100 ANNI DI CUCINA FRA TRADIZIONE E MODERNITÀ
“Se dovessimo proporre la lista dei siti patrimonio
Unesco della città di Bologna, il Pappagallo avrebbe un posto d’onore, perché è
da cento anni il ristorante di Bologna più famoso nel mondo”. Con queste parole
di Giancarlo Roversi, giornalista storico enogastronomico, sono incominciate
nel maggio scorso le celebrazioni del centenario del ristorante Al Pappagallo,
che avranno echi non soltanto in Italia e in Europa – a partire dalla sede
della Stampa Estera di Roma –, ma anche negli Stati Uniti, dove sarà promosso
il ricco programma di appuntamenti, con la collaborazione di alcuni ex studenti
americani che hanno soggiornato in città e che oggi ne rilanciano il mito
oltreoceano. Numerose saranno le iniziative che si svolgeranno nelle sale del
Pappagallo per tutto il 2019, in collaborazione con Confcommercio Ascom, il cui
direttore Giancarlo Tonelli conferma il valore speciale del centenario per
un’attività di ristorazione come quella del Pappagallo. Quali sono le novità in
programma? Nel 2017, quando io ed Elisabetta abbiamo rilevato il ristorante
Al Pappagallo, eravamo convinti che il marchio di Bologna non possa prescindere
dalla qualità, oltreché dalla storia, della sua cucina (si legga l’intervista
nel numero 81). La nostra filosofia, infatti, è ispirata alla migliore
tradizione bolognese – la pasta ancora è ancora tirata con il mattarello nel
laboratorio del locale – e attinge al monumentale archivio del Pappagallo, con
l’impiego di materie prime selezionate. Sono molte le importanti cantine
italiane e internazionali che renderanno omaggio alla cucina del Pappagallo per
il centenario, proponendo l’abbinamento di etichette di eccellenza con i piatti
della tradizione.
Ma Bologna è da sempre crocevia di culture, per questo
abbiamo inserito alcune varianti, con tecniche di cucina contemporanea, accanto
a ciascun piatto della tradizione. Come avviene nella moda e nella musica, infatti,
anche la gastronomia più raffinata tiene conto della modernità.
In autunno, abbiamo in programma cene rievocative degli anni
della musica jazz, swing e rock in cui i menù e la scelta dei vini saranno effettuati
in base allo stile di vita e ai gusti dell’epoca di riferimento. Il personale
di sala indosserà abiti che rimanderanno a quegli stili musicali, accogliendo
il pubblico in un viaggio che ha accompagnato nelle sale del Pappagallo le
icone del cinema, dell’arte, della musica e della moda.
Fra le novità ci saranno anche gli speciali “menù da
collezione”, numerati e firmati con la riproduzione su ciascuno della foto di
un grande attore, regista o musicista del passato che ha lasciato la dedica al
ristorante.
Nelle sale del Pappagallo sono transitati anche protagonisti
della storia della nostra gastronomia, come Giovanni Zurla, che aprì la prima
sede in via Pescherie, e poi Bruno Tasselli, che gli subentrò alla morte,
contribuendo a spostare la sede attuale nell’antica Casa Bolognini, dov’era
ubicato il ristorante Gatto Rosso. È stato facile in quei giorni leggere sui
giornali titoli come “Il Pappagallo si mangia il Gatto Rosso”. Sul nome
dell’insegna, invece, sono diverse le ipotesi e fra queste prevale quella
secondo cui Zurla avrebbe tratto ispirazione dalle rime giocose del
“Pappagallo”, il famoso giornale umoristico diretto da Augusto Grossi.
La cucina del Pappagallo non conobbe confini, non soltanto
perché fu esportata a Londra, dove gli Zurla avevano l’incarico d’insegnarla ai
cuochi del ristorante Quo Vadis, ma, a pochi anni dall’inaugurazione, nel 1927
fu proprio il medico Augusto Murri a prescrivere una cura speciale: “Caro
signore, più che di medicine, Ella ha bisogno di cibi sani e ben cotti,
purtroppo infrequenti nelle comuni trattorie, ma se vuole conoscere una cucina
impareggiabile per cibi delicati e deliziosi, vero sanctuaire de la
gourmandise e della salute, vada al Pappagallo di Zurla attiguo a san
Petronio”.
In occasione delle celebrazioni del centenario, anche i
locali dell’adiacente Torre Alberici – la più antica bottega d’Italia dal 1273
– saranno sede di cene dedicate agli anni venti, trenta e quaranta con la
partecipazione di alcuni cuochi storici del ristorante, come Anna Gennari, oggi
novantaduenne. Questo programma non è un modo per rifugiarsi nel passato, ma
per ricordare una volta di più che dal patrimonio e dall’esperienza della
tradizione possiamo trarre le novità per l’avvenire.