IL TERREMOTO INTELLETTUALE PER LA RIUSCITA

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psicanalista, direttore dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Ascoltando le testimonianze delle donne imprenditrici a questo convegno (Il terremoto: dalla resilienza alla riuscita, Medolla (MO), 8 aprile 2013), constatiamo che chi si trova nel rischio assoluto, come l’imprenditore, affronta in modo differente anche il terremoto: chi si avventura in mare non si aspetta che la nave possa rimanere sempre sulla cresta dell’onda. Pur non potendo negare la paura che da un momento all’altro arrivi la tempesta, il capitano di una nave, come il capitano che ciascuno di noi deve divenire per la propria vita, non si metterebbe in viaggio se pensasse ai pericoli che possono attenderlo. Certamente si attrezza per affrontarli, ma non si lascia dissuadere dalla paura, e il suo pensiero è costruttivo, sempre teso a ciò che occorre fare per raggiungere la meta, non a ciò che potrebbe fermarlo. “Siamo scosse, ma non ci fermeremo”, ripetevano alcune donne emiliane nei giorni delle scosse frequenti.
La resilienza viene definita come “la capacità di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzati”. Ma questa capacità non è innata, viene da quella tranquillità che acquisisce chi non vede la fine e la morte in ogni angolo, la tranquillità di chi rischia, di chi ha fede nella riuscita della propria impresa, nonostante la crisi, il terremoto, gli tsunami finanziari o i colpi sferrati per abbatterla. Chi ha un progetto e un programma non ha dinanzi la fine. L’idea che prima o poi il mercato, i soldi, i clienti finiscano, che arrivi un terremoto e spazzi via tutto, non appartiene a chi ha un progetto e un programma, che invece ha dinanzi l’avvenire, e sta in questo la sua forza. L’avvenire presuppone l’infinito, non la fine del tempo e delle cose.
Ma per vivere senza la paura della morte occorre instaurare il mito della madre come mito del tempo che non finisce, il mito che è alla base di ciascuna impresa, indipendentemente dal fatto che sia gestita da un uomo o da una donna. Chi instaura il mito della madre non si lascia fermare dalle avversità della vita e non accetta i blocchi, perché ha priorità differenti da quelle della burocrazia, che tanto penalizza le imprese del nostro paese. Il Manifesto del terremoto intellettuale, che abbiamo redatto insieme ad alcuni imprenditori emiliani il 20 giugno dell’anno scorso, faceva appello proprio all’eliminazione dei blocchi. Oltre a vivere senza la paura del terremoto, chi instaura il mito della madre può intendere che, proprio perché nulla è fermo, può viaggiare e trovare un altro tempo, senza aspettare soluzioni dall’alto, ma cercando e facendo cose che magari non aveva mai pensato di fare.
Nell’Uomo dal fiore in bocca, Luigi Pirandello paragona il terremoto di Messina e di Avezzano all’epitelioma (il “fiore in bocca”) che è stato diagnosticato al protagonista, il quale sta in un caffè, mentre la moglie lo spia da un angolo e vorrebbe che tornasse a casa. Ecco cosa risponde a un avventore che lo invita ad accontentare quella “povera donna”: “Vorrebbe, capisce?, ch’io me ne stessi a casa, quieto, tranquillo, a coccolarmi in mezzo a tutte le sue più amorose e sviscerate cure; a godere dell’ordine perfetto di tutte le stanze, della lindura di tutti i mobili, di quel silenzio di specchio che c’era prima in casa mia, misurato dal tic-tac della pendola del salotto da pranzo. – Questo vorrebbe! Io domando a lei, per farle intendere l’assurdità… ma no, che dico l’assurdità! la macabra ferocia di questa pretesa, le domando se crede possibile che le case d’Avezzano, le case di Messina, sapendo del terremoto che di lì a poco le avrebbe sconquassate, avrebbero potuto starsene tranquille sotto la luna, ordinate in fila lungo le strade e le piazze, obbedienti al piano regolatore della commissione edilizia municipale. Case, perdio, di pietra e travi, se ne sarebbero scappate! Immagini i cittadini di Avezzano, i cittadini di Messina, spogliarsi placidi placidi per mettersi a letto, ripiegare gli abiti, mettere le scarpe fuori dall’uscio, e cacciandosi sotto le coperte godere del candor fresco delle lenzuola di bucato, con la coscienza che fra poche ore sarebbero morti. – Le sembra possibile?”.
Il terremoto ci dice che nulla è fermo e che non possiamo stare ad aspettare, a rimandare, credendoci piccoli, deboli, limitati, di provincia, di periferia. Una delle chance dell’Emilia, in seguito al terremoto è proprio questa: smettere di considerarsi di periferia. Qui possono avvenire, come stanno avvenendo, manifestazioni ed eventi di grande rilievo. Il terremoto deve essere una chance per instaurare un altro tempo e per scrivere il manifesto del terremoto intellettuale, con gli imprenditori e le imprenditrici delle piccole e medie imprese, che rappresentano il 95 per cento del nostro tessuto economico e che stanno resistendo agli attacchi di poteri forti che vorrebbero ridurre l’Italia a terreno di conquista. Questo attacco purtroppo a volte è favorito dalle colonne di giornali che dovrebbero dissipare i pregiudizi ottocenteschi sull’imprenditore, mentre li alimentano, per esempio, mettendo in contrapposizione la vita delle persone con quella delle imprese, accusando gli imprenditori che “sono tornati a lavorare troppo in fretta”, come se non avessero prima di tutto ripristinato le condizioni di sicurezza nei capannoni in cui loro stessi lavoravano con i loro collaboratori. Quello che contrappone aziende e persone è un pregiudizio verso chi produce, vende e trova la riuscita attraverso i propri sforzi, anziché affidarsi a sistemi e apparati. È questo il pregiudizio che dobbiamo sempre più contrastare.
Per questo occorre sostenere riviste indipendenti come “La città del secondo rinascimento”, perché ci sia libertà di parola e valorizzazione delle imprese che non appartengono a blocchi ideologici e non rappresentano interessi di parte, ma sono frutto dell’arte e dell’invenzione che hanno le loro radici nel rinascimento.
 
 
***L'articolo di Anna Spadafora è tratto dal convegno Il terremoto: dalla resilienza alla riuscita, tenutosi a Medolla (MO), l'8 aprile 2013, organizzato dal Gruppo Terziario Donne di Ascom Confcommercio Modena.