MIGRAZIONI E INVESTIMENTI NEL MEDITERRANEO: SPAGNA E ITALIA ALL’AVANGUARDIA IN EUROPA

Qualifiche dell'autore: 
docente di Revisione aziendale all'Università di Modena, presidente di PRM

La migrazione è l’aspetto esteriore, finale, di un’evoluzione demografica, sociale ed economica iniziata molto tempo prima della migrazione stessa, è la punta di un iceberg, una piccola parte di fenomeni molto più complessi.

L’immigrazione in un paese si verifica prevalentemente perché l’economia di quel paese ha bisogno di quelle persone come lavoratori, a qualsiasi livello, per mantenere gli standard.

L’emigrazione non è un problema di controllo dei confini o di ordine pubblico interno, bensì il risultato di politiche economiche, sociali e demografiche di tutti i paesi coinvolti.

Le misure di sicurezza intraprese dall’UE, specialmente a partire dal 2002 attraverso il sistema SIVE (Sistema di vigilanza integrato esterno), non hanno bloccato i flussi migratori, ma hanno causato l’organizzazione di nuove filiere per traversare il Mediterraneo e due elementi lo dimostrano: prima lo spostamento dal Marocco alla Libia delle rotte di partenza verso l’Italia e, in seguito, dopo i fatti nelle enclavi spagnole di Ceuta e Melilla, è stato notato un transfert di filiere organizzative che operano in Mauritania e che interessano soprattutto migranti provenienti dall’Africa Occidentale o dal Mali e che tentano di passare in Spagna dalle coste della Mauritania dirigendosi verso nord via mare per circa mille chilometri e passando dalle isole Canarie.

Al contrario, la miseria e la crisi economica in Africa sono diventate molto più importanti e gravi, anche a causa, forse, delle politiche europee nel settore dell’agricoltura e per via delle politiche stabilite dall’Organizzazione Mondiale del Commercio. Ne risulta una posizione di marginalizzazione estrema delle necessità dell’Africa. Al contrario, lo sviluppo dell’Africa necessita innanzitutto di tre fattori: la circolazione delle risorse all’interno dell’Africa, l’instaurazione della democrazia e del buon governo nei paesi del sud Sahara ed in alcuni Paesi del nord Africa, un investimento delle risorse estere più consistente di quelle di oggi. Attualmente l’Africa riceve meno del 2,5 per cento degli investimenti diretti stranieri e comunque questi investimenti non vanno nei settori che creano impiego o ricchezza, ma sono indirizzati a settori sotto il controllo del monopolio pubblico e quindi dei Governi come l’acqua o l’energia, o a settori che non sono concorrenziali e che comunque sono collegati al monopolio pubblico come quelli della comunicazione. Al contrario non si riscontrano investimenti europei nel settore dell’automobile, del tessile o in altri settori industriali, che potrebbero produrre ricchezza diffusa.

È opportuno realizzare uno spostamento a sud della frontiera UE: dal nord al sud Mediterraneo e poi, una volta consolidato il sistema, spostarlo ancora più a sud e sempre più a sud o ad est.

Venendo all’oggetto del nostro esame, “Migrazioni e investimenti nel Mediterraneo: Spagna e Italia all’avanguardia in Europa”, è evidente che i nostri due Paesi devono sviluppare politiche socio-economiche complementari ed integrative, politiche di cooperazione, tra nord e sud Mediterraneo, in campo agricolo, industriale ed energetico incentivando produzioni agricole e industriali, per i grandi volumi, nei paesi del sud Mediterraneo, di contro, incentivare produzioni agricole e industriali di nicchia (prodotti tipici, design, alta tecnologia, ecc.) in Spagna e Italia. Le grandi masse migratorie dai paesi del sud Mediterraneo saranno trattenute dai nuovi insediamenti agricoli ed industriali, le minori quote verdi o blu di migranti, persone istruite e qualificate, continueranno ad essere attratte dalle economie dei nostri Paesi. Il risultato sarà di ridurre lo shock socio-economico della migrazione ed una crescita sociale ed economica per tutti i paesi coinvolti. E’ altresì evidente che tali politiche di cooperazione sono un’opportunità per i nostri Paesi che dovranno necessariamente realizzare, nei Paesi del sud Mediterraneo, infrastrutture (istruzione, trasporti, energia) oltre a nuovi insediamenti agricoli ed industriali e sviluppare un adeguato sistema creditizio.

Recenti ricerche evidenziano l’importanza della transnazionalità dei migranti, i quali mantengono forti relazioni con le città e i villaggi d’origine, che implicano anche scambi e investimenti. A ciò si deve aggiungere una maggiore mobilità e circolarità dei flussi. I minori costi di trasporto e la disponibilità delle nuove tecnologie di comunicazione facilitano e rendono più densi i rapporti. Si incrementano i flussi d’immigrazione temporanea, i movimenti pendolari di andata e ritorno, favoriti dalla prossimità geografica. Questa mobilità risponde alla maggiore domanda di flessibilità nel mercato del lavoro.

Il ruolo più importante delle politiche di cooperazione consiste nel catalizzare e appoggiare le forze sociali e produttive verso dinamiche e su pratiche di forte impatto per l’integrazione sociale ed economica. E a questo proposito la cooperazione decentrata presenta un alto valore aggiunto. Nel caso dei rapporti euro-mediterranei, la cooperazione decentrata può avere un ruolo molto importante nel promuovere, sostenere e moltiplicare i partenariati “naturali”. Un sostegno che deve trovare un quadro e un appoggio a livello della cooperazione governativa Spagnola, Italiana e dell’Unione Europea. Non solo dal punto di vista finanziario, quanto soprattutto nella definizione di nuove politiche con i Paesi del sud Mediterraneo per un maggiore rafforzamento del tessuto delle micro e piccole imprese, del deconcentramento e decentramento politico, del ruolo dei migranti. Si potrebbe quindi concepire un Partenariato Euro-Mediterraneo come una infrastruttura politica macro che potrebbe essere riempita da una pluralità di Partenariati territoriali euro-mediterranei. Facendo leva sulle risorse e capacità locali dei Paesi del sud Mediterraneo rafforzate dalle conoscenze e dalle capacità dei sistemi territoriali Spagnoli, Italiani ed europei.

Questi partenariati dovrebbero essere tuttavia rafforzati dal livello centrale su iniziative di investimento locale in progetti produttivi, di creazione di reti di sicurezza sociale, di realizzazione di infrastrutture essenziali. Si dovrebbero mobilitare maggiori risorse finanziare per offrire non solo assistenza tecnica quanto veri e propri investimenti per lo sviluppo.

In conclusione, si ricorda che il co-sviluppo richiede una coerenza e complementarietà tra politica di cooperazione e politica sulle migrazioni. Se la politica di cooperazione intende sostenere il ruolo attivo dei migranti, la politica migratoria dovrebbe evitare eccessive rigidità e semmai prevedere percorsi per valorizzare la transnazionalità dei migranti, garantendo il rispetto dei diritti dei lavoratori e del diritto ad intraprendere.

A mio avviso, però, occorre partire dall’istruzione: i "double degree", doppi diplomi tra le università spagnole e italiane e quelle dei Paesi del sud Mediterraneo riconosciuti in entrambi i Paesi. Qualche esempio: Udine per la laurea in letteratura austriaca offre un doppio diploma con l'Università di Klagenfurt; o il progetto Poli-Tong, fra la Tongji University di Shangai e il politecnico di Milano e di Torino, con corsi di laurea in ingegneria meccanica ed ingegneria dell'informazione pensati per le aziende italiane che vogliono guardare ad oriente. Ancora, Bocconi che ha stretti rapporti con l'India e con la Russia; Ca' Foscari, a Venezia, che offre un doppio master universitario di secondo livello in management dei beni e delle attività culturali, ESCP-EAP, con una prestigiosa grande Ecole francese.*


*Intervento tenuto all'8° FORO DI DIALOGO SPAGNA ITALIA (Toledo 19 e 20 ottobre 2007)