PERCHÉ BOLOGNA CAPITALE

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giornalista

PERCHĖ BOLOGNA CAPITALE

Bologna negli ultimi anni ha visto sempre più ingrigire il suo mito di città internazionale, all’avanguardia nella cultura e nell’impresa e, in breve tempo, sembra aver perso la capacità di fare progetti andando oltre i luoghi comuni. Tutto questo, apparentemente, nell’indifferenza dei cittadini. Ma davvero questo silenzio deve essere inteso come assunzione passiva di un declino? Forse, le cose stanno diversamente. 

Lungo il dibattito sul destino della città di Bologna si è costituita l’Associazione Metrò Sviluppo Bologna Capitale, che, partendo dal progetto per il metrò, ha avanzato nuove proposte per la città, che tengono conto di vari aspetti quali la mobilità, l’implosione demografica, l’internazionalizzazione della città, il degrado, lo sviluppo dell’economia, i costi della burocrazia, l’inquinamento atmosferico, la scuola dell’infanzia, lo sport e, soprattutto, la cultura come motori di sviluppo della città. Si tratta non solo di proposte, ma di progetti pragmatici che si prestano a essere realizzati, favorendo un’aggregazione politica su questi temi come finora non era mai avvenuto.

Alcuni protagonisti di vari ambiti della vita della città hanno esposto le loro ragioni di appoggio del progetto di Bologna Capitale, che recentemente è giunta a proporre il proprio presidente, Daniele Corticelli, come candidato sindaco di Bologna.

ENTRARE NELL’EUROPA DELLE CITTÀ

Giorgio Praderio

architetto

Il progetto di Bologna Capitale non è circoscritto alla questione della metropolitana. Si può pensare che corrisponda a un’esigenza di primato di Bologna su altre città, invece è un richiamo al senso di responsabilità. Bologna ha tutte le caratteristiche per ricoprire fino in fondo il ruolo che ha sempre avuto, per posizione territoriale e composizione urbana, nello scenario internazionale, dove la competizione si è fatta durissima, in un momento in cui assistiamo, con l’ultimo crollo delle finanze internazionali, al passaggio radicale dalla modernità alla post-modernità. Quindi, Bologna Capitale vuol dire entrare nello scenario almeno europeo, nell’Europa delle città che sanno dialogare e anche competere tra di loro, ma dove non c’è più posto per vetrine e atteggiamenti da isole e isolati. Bologna deve smetterla di fare la Peter Pan e deve tornare a crescere, proprio come un organismo che è in possesso di un corpo sano, una mente propria e un grande cuore.

Trovo interessante – ed è uno dei motivi per cui ho aderito alla lista di Daniele Corticelli – l’approccio “per progetti” al governo della città, perché va oltre il mero programma elettorale e non ha paura di sporcarsi le mani con le cifre e con i modi differenti di realizzare le singole proposte, pur non abbandonando il concetto di pianificazione della città, che fa parte di uno stile consolidato a Bologna. Lo strumento del progetto è più snello, più concreto, più verificabile, per bilanci, tempi e modi, e diventa progetto ciascuna azione che, partendo dalla città capitale come organismo metropolitano, ne afferra un singolo carattere e lo proietta nel futuro prossimo e remoto. Per esempio, il progetto della Città delle torri, che si occupa della dipendenza energetica, propone che le residue quote edificabili in Bologna si misurino con le questioni del risparmio energetico, del bilancio ambientale, del radicamento territoriale dei giovani e dei costi della macchina urbana. Poi, si potrà anche discutere delle singole iniziative – come quella di spostare lo stadio, di far rientrare i policlinici in un sistema o di costruire una cittadella della giustizia –, ma sono tutti spaccati, sezioni di un’avventura di Bologna che deve fare i conti con le dimensioni imposte dal nuovo scenario.

Ci sono tre livelli su cui affrontare questo scenario all’interno di Bologna Capitale. Il primo riguarda gli elementi necessari, quelli che ho chiamato il corpo dell’organismo urbano, quello delle infrastrutture che a Bologna sono carenti (il metrò, il people mover, il civis, il passante nord e il tunnel collinare) e rispetto alle quali la città registra un ritardo che va assolutamente colmato. Il secondo riguarda gli organi del corpo di Bologna Capitale, i motori, come si dice – l’università, l’aeroporto, i policlinici, i centri commerciali, la fiera –, e di questi occorre una rivisitazione ampia perché sono tutti, a vario titolo, in crisi.

Al terzo livello, che completa gli altri due, c’è il fronte delle possibilità future che Bologna Capitale avrà, se accentuerà la dimensione dell’arte e della cultura (musei, chiese, gallerie), dello sport, della musica e dello spettacolo. Ma aggiungerei la dimensione dell’ospitalità e del turismo, perché sempre più dovremmo fare in modo che il turista abbia motivo di passare per Bologna e lo studente abbia motivo per radicarsi nella città.

UN NUOVO MODO DI GOVERNARE BOLOGNA

Ugo Lenzi

avvocato

Bologna è in declino perché in declino è la filosofia che la governa. Emblematico è l’esempio del people mover, il trasporto rapido monorotaia tra l’aeroporto Marconi e la stazione centrale: se non si raggiungeranno i 4 milioni di passeggeri all’anno (e non si raggiungeranno, perché la navetta ATC che svolge il servizio attualmente ne trasporta 350.000), il Comune ha stabilito di concorrere alle spese con 1.500.000 euro all’anno per i prossimi trent’anni, annunciando così l’iscrizione di un’ipoteca sulle risorse delle prossime generazioni.

Se vogliamo avere una speranza per noi e per le generazioni che verranno, questo modo di governare non può più avere cittadinanza. Il vincolo di bilancio imposto dall’euro e la selezione imposta dalla globalizzazione hanno tagliato alla radice questa politica, lasciando una pianta che avvizzisce lentamente, trascinando la città nel degrado.

Bologna Capitale è la lista di chi non si rassegna a questo destino. È la lista di chi crede sia possibile cambiare una storia, che altri vogliono già scritta, e rilanciare Bologna verso il ruolo che in Italia e in Europa le compete per la sua storia, le sue tradizioni, il senso civico dei suoi abitanti e la sua collocazione geografica.

In questo senso, Bologna Capitale non è né di sinistra né di destra, ma è realmente rivoluzionaria rispetto alla “morta gora” nella quale agonizza la città.

Oggi le giovani generazioni vedono il loro futuro schiacciato dal peso di un debito pubblico e previdenziale che assorbe gran parte delle entrate dello Stato, perché la politica del secolo scorso era la politica della cicala, che vive il presente dando tutto a tutti, illudendosi di procrastinare all’infinito il momento del pagamento del conto. Nel terzo millennio, governare significa andare contro questa vecchia politica con un nuovo metodo.

L’unico modo per fermare il declino senza ridurre i dipendenti pubblici, tagliare la spesa sociale e gli investimenti è quello di garantire alla nostra comunità un percorso di crescita che si realizzi nell’efficienza, nell’eccellenza e nella produttività complessiva del sistema.

Il Comune, da semplice distributore di risorse, deve diventare il motore dello sviluppo, con un’azione di coordinamento e sostegno di singoli, associazioni, imprese e istituzioni evitando, per quanto possibile, di sostituirsi ai soggetti economici: il maestro dirige l’orchestra, ma sono gli orchestrali a suonare.

Se il centro storico medioevale più grande d’Europa, l’Università più antica del mondo, la viabilità nazionale che pone Bologna al centro dei traffici nazionali e, potenzialmente, internazionali, per la vecchia politica sono ancora problemi, al contrario, devono diventare punti di forza da valorizzare e sui quali fare leva per il rilancio economico e sociale.

Questo è possibile se, con spirito imprenditoriale, consideriamo lo statuto di sindaco non come un incarico onorifico di fine carriera o, peggio, di garante di equilibri consociativi consolidati, ma come lo statuto di primo manager della città al quale affidare un programma di sviluppo decennale con obiettivi precisi. Così il programma elettorale smette di essere la lista dei desideri, per divenire un insieme di progetti coerenti, mirati e condivisi con la popolazione che ha la certezza che, se si vince, verranno realizzati presto e bene, perché si autosostengono!

Daniele Corticelli, presidente di Bologna Capitale è una persona che, per competenze, esperienze di vita e storia personale, può essere una risorsa preziosa per la nostra città. I bolognesi se ne stanno rendendo conto molto velocemente, se è vero, com’è vero, che in soli quindici giorni, secondo sondaggi “ostili”, Corticelli raccoglie già il 5 per cento dei consensi mentre altri, nello stesso tempo, hanno perso otto punti percentuali.

PROGETTI EFFETTIVI ED EFFICACI

Giorgio Giatti

imprenditore

In qualità d’imprenditore e cittadino, che cosa può dirci dell’apporto che il progetto Bologna Capitale può dare alla città?

Ho investito molte energie personali nel progetto di Bologna Capitale, supportando fortemente la candidatura di Daniele Corticelli, perché ritengo che, soprattutto per quanto riguarda la politica dell’amministrazione, ovvero della città e delle cose da fare per la città, siamo ormai di fronte a un bivio. Il cittadino non chiede più proclami ideologici, programmi indefiniti o tendenze generiche, ma chiede concretezze. La domanda di concretezza che oggi, anche tramite le contestazioni, i cittadini esprimono, anche a livello amministrativo, diventerà il punto nodale delle prossime elezioni nella nostra città. Quindi credo che Bologna Capitale, con il suo programma pragmatico basato su progetti effettivi ed efficaci, darà una svolta epocale verso una vera politica amministrativa per la città di Bologna.