L'ACQUERELLO DI DIO

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Ringrazio la casa editrice Spirali per avere pubblicato il mio libro L’acquerello di Dio e soprattutto l’editore Armando Verdiglione, che mi ha fatto una bella intervista, in esso pubblicata, con la quale mi ha provocato a raccontare della mia vita senza falsi pudori. Il libro è un’attendibile testimonianza del mio cammino artistico, che dal realismo poetico approda al realismo informale e astratto. Sembra contraddittorio accostare il realismo all’informale e all’astratto, eppure, anche le opere più astratte sono sempre derivate da un’estrema e assoluta sintesi della realtà, della quale ho bisogno per ricevere le sensazioni che poi trasmetto. Per questo, tutta la mia produzione artistica corre sul crinale dell’informale, dell’astratto e della realtà, a seconda che il mio sguardo si rivolga fuori o dentro di me. Se ho davanti un paesaggio ridente, sono catturato da quello che vedo. In un ambiente chiuso come il mio studio, d’inverno, mentre fuori piove, è invece più difficile soffermarsi sugli oggetti, ed è così che i miei paesaggi diventano paesaggi della memoria, come li sogno, non come sarebbero nella realtà. A volte interpreto la realtà, altre volte ciò che alimenta le mie opere è il sogno. Spesso la realtà è grigia, mentre il sogno è più colorato, per questo i miei colori si sono liberati dalla realtà, sono quelli che invento: più forti, più puri, più belli. Perciò sia il disegno sia il colore seguono percorsi interiori fantastici. Ciascun acquerello è un tatuaggio della memoria, un momento particolare costituito da sensazioni esaltanti, e quando lo riguardo è come sognare, è come guardare un album dei ricordi che mi parla del passato; spero che suscitino le stesse sensazioni anche in chi li guarda.

Non dovrei essere io a parlare, ma le mie opere. Tuttavia, voglio riprendere alcune riflessioni riportate nel libro. Per esempio, in un brano noto che l’acquerello è bello perché ciascuno lo inventa. Per quanto mi riguarda, dipingo l’acquerello da sessant’anni, è diventata la mia specialità, e oggi, in un momento in cui tutti si specializzano, anche nell’arte può essere interessante che ci sia chi affina una tecnica in particolare. I segreti dell’acquerello sono come quelli del cercatore di funghi o del pescatore, ben custoditi da chi li ha conquistati con tanta fatica. Ciascun acquerellista ha studiato e si è esercitato per sviluppare una tecnica e non ne parla con nessuno. Spesso, dopo le mostre, sono stato invitato da altri pittori a spiegare come avessi ottenuto lo speciale effetto marmorizzato: non so che cosa abbia risposto, sicuramente una bugia, perché è giusto che ciascuno tenga per sé le proprie invenzioni.

In un altro brano, definisco i miei acquerelli la mia scrittura: ciascuno ha il proprio modo di esprimersi, io mi esprimo con gli acquerelli. È difficile spiegare perché nella mia vita ci sia stata una continua evoluzione e una continua trasformazione sia nel modo di dipingere sia nell’idea della pittura. Sono combattuto tra realtà e invenzione, nei miei acquerelli c’è la realtà ma anche l’invenzione, e la seconda è più difficile della prima, perché la realtà si vede fuori, mentre l’invenzione è dentro. Guardare dentro di sé è molto difficile, ma io mi sono sentito provocato dalle domande dell’editore e amico Armando Verdiglione, e non ho avuto scampo. Ora queste risposte sono nel libro e chi è incuriosito può leggerle, anche se per capirmi è meglio guardare i miei acquerelli.