L'EDILIZIA RESIDENZIALE ESIGE CULTURA

Qualifiche dell'autore: 
titolare Costruzioni Edili Zucchini SpA, Bologna

Intervista di Pasquale Petrocelli

Costruzioni Edili Zucchini SpA ha quasi cento anni. Qual è il vostro specifico?

Facciamo quasi esclusivamente edilizia residenziale privata, non partecipiamo a appalti, ma costruiamo ciò che ideiamo, per poi venderlo. Principalmente, realizziamo grandi complessi residenziali, con quote di commerciale e direzionale, quando previste. Operiamo prevalentemente a Bologna e provincia e siamo usciti poche volte dall’Emilia Romagna.

Nel numero del nostro giornale dedicato al tema Come ascoltare gli edifici, è sorto un dibattito importante per il settore edile…

L’ho letto e, nell’articolo di Carlo Monaco, ho trovato un concetto molto interessante, secondo cui, per le città italiane costruite nel medioevo, i progettisti non hanno progettato gli edifici nel vuoto. Le città erano costituite da un pieno in cui venivano poi inseriti i vuoti: le strade, le piazze, i luoghi pubblici. Trovo che sia un concetto fondamentale. La città è densa per definizione, non è un vasto territorio urbano, e le costruzioni devono essere vicine, quasi come se dovessero sorreggersi fra loro, perché le funzioni devono interagire. Non si può arrivare, come si discuteva anni fa, al punto in cui la regione diventa una città, perché la città è il centro storico, sono i quartieri, che sicuramente si possono migliorare e integrare, inserendo servizi, strade, parcheggi, verde e tutto ciò in cui gli urbanisti sono bravissimi.

Che cosa pensa dell’urbanistica attuale?

L’urbanistica attualmente viene spacciata per scienza, ma spesso vuol dire tutto e il contrario di tutto e, ancora più spesso, si limita a fornire regole d’uso del territorio, con indici e standard che non hanno un criterio ben preciso. Con quale criterio, infatti, si dice che si può costruire il trenta piuttosto che il sessanta o l’ottanta o il dieci per cento? Nell’urbanistica deve trattarsi, invece, del come si costruisce. È qui la grande differenza. Con quale criterio si dice che in un’area di mille metri quadrati possono abitare cinquanta persone, duecento famiglie o dodici? È semplicemente un’idea che qualcuno si fa, quindi, un criterio ideologico. Se l’urbanistica non si occupa del come, ma del cosa si può o non si può fare non è scienza.

Dal dibattito in atto sulla nostra rivista, e non solo, emerge con forza l’esigenza di un rilancio dell’edilizia a Bologna e in Emilia Romagna. Dove occorre intervenire, secondo lei?

Le imprese strutturate come la nostra, per esempio, con l’esperienza e la cultura acquisite, tengono già conto di una serie di regole che vengono applicate per far sì che il prodotto trovi il riscontro del mercato. La nostra cultura ci porta a trovare soluzioni architettoniche e a colloquiare con i progettisti in maniera tale da mettere sul mercato qualcosa che ha già in sé caratteristiche di qualità e di sicurezza. Se invece si devono a tutti i costi rispettare regolamenti, a volte assurdi, è chiaro che il progetto, che tendeva alla qualità, cambia notevolmente. Quando, per esempio, s’interviene in aree già edificate, dover rispettare i ribaltamenti, le altezze e tutto un coacervo di altre norme, condiziona la forma degli edifici in modo incredibile, tanto che l’architettura non può svilupparsi. Una volta le case nascevano quasi spontaneamente, con un inserimento armonico del nuovo nell’antico. Però non c’erano regolamenti che interessavano i ribaltamenti, le altezze e le distanze. Veniva completato qualcosa che c’era già.

Adesso, con queste regole, completare diventa molto difficile. Questo è un meccanismo da mettere in discussione: le regole devono esserci, ma devono essere diverse a seconda del tipo d’intervento, devono avere maggiore elasticità. Poi, chiaramente, vanno fatti i controlli delle commissioni edilizie e degli altri organismi competenti. Le regole fisse, e soprattutto i divieti, non permettono ai nostri architetti e ai nostri progettisti di essere né ideativi né propositivi. Se le regole diventano sistemi che li condizionano e li omologano, essi perdono anche capacità progettuale. Se occorre solo rispettare certe regole si rimane sempre uguali. È molto importante che si discuta di questo aspetto.

A cosa state lavorando attualmente?

Stiamo completando un grande intervento a San Lazzaro di Savena, dove abbiamo costruito circa sedicimila metri di superficie residenziale, commerciale e direzionale. Incominceremo un’opera leggermente più piccola a Borgo Panigale e, fra poco, ristruttureremo Villa Maria, a Bologna, finora casa di cura, da cui ricaveremo appartamenti. E poi c’è un grande intervento in cantiere: stiamo partecipando, sempre a Bologna, alla riqualificazione del quartiere Navile in accordo con il Consiglio di quartiere, il Comune e i laboratori di urbanistica, che si accingono a ripensarlo attraverso nuove funzioni d’uso. Speriamo d’incominciare presto perché sarà un intervento bellissimo, anche per la città.