PROGETTAZIONE E POLITICA DEL RESTAURO

Qualifiche dell'autore: 
presidente di Ardea Progetti e Sistemi

È noto l’apporto di ARDEA Progetti e Sistemi con il sistema brevettato Betontex nel rinforzo di alcuni fra i più importanti monumenti in numerose città italiane. Uno dei vostri interventi più recenti riguarda il Santuario Regina Montis Regalis di Vicoforte, in provincia di Cuneo…

Oltre alla bellezza del monumento, la caratteristica principale di questa basilica è di avere la cupola ellittica più grande del mondo: un particolare costruttivo che ha suscitato l’interesse di molti paesi, tant’è che un’equipe di giapponesi si reca periodicamente a Vicoforte per studiarla e monitorarla.

La costruzione del monumentale complesso architettonico di seimila metri quadri di superficie, che ebbe inizio il 7 luglio 1596 su commissione di Carlo Alberto I, intendeva celebrare la grandezza sabauda e allo stesso tempo rafforzarne il legame con la devozione popolare. Ammirabile in tutta la sua grandiosità dall’ampio piazzale antistante, l’architettura del santuario rivela le diverse fasi costruttive succedutesi nell’arco di oltre due secoli. La maestosa cupola ellittica, alta settantaquattro metri, con il diametro maggiore di oltre trentasette e il minore di venticinque, fu armata e costruita dall’architetto Francesco Gallo e voltata in soli cinque mesi (dal giugno all’ottobre del 1731). Splendidi e di grande effetto gli affreschi interni del pittore rodigino Mattia Bortoloni.

Quali problemi presentava il restauro di una delle più belle basiliche al mondo, pur non conosciuta come meriterebbe, e in che modo siete intervenuti per restituirle splendore?

Il materiale di cui si compone il paramento esterno di tutto il corpo della basilica è un’arenaria locale, molto più dura e resistente delle arenarie tipiche del bolognese, che tuttavia le condizioni climatiche piuttosto severe del cuneese nel corso dei secoli avevano notevolmente degradato, al punto che l’intera struttura presentava gravi ed evidenti danni.

Il problema non era costituito soltanto dal cedimento e dal crollo di alcune lastre di arenaria della facciata, aventi peraltro uno spessore di quaranta centimetri, quanto piuttosto dalle fessure riscontrabili nelle parti portanti (architravi e archi di alcuni finestroni), che ponevano l’intero complesso monumentale in una situazione di grande precarietà. Il nostro compito è stato quello di coniugare tecnologia e sensibilità, a salvaguardia dell’enorme patrimonio storico e artistico: consolidare le strutture e metterle nuovamente in sicurezza, utilizzando tecniche non invasive e garantendo risultati duraturi nel lungo periodo.

L’impiego di barre di ferro, di putrelle e di strutture in cemento armato sarebbe stato dannoso, soprattutto per gli architravi, che non avrebbero potuto reggerne il peso. Le barre in fibra di carbonio che abbiamo scelto di utilizzare invece, oltre a essere leggere, non essendo soggette a dilatazione termica, non causano problemi da scorrimento e rottura con il variare della temperatura, al contrario di ciò che può accadere con le barre in ferro, che aumentano di molto il loro volume, soprattutto quando arrugginiscono, facendo esplodere la pietra in cui sono inserite.

Ma procediamo con ordine. Prima di tutto, abbiamo riportato le strutture nelle posizioni originali e saturato le fessurazioni con iniezioni di malte per ristabilire la continuità all’interno della struttura stessa. Successivamente, le fessure sono state “cucite” con un sistema che noi chiamiamo Ardfix, che consiste nell’inserimento di barre e nastri in carbonio impregnati di resina d’incollaggio e che, riempiendo l’intera lunghezza del foro, fornisce maggiori garanzie di adesione. Inoltre, essendo il carbonio molto resistente, è stato possibile realizzare fori di dimensioni ridotte rispetto a quello che le barre d’acciaio avrebbero richiesto.

All’intradosso degli archi e degli architravi, in una posizione il più lontano possibile dal bordo esterno, abbiamo applicato fasce di carbonio successivamente ricoperte da speciali malte (a base di calce in cui è stata macinata la stessa pietra di cui è composta la facciata), messe a punto dall’architetto Giancarlo Bravo di Cuneo. Grazie a questi accorgimenti e alle eccezionali proprietà dei materiali utilizzati, l’intervento è risultato non invasivo e praticamente non identificabile osservando la facciata dal basso.

Per quanto riguarda il rivestimento esterno, le pietre sono state messe in sicurezza attraverso cuciture di una profondità di circa un metro: il muro, all’interno di spessore elevato, riesce a sopportare gli “aghi” in carbonio inseriti nelle pietre. Anche in questo caso è stato possibile praticare fori molto piccoli, di diametro inferiore a un centimetro e mezzo, che poi sono stati chiusi con lo stesso tipo di malta di cui parlavo prima. La facciata è stata totalmente ricomposta senza che dalla distanza sia visibile alcuna traccia dell’intervento. Ritengo che l’utilizzo di questa tecnologia rappresenti un importante progresso rispetto ai materiali tradizionali, visto che in alcuni punti le fratture, insieme alla caduta di qualche elemento, erano dovute a vecchie chiodature in ferro e acciaio arrugginite.

Alla fine dell’intervento, anche se avevamo effettuato tutti i calcoli necessari, eravamo preoccupati dalla notevole entità delle masse in questione. Invece, l’esito è stato perfetto e, anche oggi, a distanza di un anno, questo è chiaramente constatabile. Si tenga presente, inoltre, che l’alternativa a questo tipo di tecnica era di utilizzare putrelle in ferro, le quali, oltre ad appesantire ulteriormente la struttura, avrebbero dovuto essere ricoperte con artifizi ingombranti e vistosi.

Tutti gli archi dei tre portali (architravi compresi) che sorreggono l’intera struttura sono stati rinforzati con cuciture di nastri e barre in fibra di carbonio, in modo tale che oggi l’intero edificio risulta “legato”. Oltre ai diffusi distacchi e cedimenti nella facciata anteriore, il punto che più ci preoccupava era lo spigolo di sud-ovest, la cui fessurazione, partendo dalla sommità del cornicione, si estendeva verso il basso fino ai finestroni sottostanti. Oggi, sopra i cornicioni, in zone assolutamente nascoste, corrono nastri in fibra di carbonio che assicurano tutta la struttura nella parte superiore; questo bloccaggio in alto impedisce che la fessura possa allargarsi nella parte inferiore. Anche la base delle colonne è stata bloccata con barre e nastri in fibra di carbonio, così come gli architravi dei finestroni, rinforzati con il carbonio nella parte più interna.

A che punto sono, quindi, i lavori di restauro?

Attualmente, è in corso il consolidamento del cornicione di gronda, che corre lungo tutta l’imposta della volta a mo’ di cerchiatura. Nel cornicione da cui è stata ricavata la canalina di scolo dell’acqua, i blocchi di arenaria sono affiancati l’uno all’altro e appoggiati sul muro che costituisce il tamburo della volta. A causa dei fisiologici processi d’invecchiamento e del peso dovuto alle frequenti e ingenti precipitazioni nevose, si era verificato un progressivo dissesto generale della struttura, con pericolo di distacchi e cedimenti.

Il problema è stato risolto riposizionando i blocchi di pietra e ancorandoli alla muratura che costituisce il tamburo, mediante spinottature verticali in fibra di carbonio, ma anche con una cerchiatura di collegamento che garantisce continuità strutturale a tutta la gronda, salvaguardando i giunti di dilatazione della volta. Questo sistema di rinforzo, tramite l’ancoraggio delle singole pietre, ma soprattutto grazie alla continuità della cerchiatura, che per sua natura impedisce qualsiasi ribaltamento verso l’esterno, è in grado di prevenire qualsiasi possibile distacco. Infine, si potrà realizzare il rivestimento della canalina con un foglio di rame, a protezione della pietra dagli agenti atmosferici e dall’acqua di scorrimento.

Immagino occorra molta precisione per realizzare questi lavori. Quanto deve essere elevata la competenza di chi li esegue?

Questa tipologia d’intervento è particolarmente delicata e richiede una grande consapevolezza. Una buona esecuzione del lavoro implica soluzioni che sono frutto di una grande esperienza, sia dal punto di vista progettuale sia dal punto di vista della semplicità applicativa. Naturalmente, è fondamentale che a questo aspetto si uniscano la precisione e la sensibilità dell’applicatore che, preparato e guidato adeguatamente, deve sapere interpretare il progetto.

In questo caso, Ardea ha fornito le indicazioni del progetto, i materiali e tutta l’assistenza tecnica necessaria, ma il lavoro è stato svolto con grande maestria dalle risorse della Basilica stessa, guidate dal geometra responsabile, Martino Mauro. Non sono intervenute grandi imprese e complessivamente la ristrutturazione ha avuto costi contenuti.