SUPERARE SE STESSI SENZA ESSERE SUPERATI

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ingegnere, amministratore di SIR, Modena

La storia vive di momenti ciclici. A ben guardare, questo periodo di estrema incertezza assomiglia sinistramente a quanto accaduto durante la grande depressione del 1929. Oggi come allora, gli strumenti per superare l’ostacolo e approdare a un nuovo concetto di mercato e di società sono i medesimi. Sono lì sotto i nostri occhi, ma sembra che nessuno voglia vederli o voglia approfittarne. “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. È nella crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni”. Parole potentissime. Sono del più grande scienziato del XX secolo e, forse, di tutti i tempi: Albert Einstein. C’insegnano che dobbiamo smetterla, soprattutto in questo paese, di piangerci addosso, accettando con fatalismo tutto quanto accade, come se fosse un destino predeterminato a cui non possiamo opporci. Queste parole c’insegnano a rimboccarci le maniche e ad andare oltre, perché se il mondo è cambiato, allora dobbiamo cambiare anche noi: è l’evoluzione. Non solo fisica e naturale, ma anche di pensiero, costume, modo di pensare, nel lavoro come nel nostro essere entità sociali. “Parlare di crisi significa incrementarla”, prosegue Einstein, “Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”. È ora di tirare fuori il meglio di noi per approdare a un mondo nuovo e diverso. I meccanismi per vincere questi anni bui sono i medesimi di un secolo fa: superarsi, abbandonare i porti sicuri e sentire ancora una volta l’ebbrezza dell’innovazione e del ricambio. Questi meccanismi non possono essere creati, ma nemmeno distrutti: sono dentro di noi ed è lì che dobbiamo andare a riprenderli. Il ricambio deve riguardare tutta la società: famiglie, aziende, sistema politico, pubblica amministrazione, giustizia. Ma visto che non possiamo pretendere che gli altri cambino, cominciamo intanto a cambiare noi stessi; e chi ancora non ha capito, prima o poi capirà. Tutte quelle procedure, quelle strutture, quei modi di essere che sono ormai fuori dal tempo, ad esempio nella pubblica amministrazione, dovranno essere profondamente trasformati. Dovrà accadere per forza: niente potrà opporsi al cambiamento, a meno che non ci piaccia sprofondare nel declino e nell’oblio. Prima o poi, questo sistema profondamente corrotto, specchio della nostra stessa società, dovrà capitolare: perché è giunto al capolinea, al rimessaggio, alla fine della strada. Sopravvive ancora aggrappato con tutte le sue forze al conformismo e al privilegio consolidato, ma non ha un futuro. Ecco quindi a cosa serve questa crisi: è un’occasione più unica che rara per spazzare via tutto quanto ci ha portato sin qui, alle soglie della rovina. Perché senza la crisi, “tutti i venti sono lievi brezze”, come conclude l’inventore della teoria della relatività. E ora che imperversa l’uragano occorre mettere in atto misure drastiche per salvarsi. Dopo che il ciclone sarà passato, ci sarà bisogno di nuove regole, che non sono poi così difficili da immaginare: sono le stesse che ci eravamo dati nei tempi in cui la voglia di fare, l’orgoglio e l’entusiasmo erano ancora vivi dentro di noi. Cominciamo quindi a ritrovarle sin da ora, qui e adesso: non aspettiamo sempre che sia qualcun altro a incominciare. Il qualcun altro siamo noi, il qualcun altro sarà plasmato da come ci atteggeremo nel nostro vivere quotidiano, da come riscopriremo i valori che in passato ci hanno sollevato, da come incanaleremo l’energia che sempre si genera nei momenti più bui e più tragici, da come andremo oltre la normalità. Andare oltre significa non accontentarsi, ma accettare il gusto della sfida con tenacia e determinazione. Il nuovo deve avanzare, in tutti i sensi: persone nuove, prodotti nuovi, modi di vivere nuovi, concetti e soluzioni nuove. Stoppiamo il riciclo logorante di idee e persone superate, di facce che troppo spesso abbiamo visto spostarsi a destra e a sinistra senza dignità. Abbiamo bisogno di uno stimolo, di qualcuno che ci faccia da esempio, per capire che l’energia che può valorizzare il tutto è dentro di noi, e aspetta solo di emergere. Stoppiamo le mortificazioni che in questi anni ci sono state imposte per colpe non nostre: usciamo allo scoperto e combattiamo contro il mostro a sette teste. Si può fare. SIR nel suo piccolo lo sta facendo, studiando nuovi prodotti, migliorando le soluzioni consolidate, ammodernando struttura e procedure, cercando l’inedito e il bello in ogni piccola cosa, stimolando il personale, spostando l’attenzione verso i mercati esteri, acquisendo nuovi clienti con soluzioni tecnicamente all’avanguardia, ponendo massima attenzione ai prezzi, promovendo la cultura della globalizzazione, annullando qualsiasi forma di spreco. In una sola parola: ci stiamo reinventando, mettendo tutto in discussione, anche il più piccolo dettaglio. Così facendo, l’energia si è sprigionata e gli ingranaggi si sono rimessi in moto. Grazie ai prodotti studiati in un momento non favorevole, siamo riusciti a ripartire. Nel momento in cui poteva apparire più saggio risparmiare, noi abbiamo investito nella progettazione e nella ricerca, al fine di assicurarci un posto non solo oggi, ma anche domani. È così che sono nate le nuove celle di affilatura dei coltelli, le presse di colaggio dei sanitari, la pallettizzazione intelligente, la visione tridimensionale, la smaltatura e la saldatura avanzate: soluzioni che superano la tradizione, introducendo idee inedite, aumentando la razionalizzazione e l’ingegnerizzazione. Soluzioni che superano soprattutto la pigrizia e la paura che proviamo tutti noi nell’abbandonare ciò che è comodo e consolidato. Ma non sempre consolidato è sinonimo di migliore. Dall’energia in movimento sono emerse situazioni che hanno sorpreso anche noi. Abbiamo scoperto che la paura della globalizzazione può essere superata con la cultura e con l’internazionalizzazione del personale. Abbiamo scoperto che una cura maniacale del cliente porta alla fidelizzazione, più di qualsiasi sconto. Abbiamo scoperto che la nostra fantasia tecnica, tipicamente italiana, è unica. E così abbiamo visto grandi aziende tedesche affidarci lavori di notevole prestigio. Perché? Per la flessibilità tipica del nostro modo di pensare, per la capacità di vedere a trecentosessanta gradi, importando orizzontalmente una soluzione da un settore all’altro. L’integratore tedesco è sicuramente capace di eseguire un lavoro a regola d’arte, ma soffre quando deve uscire dagli schemi mentali tipici. E questo è un lavoro dove la rigidezza mentale non è ammessa. Ma a pensarci bene, questo discorso può valere per tutti i settori perché nessuno può vantare la nostra capacità tecnica e la nostra flessibilità intellettuale. E cosa abbiamo scoperto ancora mettendo in moto questa capacità? Che se usiamo il meglio di noi stessi, riusciamo a trovare soluzioni inaspettate a problemi latenti da anni. Abbiamo scoperto che il nostro ufficio tecnico, vero e proprio motore delle idee della nostra azienda, è un bene che va preservato con cura. Le nuove celle di sbavatura e lavorazione di componenti aeronautici sono un esempio del pensare diverso e del superarsi: nessuno aveva mai realizzato niente di simile; nessuno credeva che potesse funzionare. Il fatto che una nota azienda del settore abbia redatto un programma che ci conferisce un ordine di ben quattordici impianti la dice lunga sul potere del rinnovamento. 

Affossiamo quindi il medioevo in cui siamo piombati e usciamo fuori, alla luce del rinascimento. È per questo che alla fiera Tecnargilla abbiamo presentato un robot con le sembianze di Leonardo da Vinci, capace di disegnare sulla tela un progetto di una nuova macchina. Una provocazione, ma con un significato ben preciso. Leonardo simboleggia l’eredità di un patrimonio intellettuale che tutti i paesi ci invidiano. Il rinascimento fu un movimento made in Italy, che portò le arti, le scienze e le tecniche al loro massimo livello di espressione. Recuperiamo i valori e l’orgoglio di quel periodo, per dare vita a un nuovo rinascimento industriale. Come allora, usciamo dal periodo buio e dimostriamo a tutti il valore della nostra mente e del nostro cuore. Abbiamo fatto “rivivere” un Leonardo robotizzato: questo significa che, a maggior ragione, possiamo eccellere nel nostro lavoro, dando nuova linfa ai nostri prodotti. Impegniamoci quindi per traghettare le nostre imprese al di là del guado: esse rappresentano il nostro grande patrimonio, l’ultima speranza per noi tutti. È necessario che l’intera società sia pienamente cosciente del valore del mondo industriale e imprenditoriale italiano: cittadini, lavoratori, sindacati e governo. È quindi giunto il momento di smettere di spremere imprese e cittadini come limoni, di innalzare ostacoli su ostacoli di ogni genere, il cui unico effetto è una perdita continua di tempo e denaro, uno stillicidio di energia che genera solamente sconforto e frustrazione, facendo precipitare la nostra competitività a livelli sempre più bassi. Se davvero vogliamo competere con il resto del mondo, dobbiamo giocare ad armi pari: dovrà essere creato uno scenario economico e sociale che possa permetterci di lavorare nelle medesime condizioni degli altri paesi. Se così non sarà, ogni sforzo o sacrificio del singolo risulterà vano.