L'IMPRESA, LA MIA SECONDA CASA

Qualifiche dell'autore: 
imprenditrice, presidente di UNIONAPI Emilia Romagna

intervista di Caterina Giannelli

L’argomento di questo numero della rivista è “Le donne, l’impresa, la comunicazione”. A partire dalla sua esperienza, può dirci come si sono intrecciati questi tre aspetti? 

Nel mio caso l’impresa era quella di famiglia, un’impresa fondata da mio nonno assieme a mia madre lo stesso anno della mia nascita, quindi, un’impresa che, anche nel momento in cui non vi partecipavo direttamente in qualità d’imprenditrice o di lavoratrice estiva, durante l’adolescenza, ha sempre interferito nella mia vita, perché i miei genitori e i miei nonni erano impegnati in questa attività. Eppure, se da un lato questa impresa poteva sembrare ciò che mi allontanava dai miei genitori, con la maturità ho capito l’importanza di quest’impresa che ha dato soddisfazione ai miei genitori, ai miei nonni e anche a tutte le persone che ci hanno lavorato e che con l’organizzazione che ruotava attorno all’impresa hanno potuto crescere. I miei collaboratori, infatti, a tutt’oggi, sono qui a tempo pieno dal 1986, quando mio nonno purtroppo è morto e io credo di aver fondato nella mia impresa la mia seconda casa, il luogo in cui trascorro il maggior numero di ore. Ecco perché ho anche imparato ad avere un ottimo rapporto con i miei dipendenti, ma forse anche perché, prima di diventare imprenditrice di questa azienda, sono stata dipendente di un’altra azienda. Questo forse mi ha insegnato a cercare di capire meglio quali sono le aspettative di coloro che adesso sono alle mie dipendenze. 

Ma l’impresa ha interferito anche successivamente in altri modi, nel senso che attraverso l’impresa ho avuto modo di conoscere le associazioni che rappresentano l’interesse dell’impresa. Parlo in particolare dell’API, associazione delle piccole e medie industrie, che piano piano ho iniziato a frequentare e che, con la frequentazione, mi ha permesso un giorno di diventare addirittura il suo rappresentante massimo, il suo presidente prima a livello locale, API Bologna, e poi a livello regionale, UNIONAPI Emilia Romagna. È un’esperienza meravigliosa, che mi ha permesso di entrare in contatto con molti colleghi imprenditori, di diversa provenienza, di diversa dimensione e di diversa convinzione ideologica, e mi ha permesso di conoscere anche tutto ciò che gravita attorno a un’associazione imprenditoriale, quindi le istituzioni locali, regionali e nazionali. Inoltre, per effetto di questo rapporto, ho iniziato a capire le dovute distinzioni fra il linguaggio della politica economica e quello della politica in senso stretto. 

Così interviene la questione della comunicazione…

La difficoltà maggiore l’ho avuta quando ho dovuto iniziare a rappresentare l’impresa, ma non con i miei colleghi imprenditori, bensì sui tavoli della politica, perché il linguaggio della politica risponde a schemi che non sono esattamente quelli del linguaggio dell’imprenditore. Quindi, col passare del tempo ho dovuto affinare una tecnica che mi permettesse, da un lato, di comunicare con coscienza e con senso di responsabilità quello che era giusto dire dell’impresa e delle esigenze del mondo del lavoro e, dall’altro, di non urtare le sensibilità di un politico abituato ad alterare il linguaggio e a ricorrere sempre alla mediazione. E allora ho usato la tecnica di Bertoldo che, ridendo e scherzando, diceva sempre la verità. Così anch’io ho cercato con il sorriso e il garbo femminile di preservare la verità e il messaggio come valori assoluti. Questa forse è stata la soluzione di tanti miei conflitti, perché piano piano l’esperienza mi ha permesso di affinare la tecnica e a tutt’oggi credo di aver impostato un bel rapporto con tutti i rappresentanti politici del mondo del lavoro, quindi con tutti i rappresentanti del palazzo, del mondo sindacale e di governo. 

Adesso Silvia Noè, imprenditrice, ha deciso di entrare in politica, nelle liste del Polo delle libertà…

Ho deciso di candidarmi prima di tutto perché ci credo e poi perché vorrei trasferire la mia esperienza imprenditoriale anche a un ambito più ampio. Mi piacerebbe trovare riscontro a livello regionale e rappresentare tutte quelle donne che hanno avuto delle difficoltà a trovare un’affermazione politica. Infatti come imprenditrice non ho mai avvertito la differenza dell’essere donna – la differenza fra imprenditori sorge a seconda del prodotto non dal fatto di essere uomo o donna –, mentre, nel momento in cui mi sono calata in un ambiente politico, ho capito che non è un caso se la maggioranza è costituita da uomini. Adesso che ho trovato il coraggio di scendere in piazza mi piacerebbe, se un giorno verrò eletta, dare coraggio o comunque stimolare altre donne che vorrebbero fare la stessa scelta. E poi vorrei anche dare tutto il mio contributo per fare in modo che l’impresa possa produrre il più possibile benessere e occupazione, ma anche avere altre sensibilità, per esempio, verso il sociale. Tra l’altro, io rappresento tutti i volontari dell’ANT, l’associazione che assiste gratuitamente e a domicilio i malati terminali di cancro. E poi mi piacerebbe dare più risalto alle nostre radici cristiane e mi piacerebbe che questa regione riconoscesse queste radici sopra tutto nella trattazione di alcuni valori come la famiglia. E infine c’è un’altra ragione che mi spinge a entrare in politica: pur avendo quarantatre anni, spero di riuscire a interpretare le aspettative dei giovani, perché ancora mi sento giovane anagraficamente anche nell’animo. In una politica che spesso ha difficoltà a rinnovare i suoi rappresentanti, come donna e come ancora giovane, vorrei dare fiducia a quei giovani che vogliono avvicinarsi al mondo della politica. Non so se perché ogni tanto ho avuto il coraggio o l’incoscienza di occuparmi di questa esperienza, però non mi dispiacerebbe davvero dedicare i miei secondi quarant’anni a questa grande passione della politica.