UNA BANCA PICCOLA... MA FORTE NEL TERRITORIO E NELLA CULTURA

Qualifiche dell'autore: 
vice direttore generale vicario della Banca Popolare di San Felice sul Panaro, dal 1° luglio 2008, direttore generale

Nata nel 1893, la Banca Popolare di San Felice sul Panaro, nonostante le dimensioni di piccola banca locale, si posiziona al centoventottesimo posto del ranking delle prime cinquecento banche italiane con riferimento al totale dell’attivo e ha un avvenire di ulteriore crescita che non si registra neppure nei grandi gruppi bancari italiani…

La riduzione delle performance di alcuni fra i più rilevanti gruppi bancari italiani è stimata tra il 10 e il 15 per cento, in quanto la componente straordinaria della loro redditività – prevalentemente riconducibile ad attività su derivati e obbligazioni strutturate – è venuta meno. La nostra banca ha scelto di non operare in tali ambiti per cui la redditività non è dovuta a derivati o a operazioni strutturate di alcun tipo; il nostro conto economico è di una semplicità e trasparenza assolute ed è basato per la maggior parte sul margine finanziario e su una normale incidenza dei servizi resi. Peraltro, il bilancio è stato recentemente verificato da Banca d’Italia, che lo scorso gennaio ha terminato una visita ispettiva di circa tre mesi, conclusasi, nel complesso, positivamente e con preziosi suggerimenti in alcune aree di miglioramento.

L’Organo di Vigilanza ha svolto un’attività utile anche per voi…

Assolutamente sì, in quanto, oltre agli apprezzabili consigli ricevuti, abbiamo ottenuto una sorta di “certificazione” dell’operato della Banca negli ultimi anni e soprattutto nel 2007, a conferma della buona impostazione data all’azienda dal punto di vista dell’organizzazione interna, della qualità del portafoglio clienti e, soprattutto, della qualità del patrimonio umano. Nel frattempo, è stato realizzato un consistente aumento di capitale, oltre 44 milioni di euro, deliberato il 15 dicembre 2007 in assemblea straordinaria dei Soci, iniziato il 3 marzo e concluso il 30 aprile scorso. Per ottenere la relativa autorizzazione, abbiamo presentato a Consob un prospetto informativo particolarmente dettagliato, coerentemente con le più stringenti verifiche di merito previste dagli Organi di Controllo del mercato, dopo i numerosi e tristemente noti scandali che hanno interessato negli ultimi anni il mondo finanziario.

A seguito delle concentrazioni bancarie, spesso le imprese non sono più seguite e sostenute come qualche anno fa. In che modo invece la banca locale contribuisce oggi allo sviluppo economico del territorio in cui opera?

Sussiste, a mio avviso, una sorta di scollamento tra la banca cosiddetta “del territorio” e le imprese medio/piccole. Dichiarazioni recenti di alti dirigenti di grandi gruppi bancari sottolineano la consistente perdita di attività nella provincia e l’intento di tentarne il recupero. Com’è ormai risaputo, infatti, i risultati che si consolidano nel tempo provengono in buona parte dalla provincia, dove la relazione è forte e radicata.

Ciò nonostante, però, si è realizzata questa dicotomia: a fronte di un tessuto industriale italiano composto per oltre il 95 per cento da aziende con meno di otto addetti, operano banche di dimensioni nazionali e internazionali. È evidente che le particolari esigenze di minuscole attività imprenditoriali non possono rivestire grande interesse per i colossi bancari che, per contenere i costi, devono garantire operazioni con connotazioni e caratteristiche standardizzate e non possono istruire, ad esempio, pratiche di fido troppo diversificate per singola attività. Ne consegue che una banca di rilevante dimensione così strutturata non è in grado di centrare l’obiettivo di comprendere l’interesse specifico della piccola/media impresa o del singolo imprenditore che, per estremizzare, ha contabilità semplificata e viene valutato con metodologie standardizzate e rating statistici scarsamente rappresentativi di valori quali il background imprenditoriale, l’esperienza consolidata, il ricambio generazionale e soprattutto l’energia impiegata in una singola iniziativa economica. È invece auspicabile una valutazione del credito riferita non alle sole “carte”, ma alla capacità di guardare negli occhi l’imprenditore.

In questo contesto, una banca delle nostre dimensioni può inserirsi e operare più facilmente negli ampi spazi che lasciano i grandi gruppi. Inoltre, una “vera” banca del territorio come la nostra è in grado d’inserirsi in termini relazionali in modo deciso, grazie anche alle straordinarie risorse umane che da anni operano all’interno dell’azienda e ai nuovi ingressi che, nella realizzazione del programma di espansione affidatoci dal Consiglio di Amministrazione, abbiamo selezionato fra i migliori “gestori famiglie ed imprese” disponibili sul mercato, i quali, provenienti da diverse banche in ristrutturazione e con un clima aziendale incerto, hanno trovato nella nostra piccola realtà un progetto di crescita ambizioso, ma condiviso con entusiasmo. Infine, è bene ricordare che siamo alla confluenza di cinque province – Modena, Reggio Emilia, Bologna, Ferrara e Mantova –, province che esprimono realtà economiche di distretti in cui la competitività è molto elevata ma ampiamente compensata dalla capacità degli imprenditori d’intraprendere e innovare, che sono divenute un riferimento a livello internazionale; la nostra Banca è da decenni parte attiva a supporto del successo del nostro territorio. Non a caso, il Consiglio di Amministrazione ha pianificato con grande attenzione il piano di sviluppo triennale che prevede un forte rafforzamento della nostra presenza nelle aree citate, volte al sostegno anche delle esigenze delle famiglie consumatrici.

Voi avete sempre il polso della situazione sull’economia del territorio, ma esistono settori che pensate debbano essere maggiormente presidiati rispetto ad altri?

La tradizione della Banca vede le proprie radici nel credito al settore agro-alimentare che, soprattutto nel dopoguerra, è stato il nostro punto di riferimento. Negli ultimi vent’anni, abbiamo inoltre intrapreso la via della diversificazione per settore merceologico ed aree geografiche, al fine di seguire lo sviluppo del nostro territorio anche verso le iniziative più innovative. Ciò nonostante, siamo, proporzionalmente, la Banca della provincia di Modena che ha la maggiore quota d’inserimento nell’agricoltura, settore che manifesta segnali di crisi in tutto il paese. Quarant’anni fa, l’imprenditore agricolo manteneva la famiglia lavorando dieci ettari, oggi per recuperare i costi ne occorrono ottanta/cento, nonostante il numero dei componenti della famiglia si sia drasticamente ridotto. Quale Banca del territorio, siamo attenti nel seguire l’evoluzione del mercato e a cogliere anche le situazioni di difficoltà dei clienti, pronti al sostegno di imprenditori stimati e onesti che sappiano rinnovarsi con impegno e determinazione.

La nostra Banca è presente e attiva anche nel distretto del biomedicale, settore ormai controllato da rilevanti multinazionali, che dà vita a un indotto imprenditoriale in latente difficoltà dovuto, in particolare, alla concorrenza asiatica che produce a prezzi estremamente contenuti prodotti spesso di qualità discutibile. Nonostante il momento di difficoltà, il biomedicale prodotto dalle nostre aziende resta di livello superiore, difficilmente eguagliabile. Altri distretti di eccellenza sono quello metalmeccanico e della meccanica di precisione, che prosegue con ritmi di crescita costanti specie per l’export; il distretto ceramico, che vive un momento di ulteriore ristrutturazione con scelte inevitabili di delocalizzazione verso paesi a minor costo di produzione, e il distretto carpigiano del tessile-abbigliamento, in continuo e lento declino, ma che ha comunque saputo reagire e imporre marchi d’importanza internazionale. Per tutti questi distretti vale la qualità del prodotto made in Italy e la capacità che hanno le nostre imprese d’innovare e internazionalizzarsi; processi che la nostra Banca facilita attraverso finanziamenti e servizi finalizzati con un costo dei prestiti strutturalmente inferiore a quello medio di sistema.

Fra i settori che manifestano maggiori criticità in Emilia Romagna, rispetto al paese, quello immobiliare è certamente fra i più esposti; a livello nazionale le banche impiegano mediamente il 12/13 per cento del loro attivo, mentre a livello regionale superiamo il 20 per cento, con punte fino al 25 per cento del totale per alcune banche locali. Oggi ogni banca deve tenere conto del rischio “settore” e del rischio “concentrazione” che, come altri rischi, occorre individuare, misurare e monitorare nel tempo secondo le nuove regole fissate dal secondo pilastro di Basilea 2, in vigore dal prossimo 1° ottobre. A seconda della dimensione, le banche dovranno mantenere impegnato parte del loro patrimonio per affrontare i molteplici rischi di varia natura riferibili alla gestione bancaria, compreso quello “operativo”, di concentrazione, nonché altri quali il funding (liquidità) e il rischio di tasso. Com’è noto, il mercato delle banche ha ancora qualche questione aperta nella ricerca di liquidità e nel mantenerla sotto controllo; si sono manifestati, inoltre, atti di sfiducia fra controparti bancarie nel prestarsi il denaro anche per brevi periodi di tempo. Ci auguriamo che il fenomeno possa rientrare e normalizzarsi; questa situazione di mercato ha generato un aumento sostanzioso del costo della provvista per le banche, che condiziona negativamente i tassi applicati alla clientela. In presenza, infatti, di un tasso BCE al 4 per cento, l’interbancario a tre mesi, preso normalmente a riferimento, è prossimo al 5 per cento con quasi un punto di differenziale, a nostro avviso, ingiustificato. La nostra Banca è ben attenta a questa problematica, essendo offerente sul mercato interbancario, anche grazie al sostanzioso incremento della raccolta diretta nel 2007 di oltre il 50 per cento nel dato delle obbligazioni proprie, nonché al successo ottenuto nella recente operazione di aumento di capitale che ha portato ulteriore linfa per finanziare il piano di sviluppo triennale.

In questi ultimi mesi le imprese che hanno necessità di approvvigionarsi pagano il denaro molto più caro anche a causa della crisi di liquidità che diversi gruppi bancari fronteggiano, attraverso operazioni particolari quali la cartolarizzazione dei mutui, la cessione prosolvendo o prosoluto di parte dei crediti, per rifinanziarsi. Sono operazioni legittime con effetti evidenti sui bilanci, ma manifestano una carenza di liquidità strutturale: se per finanziare la crescita si deve ricorrere alla cessione dei crediti si è disposti anche a cederli a prezzi inferiori con l’ovvia conseguenza che lo scarto viene recuperato sul cliente finale. L’approccio della nostra Banca è molto più tradizionale e trasparente, senza ricorso ad alcuna operazione di “ingegneria finanziaria”, ma attraverso la fiducia dimostrataci dai nostri soci e clienti. Ne discende quindi la capacità propria della Banca Popolare di San Felice sul Panaro di sostenere l’economia del territorio, anche nelle fasi di contenimento del ciclo economico, basata tra l’altro anche su politiche di tasso meno onerose per la clientela.

Un terzo della popolazione italiana si dedica ad attività no profit. Che cosa fa la Banca Popolare di San Felice sul Panaro per la cultura?

Appartiene alla tradizione della Banca e alla “mutualità” indiretta a favore dei soci, propria delle cooperative, il sostegno di iniziative e attività no profit. Ritengo che, valutando i dati oggettivamente e con occhio imprenditoriale, il nostro supporto a iniziative di beneficenza sia poderoso: nell’ultimo bilancio, infatti, abbiamo destinato una cifra superiore al 10 per cento dell’utile per sponsorizzazioni e beneficenza. Se consideriamo che l’utile netto si attesta mediamente fra i 3 e i 4 milioni di euro, la percentuale destinata a tali iniziative è così rilevante che difficilmente si riscontra in altre banche, se si escludono le fondazioni. Anche all’interno delle sponsorizzazioni, spesso, traspare la beneficenza e il sostegno al territorio: quando la Banca interviene con pubblicità nella gara amatoriale per portatori di handicap, per esempio, è difficile distinguere nettamente tra sponsorizzazione e beneficenza.

Relativamente alle iniziative culturali, sussiste un rapporto di collaborazione molto stretto con il Comune di San Felice sul Panaro. È di questi giorni la Biennale d’arte Roncaglia, che richiama artisti da tutta Italia. Nata nel 1955 e giunta alla trentesima edizione, la mostra, di cui siamo sponsor unici unitamente alla Provincia e al Comune, è rimasta fra le poche biennali italiane di valore e ospita anche una sezione dedicata ai giovani talenti “under 25”.

Un’altra manifestazione, anch’essa biennale, che vive con l’unico sostegno della nostra Banca da oltre trent’anni, è il Premio nazionale di poesia dialettale “Guido Modena”. Il Premio richiama esponenti da tutta Italia ed è unico a livello nazionale. Una valente e qualificata giuria seleziona e premia una poesia per ogni regione d’Italia; nel corso della premiazione ogni vincitore declama la poesia nel proprio dialetto. Ascoltare il dialetto valdostano, trentino, siculo, sardo, romanesco o napoletano è un’emozione unica, grazie anche alla Banca Popolare di San Felice sul Panaro.

È straordinario pensare che due iniziative a livello nazionale traggano le loro origini dalla piccola cittadina di San Felice sul Panaro e da una piccola…  ma forte Banca