IL COMMERCIO, LE FIERE E I CONGRESSI PER LA PROSPERITÀ DI BOLOGNA

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presidente di Confcommercio Imprese per l'Italia Ascom Bologna e di Cofiter-Confidi Terziario Emilia Romagna

Bologna ha costruito la sua fama sulle sue botteghe e imprese di eccellenza. La chiusura del centro storico al transito delle automobili può essere intesa come indice di efficienza che ci accosta alle più moderne città europee?

L’Associazione Ascom Confcommercio ha espresso parere positivo a un sistema di pedonalizzazioni, a patto però che contestualmente si preveda la dotazione di infrastrutture che favoriscano il traffico di mezzi pubblici con parcheggi capaci e con le necessarie deviazioni, in modo da rendere le aree interessate veramente pedonali e fruibili. Negli ultimi anni abbiamo assistito alla chiusura del centro storico per ragioni diverse: dall’esigenza di ridurre l’inquinamento atmosferico e quello acustico a quella di aumentare il numero di parcheggi destinati ai residenti. Questi interventi però non sono stati inseriti in un programma d’investimenti atti a equiparare il centro storico ai più moderni centri commerciali. Occorre compiere un approfondito studio urbanistico, architettonico e di marketing per realizzare il progetto di una città in cui possano convivere il commerciale e il residenziale. Chiaramente questo presupporrebbe anni di cantierizzazione, oltre che di progettazione, cosa che finora non è mai stata fatta anche per i disagi che procurerebbe alla città, come accade quando si fa un grande investimento. Ma questa è la strada adottata dai paesi più civili del mondo.

Dai pronostici di politici ed economisti, l’anno in corso si annuncia difficile per il commercio in Italia. Quali sono gli interventi che potrebbero incentivarlo e valorizzarlo?

La proliferazione di piccole imprese nate e cresciute all’interno o all’esterno dei centri urbani è una prerogativa tipicamente italiana. Allinearci ai parametri di altre realtà economiche, in modo da avere poche grandi imprese collegate in rete, non comporta rinunciare alla nostra specificità. A Bologna, ad esempio, occorre favorire condizioni di accessibilità, comodità e fruibilità per i consumatori, in modo che i commercianti del centro non siano penalizzati rispetto a nuovi insediamenti extraurbani. L’espressione “No parking, no business” non è stata inventata da noi, ma dai primi centri commerciali del mondo, progettati per favorire il commercio innanzitutto con l’accessibilità, la viabilità e i parcheggi. Anziché impedire l’accesso alla città, occorre dotare Bologna di una superficie sotterranea che accolga le auto e offra i servizi connessi, liberando la superficie esterna e rendendo l’ambiente più accogliente con investimenti per l’illuminazione, per l’arredo e per la riparazione delle strade.

Quindi l’amministrazione dovrebbe destinare maggiori investimenti nelle attività commerciali?

Occorre un sistema che preveda lo sviluppo integrato del commercio, del turismo, dei servizi e delle manifatture che sono al di fuori dei centri urbani. Questo giova anche alla crescita culturale, perché quello che esiste oggi a Bologna e nelle altre città d’Italia è nato anche grazie al mercato. Le chiese, i monumenti e i musei sono nati dove c’erano attività di produzione e vendita. 

La scommessa nel mercato e nel commercio non rappresenta un costo sociale. L’imprenditore, piccolo, medio o grande che sia, rischia di guadagnare o perdere, ma quando si ammala paga con la propria cassa mutua e con i contributi che versa personalmente. Se invece tutti fossero dipendenti dello Stato, il costo per la collettività sarebbe maggiore. Abbiamo la fortuna di avere ancora un’imprenditoria privata e familiare che si è fatta e si fa carico d’investire nei centri storici e nelle periferie, cosa che non esiste all’estero. In qualsiasi metropoli del mondo, si può notare come vi sia un centro urbano importante, mentre l’offerta diminuisce man mano che si procede verso le periferie, dove le attività commerciali sono assenti. Le città italiane sono nate intorno al mercato e lo spirito che ha animato gli urbanisti, gli architetti e la politica nel dopoguerra è sempre stato quello di ricreare le stesse condizioni nelle periferie, offrendo il servizio che c’era nell’agorà con un commercio di vicinato per servire ciascun quartiere. Oggi, in periferia sono nati numerosi quartieri serviti prevalentemente da grandi centri commerciali. Tutto il sistema periferico del commercio delle grandi città ne è rimasto spiazzato e si è indebolito. Se queste attività chiuderanno, diventeranno garage e si svilupperà uno scenario di serrande abbassate e passi carrai al posto delle vetrine delle attività, per questo occorre intervenire con investimenti infrastrutturali oppure trovare destinazioni diverse per queste aree.

Qual è l’augurio alla città e al commercio per il nuovo anno?

Speriamo che Bologna sappia premiare e valorizzare la propria vocazione tipicamente terziaria, perché Bologna così è nata e così ha trovato prosperità. Oggi, in prospettiva, non ha altri strumenti di crescita se non quelli delle imprese, del commercio, delle fiere e dei congressi, perché è una città di passaggio che sa anche ricevere e valorizzare quello che ha.