UN LIBRO PER CAPIRE LA RUSSIA

Qualifiche dell'autore: 
assessora alla Cultura della Provincia di Bologna

Sono particolarmente lieta di darvi il benvenuto nella Provincia di Bologna, che è orgogliosa di tenere aperta la propria sede per la presentazione di un libro. Siamo nella città con la più antica università del mondo, una città che ha investito moltissimo sui libri, sulla loro divulgazione e, più in generale, sul sapere. Secondo recenti dati, pubblicati da “Il Sole 24 Ore”, a Bologna si acquistano libri in percentuale superiore rispetto al resto del paese; inoltre, a fronte di una popolazione che corrisponde all’1,6 per cento di quella nazionale, Bologna conta il 2,7 per cento delle librerie presenti sul territorio italiano. È un dato importante, che ci indica il livello di diffusione della lettura nella nostra provincia.

Voglio ringraziare l’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna, che ha organizzato questo incontro, l’Università di Bologna, l’Associazione Italia-Russia e, in particolare, l’autore, Viktor Erofeev, per avere accolto l’invito di presentare il suo ultimo libro, L’enciclopedia dell’anima russa (Spirali), proprio nella nostra città e per essere riuscito a cogliere un vuoto difficile da colmare: il vuoto che si avverte quando si cerca di capire un paese grande, immenso e particolarmente complesso come la Russia.

Due aspetti di questo libro mi hanno particolarmente incuriosita: il primo – di grande fascino anche per chi ha una storia come quella italiana – riguarda quanto l’autore afferma in apertura, ossia la consapevolezza, che è anche alla base della scrittura di questo libro, di un cambiamento, quello che ha decretato il passaggio dall’identificazione di se stessi nella dimensione collettiva del “noi”, indice di appartenenza al popolo russo come un unicum, a quella individuale dell’”io”; una scoperta che è anche un filo conduttore nell’analisi degli altri eventi raccontati nel libro.

Il secondo aspetto che mi ha particolarmente colpita è relativo ai diritti civili. Alcuni anni fa, Gorbacev affermò che non è possibile capire la complessità e la maestosità della Russia, assumendo come unico punto di vista il livello di applicazione dei diritti umani. Tuttavia, non possiamo dimenticare come, diverse volte, Amnesty International abbia denunciato e riportato all’attenzione del mondo la sistematica violazione dei diritti umani in questo grande paese. E, ancora oggi, i media faticano a tracciare un’immagine del sistema attuale, anche a partire dall’analisi di una figura particolarmente complessa, come quella di Vladimir Putin: si è parlato di ritorno al totalitarismo, di nuovo regime; eppure, ho l’impressione che questi discorsi rimangano a metà, mozzati, imprigionati, come la nostra stessa difficoltà di capire un paese così grande e le sue condizioni di vita reali.

Senza dubbio, negli ultimi dieci, quindici anni, la Russia si è “guadagnata” le prime pagine della stampa internazionale soprattutto per i numerosi fatti di cronaca nera, ma forse dovremmo dire “fatti di politica”, avvenuti sul suo territorio: la questione cecena, l’uccisione della giornalista Anna Politkovskaja e l’avvelenamento da polonio di Aleksandr Litvinenko offrono uno spaccato parziale di quel paese.

Questa sera presentiamo il romanzo di un grande scrittore russo, considerato dalla critica più affermata l’erede di grandi maestri della letteratura russa del XX secolo, come Nabokov e Bulgakov. Cito solo due brani che mi sembrano particolarmente interessanti:

“In Russia ben pochi vivevano negli anni Novanta: piangevano quasi tutti. Per ragioni diverse. Piangevano di gioia per l’ottenuta libertà. Piangevano i rapinatori. Piangeva la gente navigata. Quasi tutti si guardavano attorno timorosi, badando alla borsa, senza entrare nel gioco, tenendosi ai margini. Mosca, piena zeppa di soldi, sembrava a questi ‘quasi tutti’ la più povera, la più disperata città del mondo”.

Ma è davvero così? Noi conosciamo la Russia dei giorni nostri, per le immagini e i racconti di laceranti povertà; per le tante donne che negli ultimi anni sono arrivate nel nostro paese in cerca di lavoro, quasi sempre con titoli di studio molto più qualificati rispetto alle attività in cui sono impiegate in Italia; la conosciamo anche per i forti contrasti tra i nuovi ricchi e i tanti nuovi poveri. E conosciamo la Russia dei tempi andati, per la quasi unicità rappresentata dal suo regime, per la repressione dei talenti e delle libertà di pensiero e di espressione, ma ricordiamo anche i suoi grandi scrittori, le sue favole amare e quelle più spensierate, la maestosa bellezza delle sue architetture.

In fondo, però, per quanto ne sentiamo parlare, conosciamo poco la Russia e la sua anima. Ecco perché abbiamo bisogno di questo libro. Un suggerimento, che suona piuttosto come una richiesta, amara e ironica, di assumere un atteggiamento particolare per comprendere questo paese, ci viene sempre dal libro di Erofeev: “Per capire la Russia occorre rilassarsi. Togliersi i pantaloni. Indossare una calda vestaglia. Stendersi sul divano. Addormentarsi”.