VALORIZZARE LA TECNOLOGIA, LA CREATIVITÀ E LA PROGETTUALITÀ

Qualifiche dell'autore: 
direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici (Emilia Romagna)

Leggendo il libro di Roberto Cecchi I beni culturali. Testimonianza materiale di civiltà, mi sono trovata a riflettere sull’articolo n. 9 della Carta Costituzionale, che recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico-artistico della nazione”. Non è un caso che la tutela sia considerata in correlazione profonda con la promozione della cultura e della ricerca scientifica. Non è un caso che, parlando di tutela, si citi prima il paesaggio e poi il patrimonio storico artistico. S’intuisce in questo articolo la volontà di richiamare l’attenzione verso i Beni Culturali non solo come beni culturali in sé, quanto piuttosto come beni inseriti in un contesto caratterizzato da molteplici aspetti – culturali, storici, sociali, naturalistici, ecc. –, in funzione di una promozione della conoscenza e della cultura. Secondo il Costituente è questo il principio che dovrebbe essere tenuto presente e perseguito nelle varie attività del Ministero e il fatto che sia uno dei principi fondamentali della Carta Costituzionale lo rende ancora più importante. Purtroppo, possiamo constatare come nel primo ventennio seguito all’emanazione della Carta Costituzionale si sia fatto ben poco per rispondere a quell’esigenza. Sicuramente, in un periodo di ricostruzione come il primo dopoguerra, le esigenze e le urgenze erano numerose e diverse, ed è comprensibile la mancata nascita di quella coscienza culturale. Solo nel 1964, fu istituita una Commissione parlamentare presieduta dall’onorevole Francesco Franceschini, con il compito d’indagare sullo stato del nostro patrimonio culturale. La Commissione lavorò per più di due anni e concluse i lavori con una serie di dichiarazioni la cui lettura spinge a una verifica o a un confronto con lo stato attuale. Il libro di Roberto Cecchi richiama spesso i punti conclusivi della Commissione e mette in evidenza come, per esempio, già nel 1967, alla conclusione dei lavori, si fosse rilevato che nel campo dell’archeologia tutta l’attività degli scavi clandestini avesse provocato un’autentica devastazione del nostro patrimonio e che non ci fosse una programmazione della ricerca archeologica. Si metteva in evidenza già allora, nel settore del patrimonio storico, che non era sufficiente l’attività di catalogazione per assicurare la tutela dei beni storico artistici, dal momento che l’incompletezza di questa attività aveva portato alla perdita di numerose collezioni. Risultava evidente che non tutti i monumenti fossero seguiti con la necessaria attenzione, che molti fossero in uno stato di abbandono e che i restauri non fossero sempre adeguati alle necessità.

La Commissione Franceschini arrivò alla conclusione che era assolutamente necessario cambiare l’impostazione del sistema: non si sarebbe più dovuto pensare a una tutela finalizzata solo alla conservazione del bene in sé, ma a una tutela che tendesse a cogliere il valore di testimonianza storica del bene medesimo. Così, per esempio, è necessario che la società consideri il paesaggio nella sua globalità perché, come sostiene la Convenzione Europea del Paesaggio, “Non è più un paesaggio soltanto estetico di bellezze naturali. Non è più il paesaggio dei centri storici. Paesaggio è tutto l’ambiente in cui la collettività vive”. Solo entrando nella logica di tutelare e valorizzare tutto il nostro contesto ambientale, possiamo creare le condizioni perché ogni singolo bene sia effettivamente tutelato.

Questo è un valore che indica civiltà; “valore di civiltà”, concetto lungamente affrontato e faticosamente conquistato sin dalle prime convenzioni europee. Ricordiamo la prima Convenzione Culturale Europea del 1954 nel riferimento al patrimonio culturale come fattore di crescita dello studio della lingua, della storia e della civiltà dei paesi, perché la cultura è sempre stata fattore d’integrazione fra i popoli. È evidente quindi che il valore del patrimonio culturale non è semplicemente nel mantenimento delle caratteristiche estetiche o del bene culturale in sé, visto in entrambi i casi come opera irripetibile, geniale, straordinaria sotto ogni punto di vista, bensì è nell’essere quel patrimonio espressione della storia del passato e del futuro dei popoli, perché apprezzare i beni e la loro produzione significa valorizzarne la tecnologia, la creatività, la progettualità: valorizzare insomma tutto ciò che fa parte dell’espressione artistica di un’epoca.

I lavori conclusivi della Commissione sono il punto di partenza e di arrivo del libro di Roberto Cecchi. Tutto il percorso è arricchito dalle numerose esperienze personali e professionali dell’Autore, confrontate con gli esiti dei lavori della Commissione, così come le amare conclusioni. Non si possono negare le perplessità che esistono sulla capacità effettiva delle misure adottate in questi ultimi anni per superare i problemi del nostro settore; è sin troppo evidente che la nostra amministrazione attraversa una fase di sofferenza e per comprenderne le ragioni sarebbe opportuno fermarsi per analizzare in maniera approfondita le varie problematiche. Il rapido e frequente succedersi di riforme, in una società che vive su tempi frettolosi e che, nel vivere i propri profondi cambiamenti, fatica a mantenere i valori tradizionali senza riuscire a crearne nuovi non può consentire la comprensione vera di quelle problematiche percepite nella quotidianità. È essenziale provare a capire perché i malesseri che la Commissione Franceschini segnalava già nel 1967 risultino gli stessi che emergono dalla lettura della realtà attuale. Questo non può essere determinato semplicemente da una carenza di risorse finanziarie o umane, che pure esiste e in forma grave; altre devono essere le ragioni e, se vogliamo che il richiamo del Costituente all’importante funzione che devono assolvere i beni culturali come sviluppo di conoscenza e di cultura possa trovare attuazione, è necessario che ciascuno rifletta su quei valori, li faccia propri, stimolando la crescita di quella coscienza civile che, sola, permette di cogliere nel nostro patrimonio nazionale il valore di testimonianza di civiltà.