APPELLO ESTREMO DELLE IMPRESE ALLE ISTITUZIONI

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presidente di Lameplast Group

La fotografia illustrata da Farmindustria in occasione dell’incontro Produzione di valore. L’industria del farmaco: un patrimonio che l’Italia non può perdere – tenutosi il 18 aprile, all’interno di Pharmintech 2013 – non lascia dubbi sul valore di un settore strategico come quello farmaceutico per il nostro paese: 124.000 addetti, pari a quelli dell’industria tessile, di cui 64.000 altamente qualificati; primo posto fra i settori industriali italiani per intensità di ricerca e sviluppo; secondo posto in Europa, dopo la sola Germania, per capacità produttiva; il 40 per cento delle aziende a capitale italiano; 2,4 miliardi di investimenti annui in impianti tecnologici e ricerca; il 67 per cento di esportazioni, rispetto a una produzione di 26 miliardi; 174 fabbriche sul territorio. Come hanno sottolineato i vertici di Farmindustria, l’Italia deve puntare sul farmaceutico per rilanciare l’economia, ma “l’industria farmaceutica è tutt’uno con il suo indotto hi-tech (di cui il Gruppo Lameplast fa parte), attraverso la tecnologia che unisce le imprese del farmaco a quelle che producono macchinari, fiale, blister e tutto il necessario per la loro attività industriale”. Un indotto che impiega circa 60.000 persone e vanta un export che può raggiungere il 95 per cento della produzione, come ha ricordato lei nel suo intervento all’incontro, dando testimonianza della grande capacità del vostro Gruppo di raggiungere l’eccellenza sui mercati di tutto il mondo…

Nei nostri trentacinque anni di attività, abbiamo sempre scelto di giocare un ruolo di protagonisti nel packaging per il settore cosmetico, prima, e per quello farmaceutico, poi. E lo abbiamo fatto innanzitutto inventando il contenitore monodose, che ha permesso ai produttori di evitare l’uso di conservanti nella confezione, con un enorme vantaggio per la salute dei consumatori, che possono utilizzare il prodotto nella sua naturalità e nella massima igienicità, senza il rischio di sviluppare allergie e intolleranze. Poi attraverso un costante investimento in tecnologia, know-how, competenza e un servizio di altissima qualità, che ci ha permesso di divenire partner dei principali gruppi internazionali dei settori farmaceutico e cosmetico. Basti pensare che negli ultimi quattro anni abbiamo investito oltre dodici milioni di euro per accrescere sempre più il livello di eccellenza della nostra offerta e nel 2011 abbiamo realizzato in dieci mesi un grande stabilimento per la divisione farmaceutica.

Ebbene, come ho ricordato all’incontro di Pharmintech, la maggior parte di quello che avevamo costruito in trentacinque anni, il 20 e il 29 maggio dell’anno scorso, è andato distrutto dal terremoto. In quel momento, la tentazione di non proseguire l’attività era grande, soprattutto quando pensavamo a tutti i problemi che le imprese nel nostro paese hanno sempre dovuto affrontare a causa dei pregiudizi arcaici che gravano sugli imprenditori, che invece dovrebbero ricevere un riconoscimento per il lavoro che assicurano a tante persone, molto spesso mettendo a repentaglio il proprio patrimonio, pur di portare a termine il compito che hanno assunto.

Tuttavia, lo spirito costruttivo che ci assiste ci ha dato la forza di ripartire: siamo stati in grado di garantire nuovamente la produzione nei reparti, mentre continuavano i lavori di ristrutturazione e consolidamento dei rimanenti edifici aziendali fino al ripristino completo delle condizioni di lavoro in sicurezza per tutti i dipendenti. Abbiamo scommesso di vincere anche questa battaglia, credendo nel territorio, nella forza dei nostri collaboratori, che sono rimasti in azienda anche nei giorni più difficili, e nei clienti che hanno dimostrato di voler continuare a scegliere Lameplast Group come partner strategico.

In un momento storico in cui nel nostro paese purtroppo si registra un numero sconcertante di imprese costrette a chiudere (279.000 nei primi nove mesi del 2012: circa 1033 al giorno), la sua testimonianza è essenziale anche per i giovani che hanno bisogno di speranza, oltre che di sostegno per avviare nuove attività…

Sicuramente. Ma non è un caso se l’incontro di Pharmintech s’intitolava Produzione di valore. L’industria del farmaco: un patrimonio che l’Italia non può perdere: lo scollamento fra l’economia e la politica nel nostro paese è tale che ormai siamo arrivati all’esasperazione. Viene da chiedersi se non sia in atto un piano per distruggere il nostro patrimonio imprenditoriale. Se è così, il piano sta avendo successo: tra non molto gli imprenditori diventeranno una razza in estinzione e i pochi superstiti non rimarranno più in Italia ma si trasferiranno all’estero, dove saranno accolti a braccia aperte da chi intende la portata del patrimonio intellettuale che essi rappresentano per lo sviluppo di un paese. I nostri politici invece non solo non hanno fatto niente per favorirli, ma addirittura hanno fatto di tutto per ostacolarli. Quindi non meravigliamoci se c’è chi si ribella, chi è stanco di accettare tutte le angherie che deve subire. Ecco perché è venuto il momento di redigere una mappa delle imprese del nostro territorio, affinché le istituzioni si rendano conto del loro valore. La polizia, i carabinieri, la guardia di finanza, le ASL, oltre che i responsabili delle amministrazioni comunali, provinciali, regionali e statali devono essere in grado di valutare quali sono le aziende serie e fare in modo che queste vadano avanti. Non possono continuare a mettere il bastone fra le ruote, facendo perdere tempo in controlli inutili, che bloccano l’attività di intere giornate dei collaboratori, perché esibiscano documenti, che puntualmente risultano perfettamente in regola. Da trentacinque anni le aziende del nostro Gruppo sono sottoposte a controlli di vario tipo e in trentacinque anni non è mai stato trovato nulla di negativo, anche perché noi produciamo per paesi che richiedono certificazioni ben più rigorose del nostro e per mantenere la partnership con grandi gruppi internazionali dobbiamo superare costantemente le prove a cui sottopongono il nostro processo produttivo, compresi i reparti. Se volessero favorire le imprese, le nostre istituzioni dovrebbero dirigere le loro azioni di verifica solo verso quelle realtà che non rispettano le regole, quindi hanno meno costi e fanno concorrenza sleale a chi, come noi, ha sempre fatto della qualità la propria bandiera. Lasciare che le aziende virtuose lavorino con l’entusiasmo che le contraddistingue è vitale in questo momento in cui occorre rilanciare l’economia, in un territorio doppiamente martoriato dalla crisi e dal terremoto, che ha bisogno di persone che continuino a lavorare e a investire qui: spegnere questo entusiasmo vorrebbe dire assecondare sempre più la tentazione di abbandonare l’Italia, da parte di quanti si sentono abbandonati. Oggi più che mai, occorre collaborazione fra le varie parti sociali: come possono i nostri imprenditori stabilire la direzione per vincere sui mercati internazionali, dove devono confrontarsi con aziende di paesi estremamente agguerriti, se non trovano nelle istituzioni né volontà di crescita, né un programma degli investimenti sul territorio nei prossimi anni? Al contrario, trovano complicazioni sempre maggiori in qualsiasi azione che dovrebbe servire al miglioramento del territorio e devono interpellare decine di consulenti per il disbrigo delle pratiche che ciascuna complicazione comporta per l’azienda. Per di più, le istituzioni non danno mai risposte certe: a un anno dal terremoto, l’erogazione dei finanziamenti alla ricostruzione, che esistono sulla carta, è ancora in attesa di una legge dello Stato. Ma, in questa situazione, occorreva attendere la promulgazione di una legge? Non rientra negli obblighi dello Stato andare immediatamente in soccorso di chi ha avuto danni tanto gravi da una calamità? Ribadisco che questa ha tutta l’aria di una preparazione a tavolino della distruzione del nostro paese. Forse per venderci ad altri paesi, come è già avvenuto per i nostri patrimoni nazionali acquisiti dagli stranieri, di cui resta solo la Ferrari, nostro fiore all'occhiello.

È indiscutibile che abbiamo fatto cose importanti, abbiamo saputo creare tanti posti di lavoro e abbiamo tutte le carte in regola per vincere sui mercati internazionali, ma un altro passo importante da compiere per risolvere i problemi dell’Italia e di ciascun paese dell’Unione è la vera unificazione dell’Europa, con una banca centrale in grado di dare risposte concrete. Il Giappone è in crisi, ma sta stampando denaro. Gli Stati Uniti sono in crisi, ma stanno stampando denaro. L’Europa che abbiamo oggi invece, con la creazione dell’euro, ha comportato solo un costo maggiore per noi italiani, senza che noi abbiamo potuto trarne alcun vantaggio.