URGENTE IL DIALOGO FRA IMPRESE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Qualifiche dell'autore: 
amministratore unico di S.C.E. Elettronica, Modena

S.C.E. Elettronica dà un esempio dello sforzo straordinario che alcune aziende stanno compiendo attraverso l’investimento di risorse importanti per mantenere costanti ricerca, sviluppo e occupazione, in un momento di difficoltà generale come quello attuale…

Lo scenario che si profila è preoccupante: in seguito alle trasformazioni in corso, fonti ben informate annunciano che oltre 400.000 aziende europee diventeranno proprietà d’imprenditori cinesi nei prossimi cinque anni. Ciò condizionerebbe in parte la situazione economico-politica e l’Europa vedrebbe modificarsi molti dei suoi valori culturali. Occorre riflettere intorno a questi argomenti e smettere di aspettare che siano solo gli imprenditori a cambiare, occorre iniziare a cambiare gli uomini e le procedure obsolete e rigide che fanno della pubblica amministrazione un freno anziché un supporto alla crescita dell’economia e della società. Non possiamo più accettare la mancanza di dialogo fra il mondo delle imprese e quello della pubblica amministrazione. La nostra indignazione è forte quando aumenta l’incidenza dei costi per adeguamenti a norme astratte, che sembrano redatte da chi non ha mai lavorato un solo giorno in azienda.

Può fare qualche esempio?

Basti pensare agli adeguamenti necessari a seguito dell’introduzione del D. Lgs. 81/2008 (ex 626), sicuramente indispensabili in un comparto del mondo del lavoro trascurato per molti anni, ma che oggi sono portati all’esasperazione: che in reparti, dove il materiale più pesante che viene spostato è di pochi chilogrammi, si debbano acquistare scomodi zoccoli da fare indossare obbligatoriamente ai nostri tecnici elettronici, mi sembra un accorgimento inutile e fastidioso. Sarebbe opportuno applicare le regole usando buon senso ed elasticità e capire che ciascun mestiere ha esigenze differenti.

Per fare un altro esempio, all’interno di un nostro capannone sono state da poco installate caldaie tedesche a norma CE, ma, secondo l’ente che ha effettuato le verifiche, alcuni tubi non sono a norma e devono essere sostituiti con equivalenti a marchio italiano, pena il non ottenimento della certificazione. Mi chiedo quale valore aggiunto alla sicurezza dia la sostituzione di componenti prodotti dall’azienda leader in Germania. Ma la cosa ancora più assurda è che, sebbene la nostra azienda sia nata nel 1978, questa sede è stata costruita solo dieci anni fa e all’epoca avevamo richiesto e ottenuto certificazioni e autorizzazioni necessarie. A soli dieci anni di distanza, siamo obbligati a rivedere e modificare gli impianti di allarme, antincendio e la struttura del magazzino, arrivando a “investire” oltre 100.000 euro di adeguamenti, in un momento in cui siamo in forte sofferenza economica e finanziaria.

Aggiungo che noi, come tante altre aziende, ci siamo trovati di fronte a interlocutori in contraddizione fra loro per tempi e contenuto dei pareri rilasciati: la mancanza di un quadro d’insieme ha impedito una corretta programmazione degli interventi, costringendoci a cambiare direzione in corso d’opera ed effettuando scelte non razionali, che hanno comportato un inutile dispendio di energie economiche e di tempo improduttivo. In alcuni casi, la tempistica nelle risposte da parte degli enti preposti era talmente dilatata che, nonostante gli impianti fossero a norma, abbiamo dovuto sospendere per sei mesi l’utilizzo del marchio ISO9000, in vista dell’ottenimento del certificato finale. Allora, soprattutto in un momento di crisi, credo che si debba proseguire con estrema apertura e attenzione ai bisogni e ai ritmi dell’impresa e che i funzionari delle istituzioni debbano compiere uno sforzo in direzione dell’ascolto, anziché applicare rigidamente le norme. È messa alla prova anche la capacità d’interpretazione della regolamentazione: esistono casi assurdi nei quali dispositivi accettati a Bologna non ottengono la certificazione all’uso a Modena; siamo al limite del ridicolo ed è inammissibile che in un paese moderno, a soli trenta chilometri di distanza, le norme vengano interpretate e applicate in maniera differente. 

Spesso la pubblica amministrazione invita le imprese a fare rete, ma forse ciascun ente dovrebbe cominciare a fare rete al suo interno e con gli altri enti…

L’interpretazione della norma è importante, ma un’errata interpretazione appesantisce le imprese di oneri ingiustificati, mettendo a repentaglio la loro competitività. Proprio quando è necessario pensare e agire in tempi brevi, la pubblica amministrazione rappresenta un freno. La concorrenza è enormemente agguerrita; in molti paesi oggi nostri competitor, il trend di sviluppo è elevatissimo e noi rischiamo di essere tagliati fuori dal mercato per diversi anni ancora. Compito di ciascuno, quindi, è farsi portavoce affinché la pubblica amministrazione sia maggiormente sensibile a questi argomenti perché, se non si adeguerà in tempi brevi, il nostro paese perderà gran parte del suo valore competitivo.

 La Regione Emilia Romagna in questa direzione ha fatto buone cose, si è adoperata molto ed è considerata un riferimento in Italia e in Europa per la sua attenzione verso il mondo delle imprese. È opportuno seguire il suo esempio e continuare a incentivare l’indirizzo, già in atto, nell’associazionismo fra enti pubblici. Per il resto, è veramente preoccupante l’immobilismo della pubblica amministrazione, mentre alle aziende viene richiesto un impegno costante per creare innovazione. 

È difficile aumentare il livello di efficienza e di organizzazione in una provincia come quella di Modena (il riferimento riguarda le aziende eccellenti), che già ha raggiunto vette altissime: non ci sono ampi spazi di recupero restando invariate regole e gestione della pubblica amministrazione.

Il nostro dovere di imprenditori è quello di provarci; lo faremo con tutta la nostra forza, come da sempre abbiamo fatto, vorremmo però farlo non da soli, perché da soli non si va da nessuna parte.