L'INDUSTRIA INTELLETTUALE

Qualifiche dell'autore: 
art ambassador, brainworker, scienziato

Io vengo qui, a Carpi, dopo che, da tanti anni, sono stato sui libri di Niccolò Machiavelli, che, da qui, aveva scritto lettere che sono preziose, importanti, a un amico, Guicciardini, che era governatore a Modena. Con Leonardo e con Machiavelli e con Ludovico Ariosto nasce quello che si chiama il rinascimento: prima c’è l’umanesimo, ma questo è il rinascimento. L’incontro tra Leonardo e Machiavelli è durato per circa quattro anni e questo ha segnato la scrittura di Machiavelli. Machiavelli si accorge di qualcosa, che Leonardo chiama l’artifiziosa natura e, quindi, ciò che importa, per lui, è il fare. Una novità assoluta: Niccolò Machiavelli introduce la industria. Non c’era un luogo chiamato industria e quelle che sono chiamate industrie, due secoli dopo, tre secoli dopo, sono un’altra cosa, rispetto a la industria di cui parla Machiavelli. “La industria vale più che la natura” e, poi, dice qualcosa di essenziale, a proposito dell’industria, quello che Leonardo chiamava l’ingegneria, ovvero la poesia. Leonardo, ingegnere e poeta, ossia scienziato. Leonardo è un artista che inventa la scienza. La scienza che poi Vico chiamerà la “scienza nuova”, partendo proprio dal fare, per questa ingegneria, per questa industria, per la battaglia stessa, che è l’arte della guerra di Machiavelli, che è l’arte della politica. Ma non è la politica di Aristotele, non è la politica fondata sulla logica del sì o del no, è la politica dell’ospite, la politica del tempo che non finisce, la politica dell’Altro, che non può essere espunto, non può essere personificato, né giustificato, né giustiziato, non può essere rappresentato. La politica altra. La politica intellettuale. E l’industria è l’industria della parola, l’industria intellettuale. Anche l’impresa è l’impresa intellettuale. Sia per l’impresa sia per la battaglia — e la migliore battaglia è la battaglia di Anghiari, in cui non ci sono morti, solo uno perché è caduto da cavallo — è la battaglia senza nemico, dove l’Altro non possa essere rappresentato nella dicotomia, nell’animale anfibologico amico-nemico.

Scrive Machiavelli: “E perché sono di tre generazioni cervelli”: poi è chiaro che si sofferma su una, quella che a noi interessa, ed è il cervello che capisce, discerne, ragiona e intende. L’imprenditore capisce, discerne, ragiona e intende. Tra il ragionare e l’intendere, l’ascolto: le cose si ascoltano e s’intendono, se il tempo non finisce. Se è l’idea di fine a instaurarsi, allora l’ascolto non può entrare in gioco. Senza l’idea di fine, senza l’idea di fine del tempo, senza la verità come causa finale. Machiavelli dice che la verità è effettuale, non rientra nella causa finale, non è qualcosa da inseguire e da porre su una bandiera; è la verità effettuale. Effetto di che cosa? Della qualità. Della cifra. Qualità lontana da quella ontologica, qualità della vita, qualità della parola. Cifra della poesia. Cifra dell’impresa. Cifra della città. Cifra del viaggio. La città è in viaggio, l’impresa è in viaggio. Con il rinascimento, ciascun elemento entra nel viaggio. Non ci sono elementi immobili, inerti, amorfi. Ciascun elemento è intellettuale, ciascun elemento può divenire elemento di valore. Il cervello è dispositivo di direzione, dispositivo di valore. La qualità è il valore intellettuale del viaggio, il valore intellettuale dell’impresa.

Noi possiamo seguire tutti gli scritti, in Europa, negli ultimi sessant’anni su questo tema e troviamo invischiamenti, inceppamenti, in fin dei conti, qualcosa che si può chiamare ideologia, estrapolata dalla termodinamica, come oggi l’ideologia si può estrapolare anche dalla telecomunicazione, senza che c’entri nulla né con la termodinamica, né con la prima rivoluzione industriale né con la seconda rivoluzione industriale. È una valutazione ideologica dell’impresa. Un esercito di professionisti, di psicologi, di sociologi e di tanti altri sono pronti a intervenire, a dire che possono intervenire da tecnici. Molti professori di economia, molti tecnici non hanno mai messo piede in un’azienda. Nel varco tra il ragionamento e l’intendimento il rischio: rischio d’impresa, rischio della riuscita, esige il programma. Tutti questi professionisti e funzionari trattano l’impresa con un pregiudizio ideologico, vengono considerando l’impresa, a partire da un riferimento a qualche sostanza, all’idea di sostanza e anche all’idea di morte. E hanno questo tipo d’ideologia anche certi bancari: l’impresa viene considerata a partire dall’idea di fine. “Ma quando finisce?”. L’impresa è di vita, importa il suo progetto, importa il suo programma, e non quando finisce. “E se finisce male?”. Questa è la gnosi, questa è la conoscenza che queste ideologie intendono apportare. È un approccio psicofarmacologico, psicopatologico, considerando l’impresa come umana, dicendo che l’impresa è soggetta al ciclo, al cerchio. Ma se c’è qualcosa, che dice Leonardo e poi ribadisce Machiavelli è che non c’è più cerchio. Il viaggio non è circolare. Il viaggio è senza ritorno. Non c’è un ritorno all’idea di origine, perché il ritorno all’idea di origine implica l’idea di morte, l’idea di padronanza. L’imprenditore senza l’idea di padronanza, senza l’idea di origine, senza l’idea di ritorno si trova in un movimento verso la qualità, verso la qualità intellettuale.

Per intendere il brainworking, bisogna considerare ancora una volta Niccolò Machiavelli. Si tratta dell’interlocuzione con l’imprenditore e è un apporto intellettuale in un dispositivo, ma ciò che importa è che, in questo statuto intellettuale di brainworker e non come statuto professionale, confessionale o sociale, questo riguardi lo stesso imprenditore. È lo stesso imprenditore che ha questo statuto, se la sua impresa è intellettuale. Noi ci troviamo in una zona, tra Bologna e Parma, a altissima densità imprenditoriale. Ciò che costituisce lo specifico dell’Italia, il valore dell’Italia è questa qualità intellettuale. E è specifico dell’Italia il brainworking. Ciascuna impresa ha da trarre tutto il suo vantaggio, tutto il suo profitto da questo. E dicono ancora, Leonardo da Vinci e Niccolò Machiavelli, che l’arte e la cultura forniscono la definizione della città, nonché dell’impresa; l’arte e la cultura danno la definizione della politica. Non è la politica come tale a dare la definizione dell’arte e della cultura e a esercitare l’egemonia sull’arte e sulla cultura. Di arte e di cultura l’impresa vive. Vive d’ingegneria. Vive di talenti. E l’imprenditore ignora quali siano, in effetti, i suoi talenti. Quando se ne accorge? Quando si trova dinanzi all’occorrenza assoluta, quando aguzza l’ingegno e risponde con il talento. Questo interviene solo facendo. Solo facendo, noi possiamo considerare la parabola dei Vangeli, che il talento non è da seppellire, da conservare, da risparmiare. L’imprenditore, i suoi talenti, non sa quali siano. Se ne accorge facendo. Il fare è l’industria, la struttura dell’Altro. La stessa città è disposta all’ascolto. Dispositivo di ascolto. Dispositivo d’intendimento. Dispositivo di comunicazione.