TEOLOGIA E INDUSTRIA

Qualifiche dell'autore: 
presidente dell'Acton Institute for Study of Religion and Liberty (Michigam, USA)

Mi capita spesso di parlare in varie associazioni di economia e di essere l’unico sacerdote presente. Una volta un economista molto noto mi chiese: “Ma lei vuole portare la sua religione a noi economisti che siamo secolari? Lasci altrove la sua religione”. “Lei dimentica – risposi – che la scienza dell’economia è stata fondata nella scuola di filosofia morale, in particolare da discepoli di San Tommaso, a Salamanca”. A questo riguardo esiste un libro nelle scuole francescane sulle radici del capitalismo e del mercato libero.

Spesso mi chiedono perché come sacerdote ho un grande interesse per l’economia, dato che essa si occupa del mondo materiale, della domanda e dell’offerta, invece la teologia si occupa del trascendente, del mondo spirituale. Io rispondo che le prime pagine della Bibbia dicono qualcosa di molto rilevante a questo proposito, cioè che all’inizio Dio ha creato i cieli e la terra, non soltanto i cieli. Poi, seguono versi che parlano delle varie parti della creazione materiale e dicono che, dopo ogni cosa creata, Dio ha visto ciò che ha fatto e ha detto che è cosa buona. Che cosa è cosa buona? Il mondo materiale. Perché è buono? Perché deriva da un Dio buono. Tutto il mondo esiste in Dio perché è stato creato da Dio. È interessante vedere la descrizione della creazione dell’uomo: Dio ha creato l’uomo dalla terra corporale e in lui ha inspirato il soffio della vita. Anche l’uomo è una combinazione di cielo e di terra.  Noi siamo varie cose simultaneamente, siamo individui in senso materiale, anche dal momento del concepimento siamo biologicamente individui, ma nello stesso momento siamo in relazione con la madre incinta, e anche dopo la nostra nascita rimaniamo sia individui sia in relazione con il sociale. È impossibile separare queste due cose. Anche i cristiani fanno un grande errore se credono che il corpo non sia importante perché vivremo in cielo per l’eternità. La verità è che un giorno ci sarà la resurrezione del corpo. La nostra materialità è importantissima, e questo si vede nella situazione di scarsità da cui deriva la realtà dell’economia, perché è la sola che studia l’azione umana di produrre i beni di cui abbiamo bisogno per la nostra vita. Io dico che la nostra libertà è necessaria per questo processo, perché ogni uomo ha ricevuto una vocazione da Dio. Le prime parole che Dio ha pronunciato all’uomo quando è stato creato erano parole di vocazione: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra”. Abbiamo appena visto nel Genesi immagini di Dio come un imprenditore. E veramente era un imprenditore, infatti, da lui sono state create tutte le cose e ha messo la sua immagine nei nostri cuori, nella nostra natura.

Arriviamo adesso all’importanza che la premessa ebraico-cristiana ha nel campo dell’economia. Nella dottrina dell’incarnazione Gesù viene con noi in questo mondo, nasce da una donna per la nostra redenzione. Un sacerdote di Mantova un giorno mi fece notare che Gesù per darci la sua vita ha scelto pane e vino, invece di uva e farina. Perché? Perché il pane e il vino provengono anche dal lavoro delle nostre mani. Durante la messa diciamo: “Benedetto sei Tu Signore Dio dell’universo, dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo, lo presentiamo a Te perché diventi per noi cibo di vita eterna”. Facciamo qualcosa che possiamo fare e lo presentiamo a Dio, in cambio di qualcosa che non potremmo fare mai. Questo indica la stretta connessione tra la nostra materialità e la nostra spiritualità. Io sono convinto che anche il mondo è la stessa cosa. La vocazione dell’uomo e della donna è quella di essere dentro il mondo, in particolare con il loro lavoro.

Nel Vangelo e nel Concilio Vaticano II si narra di un ragazzo che scriveva al padre di essere molto lieto di vivere in monastero, perché lì aveva trovato la sua vocazione: “Qui siamo alzati nella notte, quando tutto il mondo dorme, per pregare. Io sono molto contento di aver trovato la mia vocazione fuori del mondo”. Il padre, molto intelligentemente, rispondeva: “Figliolo, tua madre ed io siamo contenti che tu abbia trovato la tua vocazione, ma ricorda una cosa molto importante: quando eri piccolo, tante e tante notti, mentre tutto il mondo dormiva, anche la mamma ed io eravamo alzati per occuparci di te, e in questo abbiamo trovato la nostra vocazione”. Dio è con noi nelle cose molto semplici, comuni, ordinarie e naturali. Dio vuole essere trovato nel mondo. Questa è, secondo me, una vocazione imprenditoriale.

Io ho paura che ci sia una grande divisione invece di un’unione, di una corrispondenza. Questa volontà di separarsi, di fare di tutte le cose un conflitto è la mentalità di Marx, è una tassonomia molto attraente e affascinante. Marx ha proposto che c’è una divisione intrinseca tra lavoratori e padroni. Anche le femministe hanno proposto che c’è una divisione intrinseca tra donne e uomini e poi anche gli ambientalisti radicali propongono che c’è una grande divisione tra l’uomo e la natura. Una visione conflittuale, fatta di divisioni.

Ma Madre Teresa, che non era un filosofo e neanche un teologo, ha detto qualcosa in risposta a questa eresia, perché secondo me il socialismo è un’eresia di cristianità.

Madre Teresa ha detto di non credere in un conflitto di classe, ma in un incontro delle classi in cui i ricchi salvano i poveri e i poveri salvano i ricchi. È in questa visione di cristianità, in questa visione biblica e in questa visione della natura umana che c’è un equilibrio nel mondo. E il ruolo dell’imprenditore nella nostra società è molto importante per questo, non per dare o domandare i favori ai politici, ma per la sua capacità di creare i beni di cui abbiamo bisogno per vivere.

(Trascrizione, non rivista dall’Autore, della conferenza organizzata dall’associazione “Impegno Civico” di Bologna).