OCCORRE UNA RIVOLUZIONE INTELLETTUALE

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presidente di Lameplast Group

Il titolo di questo numero del giornale, Tentare, provare, riuscire, potrebbe essere adottato come emblema del Gruppo Lameplast, che è divenuto leader del packaging cosmetico e farmaceutico, sempre percorrendo strade inesplorate e scommettendo nella ricerca e nell’invenzione di nuovi prodotti, non appena i clienti esprimevano un’esigenza importante. Dopo gli sforzi straordinari compiuti per assicurare, in seguito ai danni del terremoto del 20 e 29 maggio, il proseguimento del progetto e del programma del vostro Gruppo, quali sono le nuove imprese che si accinge ad affrontare?

Per me l’azienda è sempre stata un gioiello con cui accogliere le sfide che venivano dal mercato e fare in modo di vincerle, a volte riuscendoci, altre no, ma non veniva mai meno il desiderio di costruire e di crescere. Oggi, l’indifferenza, se non l’avversione, della politica per l’impresa è tale che lo sforzo maggiore dev’essere compiuto per mantenere quel filo di entusiasmo vitale per continuare a investire in Italia. Sono indignato nel constatare che, in un momento in cui il nostro paese ha bisogno di sostegno allo sviluppo, aumenti sempre più il numero di coloro che, pur avendo responsabilità pubbliche, continuano a fare i propri interessi. E il danno che producono per la nazione non è limitato all’immediato, anche se una Fiat che sta andando all’estero, da una parte, e l’assenza di investimenti stranieri nel nostro paese, dall’altra, dovrebbero essere sufficienti campanelli d’allarme. Prendiamo l’esempio dell’Ilva: è vero che a Taranto muoiono le persone per tumore, ma mi chiedo dove fossero in tutti questi anni le persone che erano addette al controllo. Perché nel nostro paese sembra che si possa intervenire soltanto quando si arriva al limite? Il problema dell’Italia è questo: non c’è niente che funzioni nei tempi e nei modi opportuni e stabiliti. 

I danni dello smantellamento di interi distretti manifatturieri saranno devastanti per le generazioni future, che dovranno confrontarsi con l’impoverimento di una società i cui eroi di riferimento sono diventati i personaggi più chiacchierati dello spettacolo o, peggio, i furbetti che vanno fieri dei loro miseri escamotage per aggirare il diritto, sbandierati in tv come segni d’intelligenza, mentre sono uno schiaffo all’intelligenza. Ma c’è una forte complicità anche dei mezzi d’informazione, che raramente dedicano attenzione a realtà che lavorano e costruiscono. Quante sono le trasmissioni televisive o i servizi giornalistici che raccontano la vita dell’impresa e dell’imprenditore? E dire che l’Italia è in testa alla classifica dei paesi a economia avanzata per il più alto tasso d’imprenditorialità, con 6,6 imprese ogni 100 abitanti. Ha pesato in questi decenni un’ideologia che ha esercitato una grande influenza sulla società civile e ha mortificato la libera iniziativa, accusandola di sfruttamento della manodopera finalizzato all’arricchimento personale. Questo pregiudizio ottocentesco si è riversato anche sulla scuola, che ha orientato i giovani verso professioni lontane dalla manualità, divenuta sinonimo di schiavitù, proprio in un paese che ha avuto la sua massima fioritura nel rinascimento, grazie al lavoro della mano che si svolgeva nelle botteghe e che oggi purtroppo è in via di estinzione, mentre dovrebbe divenire il cavallo di battaglia per la diffusione del made in Italy nel mondo. 

In effetti, l’impresa è scuola di vita, oltre che di stile, e non c’è dubbio che oggi le aziende virtuose assicurano il proseguimento del tessuto economico e sociale del paese, nonostante le difficoltà…

Purtroppo sono veramente poche queste aziende e qui in Emilia sono alle prese con le conseguenze del terremoto, che si sono aggiunte a quello che sembra proprio un tentativo di mettere in ginocchio il ceto medio in Italia. L’assenza di valori e di regole e l’accanimento per i pochi che invece le rispettano stanno portando la società allo sbando. Per tornare alla scuola, per esempio, il pregiudizio che grava sull’imprenditore è lo stesso che è diffuso nella scuola verso l’insegnante, che può essere messo in discussione in qualsiasi momento da chiunque. C’è avversione per l’autorità, come se fosse una iattura: i bambini sono considerati soggetti deboli che quindi devono essere difesi se un genitore o un insegnante li rimprovera, salvo poi ritrovarsi a vent’anni privi di qualsiasi spina dorsale. Come può affrontare le difficoltà della vita chi è stato o si è sempre considerato debole? Se nella famiglia le regole sono state abolite quasi completamente, un giovane non resisterà all’impatto del suo primo lavoro: l’impresa è ancora un contesto in cui le regole devono o dovrebbero essere rispettate, se non altro, perché, come avviene in qualsiasi gioco, senza le regole, non si può nemmeno iniziare una partita. E come può trovare la propria strada un giovane che venga sempre protetto, facendogli credere che potrà fare ciò che vuole, mentre nemmeno lui sa ciò che vuole, perché lo scoprirà soltanto cimentandosi pragmaticamente con la vita dell’impresa o con quella che diventerà l’impresa della sua vita? 

Lei allora dice che la strada non si conosce prima, ma si trova lungo il viaggio… 

Ciascuna volta che ci si accinge a intraprendere una nuova avventura, la riuscita non è scontata, ma, “tentando e provando”, c’è la chance di riuscire. Se un giovane crede di sapere già quale sia la propria strada, non la troverà mai. Quanti sono i laureati che si astengono da attività che apparentemente non sono pertinenti al loro percorso di studi? Invece, se hanno l’umiltà di cimentarsi in un lavoro che li aiuti a mettersi alla prova, svilupperanno capacità che saranno loro utili anche quando troveranno il lavoro della loro vita, o magari intanto avranno scoperto che quello che cercavano era solo un ideale, che non esiste nella realtà. Questo non vuol dire rinunciare al sogno, ma ritrovarlo a un altro livello, più pragmatico, che tiene conto anche delle esigenze degli altri, anziché fare i conti senza l’oste. I giovani che dopo gli studi restano in attesa pensando di trovare il loro lavoro ideale lasciano poi tanti posti a coloro che vengono da altri paesi e che ormai svolgono, per esempio, il 60 per cento delle attività di servizio, con grande serietà e competenza. 

Nel numero precedente del giornale, lei sottolineava l’importanza dell’incontro nella vendita: al di là delle banche dati e delle ricerche di mercato, lei diceva che per capire le esigenze dei clienti e riuscire a inventare sempre nuovi prodotti come fa Lameplast da oltre trentacinque anni, ora come allora, occorre incontrarli e ascoltarli. Questo non vale soltanto nella vendita… 

L’incontro è imprescindibile per chi vuole crescere, attraverso l’incontro si stabiliscono alleanze, si evitano inutili conflitti e contrapposizioni, si capisce che si possono fare tante cose che sembravano impossibili. È quello che dovrebbero fare i nostri politici: incontrare il paese che lavora, in modo da capire che c’è un’altra Italia, che merita di essere valorizzata, anziché penalizzata con carichi fiscali eccessivi e vincoli burocratici assurdi. Eppure, se un politico di sinistra, per esempio, incontra un banchiere o un imprenditore, viene subito messo alla gogna come traditore degli ideali di difesa dei lavoratori. L’incontro, invece, dev’essere promosso per illustrare il programma e magari per discuterlo e ricevere suggerimenti utili a migliorarlo. Nessuna società può crescere se si mantengono gli schieramenti e l’arroganza del potere politico, mentre chi fa economia, a parte pochi grandi gruppi, ha una debole rappresentanza nelle istituzioni. E queste sono le PMI, che tengono in piedi il 95 per cento del tessuto economico. 

Certamente non si può liquidare con poche parole una questione così nodale e vitale per il nostro paese come il rapporto fra economia e politica, ma sono sicuro che, dopo il terremoto naturale e il terremoto intellettuale, occorrerebbe una rivoluzione intellettuale, per avviare una trasformazione radicale della società, mandando a casa chi propone da sessant’anni gli stessi schemi e così non fa altro che aumentare il debito pubblico, con i costi della politica. 

Solo una rivoluzione intellettuale potrebbe far rinascere il paese dopo le elezioni.