UN APPROCCIO NUOVO ALL’ECONOMIA E ALLA FINANZA

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economista, già direttore del Programma Relazioni Internazionali della Webster University di Ginevra

Vorrei ringraziare gli organizzatori per avermi invitato a questo forum (La riuscita. Quale economia e quale finanza per le imprese dell’Emilia Romagna e del pianeta, Borsa Merci di Modena, 27 marzo 2009), che convoca relatori del mondo dell’economia, dell’industria, dell’università e affronta tematiche che vanno dall’ambito psicanalitico a quello bancario e a quello economico. È una modalità importante soprattutto per affrontare la crisi, che ci pone di fronte non solo a problemi da risolvere, ma anche a opportunità da cogliere.

Questa crisi è stata improvvisa e globale, vastissima ma anche rapidissima e ci ha gettato in una grande incertezza e indeterminatezza per le diverse situazioni di fronte alle quali ci troviamo. Innanzitutto non sappiamo dove siamo, né quanto rapidamente dovremo ancora scendere, fino a che punto la crisi peggiorerà e quando troveremo le soluzioni giuste. Ma non sappiamo neanche dove dovremmo essere, non abbiamo un’idea chiara di come recuperare e ripartire.

Dobbiamo ricordare che siamo riusciti a superare le due grandi crisi precedenti e dobbiamo conservarne la memoria. Ma è importante anche innovare. Gli sforzi di per sé non hanno valore, se non sono accompagnati dall’innovazione. Dobbiamo riuscire a riorientare i nostri obiettivi e i principi che sono alla base delle riforme e che dovrebbero riguardare le istituzioni e le politiche di mercato.

Considero ancora fondamentale la presenza degli stati nei mercati. Purtroppo, spesso si è pensato che una forte economia di mercato potesse funzionare anche senza un forte intervento dello stato, ma non è così: ci è stato insegnato dalla storia dei decenni più recenti, ma anche dagli anni cinquanta, sessanta e settanta, in cui, anche se il mercato era libero, lo stato assicurava che funzionasse correttamente. È vero che non tutti i mercati sono identici e, quando si parla di mercati, si parla anche di borse – quindi di mercati in continua oscillazione, anche forte –, ma ci sono altri mercati che conoscono un discreto equilibrio.

Parliamo ora del sistema monetario e di quello finanziario. Il sistema monetario riguarda il settore pubblico, è un servizio e un bene pubblico ed è garantito dallo stesso sistema pubblico a favore dell’economia. Purtroppo, nel corso degli ultimi anni, l’ambito monetario e quello finanziario sono andati sempre più confondendosi, mentre dovrebbero rimanere separati e distinti, per evitare, com’è avvenuto di recente, che la finanza prenda sempre più il sopravvento sul settore monetario e le banche centrali abbandonino la loro funzione e responsabilità di garantire una chiara separazione fra questi due ambiti e il loro sostegno al sistema monetario. Questo vale ancora di più se pensiamo che la finanza è diventata globale, mentre non è accaduta la stessa cosa al sistema monetario, che continua a rispecchiare realtà nazionali. È un paradosso che non riusciremo a risolvere finché il sistema monetario non sarà anch’esso globale e non seguirà una politica globale.

La mia proposta più immediata per la gestione della crisi è quella di passare dall’indifferenza all’impegno. Molti dicono che stanno lottando contro la crisi, ma non specificano ciò che stanno facendo. Il problema non è soltanto quello di affrontare la crisi attuale, ma di trovare un altro approccio all’economia e alla finanza. Oggi l’improvvisazione è all’ordine del giorno e stiamo navigando a vista. Ma così rischiamo di ripetere quella stessa tendenza a vedere le cose a breve termine che ha determinato la crisi che stiamo vivendo oggi e di passare da una prospettiva a breve termine all’altra, senza risolvere il problema alla radice. Basti pensare che sono state prese decisioni per milioni di miliardi, basandosi su documentazioni da molti ritenuti sufficienti, mentre non lo erano affatto.

Insisto sull’esigenza di riforme a lungo termine. È necessario ripristinare e rinnovare tutto l’ordine monetario internazionale, non soltanto quello regionale o nazionale. È necessaria una riforma del Fondo Monetario Internazionale, che è un’istituzione comune e può diventare fondamentale per tutto il sistema. Un aspetto significativo di tale questione riguarda l’introduzione dell’euro da parte dell’Europa. Nonostante sia stato spesso criticato, a rischio di sembrare brutale, dico che, senza l’euro, oggi l’Italia sarebbe nelle condizioni dell’Ucraina.

Per quanto riguarda le opportunità che possono emergere dalla crisi, indubbiamente occorre rafforzare l’iniziativa economica, perché l’economia è alla base della ricchezza. Il mercato deve diventare più dinamico e il controllo di monopolio dovrebbe essere esercitato a livello globale. Non è ammissibile che il bilancio della JP Morgan – che era di sei miliardi di dollari quando ci lavoravo negli anni ottanta –, oggi rappresenti il 15 per cento del PIL degli Stati Uniti: è una vera esagerazione. Pertanto, è necessario intraprendere riforme a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Se è vero che occorre un decentramento delle operazioni, è altrettanto importante insistere su una loro internazionalizzazione. Nessuno nega che la concorrenza sia inseparabile dall’economia di mercato, ma occorre anche più solidarietà nel mondo, perché non c’è riuscita senza la solidarietà.