LA QUESTIONE ENERGETICA IN ITALIA E NEL PIANETA

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presidente di Nomisma Energia, Bologna

Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernamental Panel of Climate Change) di 3949 pagine la popolazione mondiale cresce: siamo 8 miliardi, andiamo verso i 10. A fronte di questa crescita, l’80% del consumo di energia nel mondo attualmente proviene da combustibili fossili, come negli anni Settanta. Da allora è stato registrato un leggero calo, ma non è cambiato molto, i trend sono solidi, immutabili. Tutto ciò che non è fossile incontra difficoltà. Se il cambiamento climatico diventa una cosa seria ci può salvare soltanto il nucleare.

A proposito della crisi energetica attuale, il sistema elettrico europeo dipende per il 25% dal nucleare, che è quasi tutto francese. La riduzione dei prezzi delle ultime settimane non risolve il grosso problema del nucleare francese, che sta collassando e, se questo trend continua, noi rischiamo di finire al buio. Anche gli olandesi non producono gas. È già assurdo quello che sta avvenendo con il gas italiano, ma la gestione di quello olandese è ancora peggio. Le importazioni dalla Russia negli ultimi vent’anni sono cresciute e adesso è estremamente difficile sostituirle.

Tornando all’Italia, io ho cominciato a lavorare in Nomisma quando lavoravo per ENEL, che usava olio combustibile. Abbiamo sostituito l’olio combustibile con il gas, per cui siamo sempre dipendenti da idrocarburi. Purtroppo non siamo riusciti a proseguire con l’energia nucleare e quella che abbiamo è fornita dalle importazioni dalla Francia. L’Italia non riesce a produrre elettricità a sufficienza; siamo l’unico paese al mondo che dipende per il 15% dei suoi consumi elettrici dall’estero. E quest’inverno rischiamo di non farcela, perché quasi tutto il gas viene dall’estero e l’elettricità è il sistema nervoso del paese che ha un’industria moderna. La Germania, invece, non ha grossi problemi, se non con la BASF (una delle più grandi compagnie chimiche del mondo) nel suo centro di produzione. Nessun paese ha un’esposizione verso l’estero come la nostra, con l’aggravante dell’importazione di nucleare dalla Francia. Siamo in guerra e dobbiamo ritornare ai criteri fondamentali, bisogna approntare una strategia, riprendere in mano i libri delle politiche energetiche degli anni Settanta che, peraltro, venivano dal passato. Il cane a sei zampe, per esempio, che sta facendo gli extraprofitti, ma è anche quello che ci porta il gas attraverso la SNAM (a proposito di eccellenze), è la prima società al mondo per scoperte di giacimenti di gas e per capacità di portarle sul mercato. I tempi fra il momento della scoperta del giacimento e il momento della vendita del gas sono arrivati a un minimo di due anni.

Quindi, questo è un paese cha da sempre non ha energia e ha l’economia più “circolare” del mondo, perché ricicliamo. Le strategie energetiche poggiano su tre elementi: ambiente, competitività, sicurezza. Riguardo all’ambiente, negli ultimi venti/trent’anni ci sono stati molti interventi: ETS, Emission Trading System CO2, certificati verdi (attualmente dimenticati), certificati bianchi (che esistono ancora), CIP 6/92, il Piano Energetico del 1981 (dopo la seconda crisi petrolifera), che approva la legge retroattiva, L. 308/1982 su efficienza energetica e fonti rinnovabili. Poi, dal 2019 abbiamo avuto un’accelerazione, con il nuovo parlamento europeo, con la presidenza di Von der Leyen. In Italia, nel 2018, avevamo i Cinquestelle, legittimamente eletti, che hanno cavalcato i No Tav, i No Triv e la rivoluzione verde, e così avveniva in tutta l’Europa. Noi ci siamo un po’ disinteressati degli altri due punti, puntando tutto sull’ambiente, poi è arrivato il cataclisma della guerra, che era imprevedibile, ma che ha dimostrato quanto siamo estremamente scoperti sul versante della sicurezza.

Una delle misure più qualificanti del governo Draghi è stato anche l’intervento sulla produzione nazionale, per rifornire, almeno in parte, l’industria gas intensive. Sotto terra, nella Pianura Padana, nel Mar Adriatico, in Basilicata ci sono grandi quantità di gas, che costa al massimo 5 euro per megawattora. Ecco, dai 5 euro ai 164 che è il costo di oggi, 5 ottobre (meno della metà dei 346 del 26 agosto): questo dato vi dà l’idea del delitto economico che stiamo attraversando e di cui siamo tutti responsabili, anche il sottoscritto.

Facendo una semplice elaborazione dell’attuale situazione, la Russia ci forniva il 40%, del gas, ossia 29 miliardi di metri cubi. Il TAG (Trans Austria Gas Pipeline) è la pipeline che, passando da Tarvisio, fa transitare il gas russo a partire dal 1974 e da allora è in costante crescita, anche perché la Russia è il primo paese al mondo per riserve di idrocarburi e il primo esportatore mondiale di gas (200 miliardi di metri cubi), soprattutto in Europa. A differenza della Germania, abbiamo poco carbone, perciò il venir meno del gas russo è un’autentica tragedia.

Si pensa di importare più gas dall’Algeria, ma il problema è estrarlo e trasportarlo, perché l’Algeria non ha investito in queste strutture, come è accaduto nel resto del mondo, che non investe più in combustibili fossili in nome della transizione ecologica. L’Algeria può venderci qualcosa di più – perché, avendo dei contenziosi con il Marocco, non rifornisce più il Marocco e la Spagna –, ma c’è un problema di strozzatura nel Centro-Italia. La SNAM ha investito molto sull’idrogeno verde, anziché sulle infrastrutture per il gas dall’Algeria. Per fortuna, adesso raddoppia la quantità proveniente dall’Azerbaijan, perché nel Mar Caspio il gas è abbondante. Ma anche qui ci sono strozzature. Poi, abbiamo due rigassificatori di gas naturale liquefatto (GNL) al largo. Siamo l’unico caso al mondo che ne ha fatto uno gigantesco al largo delle coste di Rovigo, per poi portarlo a Minerbio, attraverso un tubo che ci collega con un terminale a Cavarzere, su una struttura a 10 chilometri al largo che poggia sul fondo, costata tre miliardi e mezzo, mentre a terra sarebbe costata un miliardo. La differenza è a carico dei contribuenti. È dal 1973 che non costruiamo rigassificatori a terra. L’unico che abbiamo realizzato è a 800 metri da Porto Venere, uno dei posti più belli al mondo. E a Piombino c’è chi non vuole una nave, quando ne viaggiano 7000 nel mondo ogni anno per il trasporto di GNL, il tutto senza alcun incidente. Riguardo alle rinnovabili, quest’anno l’apporto del fotovoltaico e dell’eolico triplicherà rispetto agli anni più recenti, perché i costi sono straordinariamente bassi, ma se ci porterà l’equivalente di un miliardo di metri cubi, cioè 5 terawattora in più, sarà già un successo, purtroppo negativamente compensato dal calo della produzione idroelettrica dovuta alla forte diminuzione delle piogge. C’è un eccesso di finanza sul mercato del TTF (Title of Transfert Facility) dovuto anche a un eccesso di liquidità nell’economia mondiale. Il TTF prevede una consegna fisica in Olanda, ma viene scambiato all’Intercontinental Exchange di Londra, una borsa che ha sede al London Metal Exchange, che fa parte di un sistema finanziario storico consolidato. Ma pur avendo diversi problemi regolatori, questo mercato misura semplicemente il drammatico taglio dell’offerta; un 40% in meno di un bene essenziale la cui domanda è del tutto rigida. Pertanto, il prezzo schizza verso l’alto. A fine agosto era 349, oggi è 164. Calo dovuto al crollo della domanda, perché l’industria ha diminuito la produzione del 20% in settembre.

In passato il prezzo dei contratti a lungo termine per ENI ed ENEL era legato al prezzo del petrolio. Se lo avessimo mantenuto sarebbe stato molto più conveniente, invece l’abbiamo voluto legare al prezzo spot, (contestuale alla firma del contratto), del gas a breve termine, come hanno fatto gli Stati Uniti con Henry Hub. Ma il parametro Henry Hub, per quanto concerne l’offerta, ha una maggior concorrenza, perché ci sono oltre 3000 offerenti, mentre il mercato europeo ha solo sette paesi esportatori, il più importante dei quali è la Russia, che ha tagliato l’offerta con conseguenze disastrose. In passato i prezzi dell’Europa erano il 30-40% di quelli degli Stati Uniti, mentre adesso sono 4-5 volte più alti. In Europa i prezzi delle bollette sono 66-70 centesimi per kilowattora. Negli Stati Uniti non arrivano a 10 e nell’industria non arrivano a 12-13 grazie al fracking, la frantumazione idraulica. Il prezzo del gas influisce sul prezzo dell’elettricità; i nostri ministri discutono da mesi per uno sdoppiamento (decoupling) tra gas ed elettricità. Purtroppo, però, in Italia il gas lo produciamo per metà con l’elettricità, perciò fare il decoupling è un po’ difficile.

Riguardo alla transizione, il prezzo basso del petrolio ci sta aiutando, anche se oggi è risalito perché l’OPEC ha operato dei tagli alla produzione. Petrolio e gas sono entrambi idrocarburi. Nella parte più alta del sottosuolo c’è il gas, sotto ci sono le parti più pesanti. Nel luglio del 2008 il prezzo del petrolio era di 140 dollari al barile, adesso è di 92. Anche per il petrolio, però, ci sono problemi di capacità produttiva e di raffinazione, perché non sono stati fatti investimenti da parte delle compagnie petrolifere, come ENI e Shell, costrette a investire su alghe e pannelli. Inoltre, il prezzo del gasolio alla pompa è già più alto di quello della benzina, perché il gasolio manca già oggi anche se l’embargo russo partirà a dicembre. La riduzione delle tasse sulla benzina di 30 centesimi (mai così alta), attuata a partire dal 21 marzo scorso, per lo stato italiano comporta minori entrate per 12 miliardi. Rispetto ai 200 della Germania lo sforzo italiano, per un totale di circa 60 miliardi, è minore in termini assoluti, ma è stato maggiore in rapporto al PIL, alla popolazione e alla ricchezza.

A livello globale i trend sono definiti: cresce la produzione di energia da fonti fossili. Il sistema elettrico italiano è estremamente debole, perché dipende sia da gas importato sia dalla Francia, che ha grandi problemi con il nucleare. È impossibile sostituire l’approvvigionamento dalla Russia nell’arco di un anno, quindi è probabile che dovremo ricorrere ai razionamenti. Per l’industria ci sono i nuovi massimi dell’elettricità e del gas, mentre va meglio per l’autotrasporto. L’unica luce in fondo al tunnel, purtroppo, è dovuta al crollo della domanda, perché il mercato sta funzionando nella sua brutalità; la domanda cala e gli speculatori cominciano a vendere.