I NEMICI DEL LAVORO: BUROCRAZIA E COMODITÀ

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presidente di Ente Certificazione Macchine Srl, Castello di Serravalle -Valsamoggia (BO)

La vostra attività di certificazione in vari settori dell’industria, dal manifatturiero, in particolare medicale, alla logistica, alle telecomunicazioni e ai beni di consumo in generale, implica che siate alla ricerca incessante di collaboratori specializzati. Ma in che termini voi constatate l’insistenza di un problema di disoccupazione che non dipende dalla mancanza di lavoro, dal momento che invece continuano a nascere nuove imprese in Italia, nonostante l’aumento di oneri burocratici che, anche per questo aspetto, ci assicurano un primato mondiale?

Poiché siamo un’azienda che si occupa di certificazioni dobbiamo rispettare requisiti molto stringenti nella scelta di collaboratori con competenze specifiche. Soprattutto nel campo dei dispositivi medici, i requisiti posti dalla Commissione Europea sono ancora più tassativi. Abbiamo comunque bisogno di tante competenze, stabilite dalle norme dei settori in cui operiamo. Occorrono quindi lauree specifiche per ciascuna delle nostre divisioni. Per esempio, per quella dei dispositivi medici occorrono lauree in medicina, in farmacia, in biologia, in chimica, in ingegneria biomedica o in chimica e tecnologie farmaceutiche. Tuttavia, non bastano, perché noi richiediamo anche almeno cinque anni di esperienza in laboratorio, e abbiamo molte difficoltà a trovare questo tipo di figure professionali in Italia. All’estero, invece, i candidati soprattutto inglesi, tedeschi o americani, sono maggiormente disposti ad assumere questa funzione lavorativa. Inoltre, abbiamo notevoli difficoltà a reperire collaboratori addetti al laboratorio prove, in cui eseguiamo test di sicurezza elettrica e di compatibilità elettromagnetica e prove non distruttive. Anzi, approfitto per lanciare un appello a ingegneri elettronici e a periti elettronici che avessero voglia di mettersi in gioco e lavorare in questo ambito.

Quali obiezioni ricevete, solitamente?

La maggior parte dei candidati ambisce a un lavoro comodo. D’altronde, soprattutto nel laboratorio prove, può capitare di dovere spostare, avvitare, svitare e sistemare alcuni pezzi da testare. Occorre, quindi, fare un’attività manuale e oggi pochi accettano di sporcarsi le mani.

Incontro spesso molti imprenditori di piccole, medie e grandi imprese. Tutti concordano sul fatto che oggi, purtroppo, trovare collaboratori molto o poco qualificati non è facile, in ciascun settore. In quello meccanico, per esempio, i miei amici mi dicono di avere molto lavoro da offrire, ma non riescono a trovare operai specializzati. Quando si presentano al colloquio, dicono di preferire un altro lavoro o stare a casa, piuttosto che lavorare in industrie manifatturiereASDFIl problema è che sono molti gli imprenditori che vogliono offrire lavoro, ma spesso non trovano chi è disposto a prendere impegni di lungo periodo. Con l’aggravante che, se il lavoratore accetta l’assunzione e dopo circa due anni – quando va bene – di formazione retribuita nell’azienda vuole cambiare lavoro, poi l’imprenditore ha il problema di dover trovare in tempi brevi un altro operatore che svolga funzioni analoghe. Ma ciò avviene anche con la complicità di alcuni enti pubblici…

Certamente. A proposito di enti pubblici, faccio un esempio riguardante il nostro lavoro. L’accreditamento per noi è fondamentale: possiamo lavorare in quanto siamo accreditati. In Italia siamo accreditati da Accredia, l’Ente Italiano di Accreditamento, per alcune direttive di prodotto, o dal Ministero della Salute, in base al regolamento sui dispositivi medici. Nel 2018 abbiamo presentato la domanda di accreditamento relativa al nuovo regolamento sui dispositivi medici. Siamo a ottobre 2021 e non abbiamo ancora avuto risposta. Questi problemi dovrebbero essere risolti dalla politica: com’è possibile che un’azienda – che ha investito e continua a investire – sia costretta ad attendere per un periodo così esteso? In altri paesi, in cui gli accreditamenti sono effettuati sempre da enti pubblici, per esempio in Germania, i tempi sono molto più rapidi. Non meravigliamoci poi se le aziende trasferiscono la sede all’estero a causa di una burocrazia che obbliga a lavorare con tempi assolutamente fuori mercato. Questo è un ulteriore vantaggio per le imprese di altri paesi europei e si traduce in concorrenza sleale, perché le aziende di altri paesi sono già pronte a conquistare nuove quote di mercato. In questo paese abbiamo burocrati che non riescono a capire che ciò che conta è lavorare e ottenere risultati, anziché produrre inutili carte bollate. Bisogna rendere le cose più semplici sia alle aziende, che offrono lavoro, sia ai lavoratori che cercano le condizioni per poter lavorare.