UNA RIVOLUZIONE NELLA ROBOTICA

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ingegnere, amministratore di SIR, Modena

In questi ultimi mesi SIR Soluzioni Industriali Robotizzate ha introdotto sul mercato dell’automazione industriale un prodotto rivoluzionario, che ha permesso il conseguimento di un risultato da anni vanamente inseguito dai vostri competitor: nel “reparto corse” della robotica, nella bottega di meccatronica modenese, è nato il sistema CubicVision, che consente ai robot di afferrare oggetti di qualunque forma, dimensione e materiale posti alla rinfusa all’interno di un qualsivoglia contenitore. Quanto incide questa invenzione nell’organizzazione e nella logistica di un’azienda?

Il sogno di SIR di costruire la “fabbrica automatica”, un ambiente automatizzato che sia in grado di sollevare l’operatore dai lavori più pesanti e insalubri, ha trovato in CubicVision il suo anello mancante. Qualunque tipo di processo produttivo – dalla fonderia all’automotive, dall’elettromeccanica alla plastica e all’alimentare – si avvale di pallet e cassoni non solo per lo stoccaggio finale, ma anche per la movimentazione, durante le varie fasi di lavorazione, dei singoli componenti che andranno a costituire il prodotto finito. In una linea ad elevata automazione che si avvale di robot, questo processo comporta diverse fasi di montaggio e smontaggio manuale dei cassoni, in cui gli elementi sono posti alla rinfusa, al fine di creare pallet ordinati atti a facilitare il compito di prelievo da parte del manipolatore. Tali operazioni di preparazione di cassoni o pallet ordinati rappresentano un costo importante per l’azienda e una grande complicazione dal punto di vista logistico. Per di più, questo compito gravoso viene svolto manualmente, in ambienti pericolosi, da manodopera che potrebbe essere impiegata in operazioni più redditizie. Ecco perché un sistema robotico come CubicVision, che, grazie allo sviluppo delle tecniche 3D, garantisce il prelievo, sempre e comunque, degli elementi posti alla rinfusa in qualsiasi contenitore – con precisioni che si aggirano sui 2 mm, range di profondità e angoli nello spazio illimitati – è la chiave di volta in grado di rivoluzionare il concetto stesso di automazione.

Potrebbe sembrare un’evoluzione delle tecniche 2D, sviluppate negli ultimi quindici anni, a cui la SIR ha dato un notevole contributo, ad esempio con il sistema VistaVision®, frutto dell’investimento costante nella ricerca e della collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, portata avanti da Davide Passoni, ingegnere e responsabile Ricerca e Sviluppo dell’Azienda…

Non si tratta di una semplice evoluzione, ma di una vera e propria rivoluzione. La tecnologia di visione tridimensionale si è sempre scontrata con l’impossibilità di realizzare un sistema altamente flessibile, in grado di adattarsi a qualunque scenario applicativo o a qualsiasi tipologia di oggetto. Il problema che tutti i competitor hanno incontrato in questi anni risiede infatti in una caratteristica che sembrava intrinseca al 3D stesso: a differenza della visione bidimensionale, la complessità del prelievo alla rinfusa è tale da rendere apparentemente impossibile la determinazione di un metodo generico e riconducibile a tutti gli scenari. Ogni soluzione finora realizzata è rimasta un’applicazione a se stante e limitata a una piccola classe di oggetti. SIR ha intuito che in questa limitazione risiedeva il cuore del problema e che la vera chiave di volta avrebbe potuto essere identificata in un approccio estremamente flessibile, ottenibile con la stesura di una struttura modulare e versatile, capace di adattarsi alle molteplici problematiche ma in grado al contempo di offrire la soluzione migliore per la specifica applicazione. La forza di SIR è stata proprio questa: la capacità di credere nella realizzazione di un sistema con elevate caratteristiche general purpose, che permettono una rapida configurazione al fine di adattarsi a diverse tipologie di elemento, a differenti forme degli oggetti e dei contenitori. Ciò che era lo spauracchio di tutti gli altri competitor è in sostanza divenuto il nostro elemento di differenziazione: altri costruttori di visione, una volta intuito cosa intendevamo realizzare, ci hanno fortemente scoraggiato, sostenendo che era impossibile trovare, nel campo del 3D, una soluzione adeguata alla problematica della adattabilità.

Ma come avete ottenuto questa elevata flessibilità?

Abbiamo dato la precedenza alla possibilità di interfacciamento con hardware completamente differenti e al contempo abbiamo realizzato innumerevoli algoritmi di ricerca, mutuamente esclusivi ma nello stesso tempo complementari, selezionabili dall’operatore a seconda delle necessità. In breve, è questo il processo tecnico da cui è nata l’invenzione: non è stato un parto indolore, bensì un cammino che ha richiesto anni di lavoro, sacrifici e frustrazioni per tutti i componenti del team di ricerca, a causa delle difficoltà apparentemente insormontabili. Ma un vero imprenditore deve portare a termine a ogni costo il programma che si è inizialmente prefisso, senza cedere dinanzi alla paura che qualcosa sia più grande di lui: se un ingegnere o un manager ha la percezione, anche solo a livello di fantasia, che una soluzione sia alla sua portata, prima o poi troverà un metodo o un “veicolo” tecnologico atto al raggiungimento del proprio traguardo. Quando gli Stati Uniti hanno creduto che entro la fine degli anni Sessanta sarebbero andati sulla Luna, avevano solo la vaga percezione che l’impresa avrebbe potuto essere fattibile, ma non sapevano come. 

Eppure in neanche dieci anni hanno trovato la strada per farlo. Oggi troppo spesso c’è chi rinuncia a realizzare qualcosa di nuovo, perché è più facile limitarsi a ciò che è sempre stato fatto, rimanendo da un punto di vista tecnico nel solco della tradizione, vestendo i comodi abiti di un approccio di tipo convenzionale. Se nel mio lavoro avessi accettato le commesse in base a ciò che conoscevo o avevo realizzato almeno una volta, avrei chiuso l’azienda dopo sei mesi. 

Secondo questa logica, non c’è limite al fare…

Certamente. È quello che occorre insegnare ai giovani: mai pensare che tutti gli spazi siano già occupati, c’è sempre posto per chi pensa e opera in modo differente. È chiaro che per applicare questa filosofia occorre perseguire con tenacia i propri obiettivi e non arrendersi dinanzi alle difficoltà. Pensiamo a Steve Jobs: quando ha cominciato, nel garage di casa sua, si è dovuto scontrare con colossi dell’informatica che proponevano tecnologie già consolidate. La sua scommessa è stata quella di pensare cose che nessuno aveva mai immaginato prima, prendendo spunto dalla vita quotidiana ma evitando al contempo di ragionare come ragionano tutti. È un approccio che dovrebbero avere non solo gli imprenditori, ma anche i collaboratori, contribuendo con le proprie idee allo sviluppo del prodotto: la riuscita dell’azienda è infatti anche la loro riuscita. Se ognuno di noi lavorasse pensando che l’azienda sia un bene di tutti, se ognuno percepisse il paese come la casa di tutti, allora davvero si arriverebbe a costruire un sistema politico capace di agevolare lo sviluppo anziché frenarlo come accaduto negli ultimi anni, a causa di governi ingessati che non hanno potuto dare corso alle riforme strutturali necessarie per una nazione moderna.

È anche vero che la stampa fa di tutto per dare del nostro paese un’immagine assolutamente lontana dalla realtà…

L’esempio di SIR, depositaria di diversi brevetti e con tremila impianti installati nel mondo, è la conferma che noi italiani non siamo secondi a nessuno. Siamo però costretti a combattere quotidianamente per contrastare questa immagine scorretta che danneggia la capacità di attrazione dei nostri prodotti e delle tante aziende che, come SIR, rappresentano il vero tessuto produttivo del paese: realtà che per decenni hanno investito in tecnologia e innovazione per offrire prodotti di eccellenza, senza il supporto di nessuno, scontrandosi anzi con una burocrazia da cui è necessario difendersi e che non fa altro che aggiungere costi su costi ai già pesanti oneri a cui occorre far fronte. Se i media fossero davvero interessati a questa nazione, dovrebbero dedicare grande attenzione alle realtà industriali italiane che, nonostante le modeste dimensioni, lottano giorno dopo giorno per imporsi sui mercati internazionali. Basterebbe semplicemente raccontare ciò che accade. È emblematico infatti, tanto per citare un esempio, che persino i francesi, campioni di nazionalismo, preferiscano i nostri prodotti a quelli offerti dal loro mercato domestico: non perché siamo più economici (i robot SIR sono anzi fra i più cari in assoluto), ma semplicemente perché i clienti riconoscono il nostro valore aggiunto, la serietà e la puntualità nelle consegne e nel servizio post- vendita, e considerano SIR come una vera e propria “Ferrari” dell’automazione. I clienti stranieri che vengono a farci visita rimangono meravigliati dalla nostra tecnologia, dalla nostra apertura intellettuale che ci permette di spaziare in scenari applicativi completamente differenti, dal modo stesso in cui lavoriamo, tant’è che la pubblicità migliore consiste nell’invitarli in Italia e far loro toccare con mano il luogo in cui le soluzioni nascono. È giunto il momento di opporsi con fermezza allo strapotere dei media, perché le conseguenze che derivano dalla pubblicità negativa che viene fatta al nostro sistema influenzano il giudizio degli investitori a tutti i livelli. Non possiamo più continuare a farci del male, non possiamo più ammettere che la disinformazione arrivi a un punto tale da capovolgere la stessa realtà.