IO, LE PELLICCE E GLI AIUTI AL KENYA

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titolare della Pellicceria Tassinari, Bologna

La pellicceria Tassinari opera ormai da anni a Bologna, tanto che è diventata un vero e proprio punto di riferimento per le signore della città. Cosa offre in particolare e quando ha incominciato?

Oltre alle pellicce su misura, vendiamo quelle confezionate e facciamo custodia e pulitura. Ma la cosa più importante è che, in quarant’anni di lavoro – ho incominciato quando avevo quattordici anni –, ho incontrato persone di differenti ambienti culturali e sociali e con ciascuna ho cercato di trovare un’integrazione fra le loro esigenze e le nostre offerte. L’esperienza consente di modificare man mano il modo di lavorare, migliorandolo sempre più.

Oggi una pelliccia può andare d’accordo con l’etica? Se sì, in che modo?

Gli animali di cui ci serviamo per confezionare le nostre pellicce si trovano in commercio, non sono animali rari o in via di estinzione. Se un animale, come per esempio il leopardo, è quasi estinto, non ci sogniamo mai di utilizzarlo. Un’altra cosa è utilizzare animali che vengono allevati per la nostra alimentazione, come per esempio il coniglio, da cui sono nati incroci come quello per realizzare il cincillà, che consente di fare capi bellissimi, nel rispetto dell’ambiente. Anche il visone si fa con animali di allevamento, che danno risultati molto simili a quelli del visone selvatico, anche se hanno una durata minore. Ma, dato che oggi la moda cambia velocemente, non è importante che una pelliccia duri cinquant’anni. Preferiamo realizzare capi che abbiano un costo minore, ma che si possano cambiare più spesso, rendendo il cliente più soddisfatto.

Da anni lei si batte per dare un apporto alla salute e alla speranza di alcuni bambini malati di Aids in Kenya, perciò ha fondato con alcuni amici l’associazione “Il mondo di Brenda”, realizzando una struttura che raccoglie circa centoventi bambini. Come mai un’azienda che si occupa di pellicce ha avviato queste iniziative in Africa?

L’associazione è un’esperienza di vita molto importante, che mi ha consentito di andare oltre il mondo della pellicceria, fatto di ricchezza e di persone importanti. In Africa, invece, troviamo tanta miseria, perciò le iniziative dell’associazione sono per me un modo per sentirmi utile a qualcuno. Mi sono imbattuta in questa realtà per caso: quello in Kenya doveva essere soltanto un viaggio di piacere e di riposo, ma, quando sono arrivata, sono rimasta molto scioccata, non ho parlato per un giorno intero. Da quel momento, è incominciato il mio iter. Il progetto è partito a piccoli passi e poi è cresciuto. Nonostante questa associazione sia costituita da otto membri, le persone che sostengono le nostre iniziative sono veramente tante.

Cosa fa precisamente la vostra associazione?

Quando siamo arrivati a Malindi, abbiamo visto tanta miseria e tanta sporcizia. La prima cosa che abbiamo pensato allora è insegnare ai bambini a essere puliti, perché la pulizia è igiene. Poi, abbiamo realizzato una scuola. Dopo di che, abbiamo pensato di fare qualcosa di più: c’era una costruzione fatiscente – una casa che avrebbe dovuto servire come ricovero per i bambini orfani, ma in realtà era uno strumento di speculazione, tanto che i bambini morivano di fame –, che abbiamo utilizzato per realizzare un vero orfanotrofio per i quarantaquattro bambini ospiti, in collaborazione con Mamma Liliana, una signora che trascorre in Africa dai dieci agli undici mesi all’anno, per occuparsi di questi bambini che non sono tutti senza genitori. Ma noi aiutiamo anche i genitori, perché anche molti di loro fanno la fame. Per esempio, la mamma di Brenda, la bambina che ha dato il nome alla nostra associazione, ha ventinove anni, è cieca e ha l’Aids conclamato. La sua casa è crollata con le ultime piogge, allora, abbiamo sostenuto la costruzione di una casa in pietra, così, se vivrà altri sei mesi, almeno li trascorrerà sotto un tetto.

Raccogliamo fondi attraverso adozioni a distanza, cene e pranzi di beneficenza, allestendo banchetti in tutta la regione, durante le feste in paesi e città; diamo un uovo di cioccolata o un cioccolatino o uno snack a offerta libera, così la gente capisce che lo facciamo proprio con l’intento di aiutare. Inoltre, stanno già muovendosi altre persone e organizzazioni per dare il loro apporto: l’Associazione A.M.O. (Associazione Malati Oncologici), presieduta da Fabrizio Artioli di Carpi, per esempio, a seguito di un’iniziativa di due giorni, ha elargito mille euro. Speriamo di fare tanto, tanto di più.

Quali sono le difficoltà che avete incontrato e cosa possono fare i cittadini per collaborare a queste iniziative?

Le difficoltà ci sono. Il governo del paese non è ben disposto verso di noi, perché, dando istruzione, facciamo capire alla gente che potrebbe vivere meglio. È chiaro che governare persone povere fa sempre comodo: maggiore è il grado di povertà e più si arricchiscono le solite persone, con le loro ville lussuose, che possono mantenere perché lì la vita ha costi decisamente bassi. Le autorità non ci vedono di buon occhio e spesso siamo scortati dalla polizia con i mitra, perché in alcuni momenti è molto rischioso muoversi, c’è il pericolo di essere assaliti.

Che cosa possono fare i cittadini? Prendere in adozione un bambino dando un contributo di trecento euro all’anno. Con meno di un euro al giorno il bambino ha la possibilità di crescere, studiare e diventare una persona “normale”. Si può anche contribuire con piccoli versamenti o con altre iniziative: per esempio, gli sposi, anziché fare le bomboniere, danno un contributo alla nostra associazione e lo scrivono nei biglietti che danno ai loro invitati.

Quali sono i progetti di Serena Tassinari?

Volevo andare in pensione, ma continuerò a lavorare ancora tanto, soprattutto perché il mio lavoro mi dà grandi soddisfazioni. Sono cresciuta molto e i clienti sono veramente contenti, almeno spero. Comunque, il riscontro sta nel semplice fatto che proseguono con noi. E questo mi dà anche la spinta per continuare l’opera che sto facendo e che costituisce anche una buona fonte per l’aiuto da dare ai bambini. Io ho una famiglia serena, ma aiutare questi bambini mi fa sentire meglio. Non vedo l’ora di tornare in Africa: ci vado due volte all’anno e se posso andrò anche tre volte, a mie spese. Ripeto, a mie spese. Si sentono dire talmente tante cose negative sulle associazioni benefiche che è opportuno precisare che la nostra associazione raccoglie fondi su un conto corrente, da cui non può essere prelevato un solo centesimo senza tre firme di persone lontane tra loro, e tutte le operazioni sono registrate: nessuno può toccare i soldi dei bambini.

Chi vuole contribuire al matenimento dell’orfanotrofio keniota, può versare una quota alla filiale di via Turati della Banca Agricola Mantovana, conto corrente 0000100704/11, “Il mondo di Brenda”, cin B, abi 05024, cab 02433.