri quadrati di piastrelle. Con la crisi i consumi sono più che dimezzati in tutti i settori, compreso il nostro. Per noi è stata una sfida molto importante perché, in questi ultimi dieci anni, abbiamo dovuto elevare molto la qualità e perfezionare la gestione del mercato nazionale. Oggi in generale il mercato italiano è stabile, anche se la contrazione dei consumi degli ultimi anni ha portato gli imprenditori a sviluppare una tendenza all’esportazione ancora più accentuata, fino ad oltre l’80 per cento della produzione.
Per quanto riguarda la nostra azienda, già da due anni siamo in crescita sul mercato nazionale, anche grazie allo sviluppo di una strategia che ha strutturato la proposta del Gruppo su quattro brand, collocati su settori di mercato emergenti. Noi storicamente siamo sempre stati radicati in Italia: è un mercato che non abbiamo mai abbandonato, seguendo il credo e la strategia che ci ha tramandato il fondatore, il Cav. Lamberto Romani, che ha sempre preferito mercati facilmente raggiungibili e stabili. All’epoca non c’era ancora la globalizzazione, ma il suo insegnamento può valere anche oggi perché quello che accade all’interno dell’Europa è più o meno controllabile, mentre quello che accade dall’altra parte del mondo è passibile di repentini cambi di mercato o politici, di cui difficilmente riusciamo ad avere indizi in anticipo.
Nel nostro distretto la vocazione all’export è sempre stata molto forte, la generazione dei fondatori, costituita di avventurieri audaci, è partita alla scoperta dei posti più impensabili, tant’è che oggi le nostre piastrelle sono conosciute in ogni angolo del mondo. Negli anni l’organizzazione commerciale è cambiata radicalmente, ma la vocazione all’esportazione rimane molto accentuata ed è stata anche ciò che ci ha salvato da un terremoto come quello del mercato italiano durante la crisi.
Oggi l’Italia rappresenta un mercato stabile, polarizzato e, come in molti settori merceologici, le vendite si sviluppano sia sul target medio basso che in quello del lusso, a causa della “compressione” del ceto medio, motore trainante dei consumi a partire dal secondo dopoguerra.
Il nostro Gruppo continua a scommettere sull’Italia, nonostante le problematiche ataviche che attanagliano il mercato nazionale. Tralasciando politica, burocrazia, prezzi, solvibilità e tempi d’incasso mediamente più lunghi rispetto ad altre nazioni europee, il mercato interno deve fare i conti con una miriade di rivenditori, che se in passato erano considerati un valore aggiunto, oggi si traducono in una distribuzione frazionata e capillarizzata che comporta costi elevatissimi per l’azienda produttrice.
La grande distribuzione è in forte crescita ed è certamente un settore da tenere molto in considerazione a scapito dell’artigianalità e della voglia di lusso e bellezza che la crisi degli ultimi anni ha relegato a ben pochi eletti.
Qual è la strategia per raggiungere questo nuovo pubblico che contribuisce a rilanciare l’eccellenza made in Italy? Oltre a iniziative di marketing e comunicazione, unitamente a una ricerca sul prodotto che si traduce in materiali che vanno incontro alle esigenze di questo nuovo pubblico, la nostra risposta sta nello scommettere sui giovani. Abbiamo costituito un team di ragazzi e ragazze che in azienda ironicamente chiamiamo “ufficio emergente”, frutto di un “progetto giovani” affrontato in collaborazione con IFOA, che coinvolge un gruppo di neoassunti, preparati, impegnati a studiare nuovi strumenti di comunicazione, marketing, social e promozione finalizzati soprattutto a coinvolgere tutti gli attori del processo decisionale del cliente finale, quali architetti, interior designer, progettisti, influencer, e così via.
Saranno appunto questi giovani a rappresentare la futura classe dirigente del nostro distretto e, con la loro preparazione e la loro freschezza intellettuale, ci permetteranno di affrontare con ottimismo le sfide future che il settore e il mercato ci riserveranno.