IL BILANCIO DEGLI INTANGIBILI

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presidente di PRM Srl, già docente del Dipartimento di Economia “Marco Biagi”, Unimore

Sembra che la riuscita delle aziende oggi derivi sempre più dai cosiddetti “asset intangibili” piuttosto che dalle risorse traducibili in termini finanziari nel bilancio...

È vero. Tuttavia, il capitale intellettuale di un’azienda è legato a beni intangibili tanto preziosi quanto difficili da definire puntualmente. Concetti come le competenze delle risorse umane impiegate, le capacità d’innovazione e sviluppo, la reputazione e la soddisfazione degli stakeholders non rientrano nei classici elementi considerati ai fini del bilancio d’esercizio, eppure, rappresentano pilastri insostituibili e d’innegabile importanza. Il bilancio di esercizio manca di informazioni strutturate, sistematiche, affidabili e comparabili sugli intangibili.

L’espressione “capitale intellettuale“ fa riferimento all’insieme di elementi che contribuiscono alla creazione di valore all’interno di un’azienda: il capitale umano, ovvero l’insieme di risorse che caratterizza la squadra che opera all’interno dell’azienda (conoscenze, competenze, soft skills e tutto quello che rende una persona, e quindi un team, una vera e propria risorsa); il capitale organizzativo, chiamato anche capitale strutturale è dato dal tipo e dal grado di cultura organizzativa adottata, che comprende le procedure interne, lo stile di leadership, la logistica, i sistemi di comunicazione e le modalità d’interazione generali; e il capitale relazionale, ovvero l’insieme di rapporti reciprocamente vantaggiosi costruiti con i vari stakeholders (partner, fornitori, clienti, etc.), determinante per l’immagine aziendale e la fidelizzazione dei clienti.

In breve, potremmo dire che il capitale intellettuale è l’insieme delle caratteristiche immateriali che permettono a un’azienda di essere e di restare competitiva anche rispetto ad altre organizzazioni che si trovano sul suo stesso piano economico-finanziario. A parità di investimenti e tecnologie, a fare la differenza è proprio l’insieme di capitale umano, relazionale e organizzativo.

Quali vantaggi hanno le imprese nel redigere il bilancio del capitale intellettuale?

Per esempio, il Bilancio dell’intangibile sta diventando uno degli elementi di valutazione necessari per ottenere finanziamenti nell’ottica della direttiva europea Basilea II. Un’azienda può diventare B Corp certificata oppure Società Benefit. La certificazione B Corp è rilasciata da B Lab, ente certificatore privato, che deve misurare l’impatto globale dell’azienda, la quale deve dimostrare un’alta performance sociale e ambientale, rispondendo a circa duecento domande suddivise in sei aree (governance, lavoratori, comunità, ambiente, clienti e trasparenza); assumere un impegno legale, adeguando la propria struttura di governance per rendersi responsabile nei confronti di tutte le parti interessate (non solo degli azionisti) e ottenere lo status di Società Benefit; infine, essere trasparente, permettendo che le informazioni sulle proprie prestazioni, misurate rispetto agli standard di B Lab, siano disponibili pubblicamente sul proprio profilo B Corp, all’interno del sito web dell’ente certificatore.

La Società Benefit, per assumere tale qualifica, deve integrare nel proprio oggetto sociale, oltre all’obiettivo di ripartizione degli utili, quello di avere un impatto positivo sulla società e sulla biosfera, operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse.

Un altro strumento valido che le imprese possono adottare è il Bilancio per la gestione del valore, che racchiude il Bilancio del capitale intellettuale e il Bilancio di sostenibilità e rappresenta un efficace mezzo di comunicazione verso tutti i portatori di interesse a favore dei quali l’impresa genera valore. Attraverso la rendicontazione del patrimonio intellettuale, questo strumento monitora le iniziative e i relativi risultati, evidenziando l’efficacia dei processi organizzativi. È opportuno che sia integrato con i principi del Bilancio di sostenibilità, strumento che dà conto dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance).

Come si può definire il Bilancio di sostenibilità?

È il documento che comunica con trasparenza e obiettività gli impegni presi e i risultati ottenuti nell’ambito della Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) o Corporate Social Responsibility (CSR). Si rivolge a tutti i portatori di interesse (dalle istituzioni ai cittadini ai consumatori, dagli investitori ai fornitori) e “misura” l’efficienza aziendale dal punto di vista economico, ambientale e sociale, ovvero l’impatto reale dell’impresa sul territorio e sulla comunità.

La direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), adottata nel 2021 dalla Commissione Europea, ha emendato l’attuale quadro normativo sugli obblighi di Reporting Non Finanziario, previsto per le società quotate e di interesse pubblico e recepito in Italia nel 2016. Oggi questo documento è obbligatorio solo per gli enti di interesse pubblico (grandi società quotate), ma dal 2024 la redazione del Bilancio di sostenibilità diventerà obbligatoria per tutte le aziende con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore ai 50 milioni di euro e un bilancio annuo di almeno 43 milioni.