LA QUESTIONE DONNA

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Brainworker, scienziato della parola, presidente dell’Istituto culturale “Centro Industria”

L’esigenza di organizzare la seconda edizione del convegno sulla “Questione donna” intesa come questione aperta, che non si può ridurre alla contrapposizione fra uomo e donna, è sorta dalla constatazione che il XXI secolo si è annunciato come il secolo della trasformazione nei vari paesi e nei vari settori. La trasformazione in atto esige sempre più l’instaurazione di nuovi dispositivi nella famiglia, nell’impresa e nella politica.  

Le ideologie del riscatto e della parità per un verso e del femminilismo e del vittimismo per l’altro non bastano più per definire i modi e gli scenari in cui le donne possono trovare la loro specificità, lungo un’integrazione che non divenga unificazione o prevaricazione e oltre l’ideologia aristotelico-naturalistica del genere. Mai come oggi è essenziale affrontare le questioni in modo globale senza negare, anzi promuovendo la differenza e la varietà, evitando che l’esigenza di nuovi valori prepari l’insorgere di vecchi e nuovi moralismi.

Già Freud aveva colto che occorreva esplorare la questione donna lungo le galassie della parola, aveva colto cioè che le donne aprono una breccia nel sistema sociale per un’esigenza di parola. Ma “le donne” non esistono in quanto categoria o genere. Maschile e femminile sono maschere, pertanto non definiscono un’identità, un’appartenenza. Finora le donne sono state intese come segno della mancanza rappresentata, ancora una volta per farne una categoria a cui attribuire una quota nel sistema. L’idea di sistema crea il cerchio, che in quanto tale è chiuso e sarebbe utile a stabilire chi sta fuori e chi sta dentro ovvero prescrive la quota, ben caratterizzata dalle sue virtù e soprattutto dai suoi limiti. Lungo la parola e il fare la quota ha la chance di essere intesa come la quotazione, un’istanza della quantità non ordinale in direzione della qualità. 

Una donna dunque non fa sistema, salvo quando ne fa la parodia inscenando l’invidia sociale, l’invidia per l’altra donna. Nella vicenda di ciascun paese, oggi più che mai, i sistemi eretti contro la differenza non tengono più proprio grazie alle donne, come indica il caso della giovane vincitrice del Premio Sacharov, Malala Yousafzai. La “questione donna” si può intendere allora come questione dell’itinerario artistico e del percorso culturale che giungono al valore assoluto, mettendo in gioco il capitale intellettuale di ciascuno. Intellettuale, ovvero la questione donna sottolinea una funzione di dissidenza strutturale, che procede dalla questione aperta, dal corpo e dalla scena della parola, in cui il corpo non è mai rappresentabile come completo o identico a sé e la scena non è più la scena del reato. La donna tutta, la donna completa, secondo l’ideale maschile materno, non esiste. Se le donne non esistono come categoria, nemmeno è possibile rappresentare “La” donna. “Una” donna mette invece in rilievo la parzialità, la parte. Una donna può giocare la sua parte, non a caso nella famiglia come nel lavoro non è super partes e non si attiene al minimo sufficiente. Una donna entra nella partita intellettuale. La questione donna è la questione dell’itinerario intellettuale, del viaggio verso la cifra, della combinazione fra elementi differenti e vari, è la questione stessa dell’impresa. Questo ho colto nell’esperienza che mi ha portato a intendere che cultura e impresa sono facce della stessa medaglia e non opposti inconciliabili. Contro la questione donna, contro la questione intellettuale che procede per integrazione, si oppone l’idealità, tipica della logica burocratica e non di quella pragmatica dell’impresa e della cultura. L’idealità è sempre debitrice di un’idea unitaria, sulla paura della novità. Quanta tolleranza occorre per fare impresa, quanta accoglienza e ospitalità, e quanta umiltà dinanzi a ciascun interlocutore, che racconta del viaggio in cui si trova. 

La donna del XXI secolo, come ciascuno che si trovi in dispositivo intellettuale, non può fare a meno dell’Altro e occorre che trovi il suo statuto nella parola, oggi più che mai, perché ciascuna cosa non faccia sistema, ma entri nella partita dell’invenzione e dell’arte, della cultura e della tecnica. L’Altro non può più essere il terzo escluso, l’impresa e la città non possono più essere arginate, sul pregiudizio che attribuisce il negativo a chi non accetta il conformismo, a chi si trova in una dissidenza strutturale essenziale per intraprendere un percorso culturale e un cammino artistico, a chi scommette ancora sull’impresa, che non teme la differenza e impedisce il livellamento dei talenti come dei profitti. Senza la questione donna non s’instaura la città moderna. Ecco perché il XXI secolo si annuncia come il secolo che rilancia la cultura, l’arte e l’invenzione come modi non sostanziali per la costruzione della città del secondo rinascimento. 

**Il testo di Caterina Giannelli è tratto dall'intervento al convegno La donna nel XXI secolo. Nuove dinamiche culturali, organizzato dal Lions Club Archiginnasio(Sala dello Stabat Mater, Palazzo dell’Archiginnasio, Bologna, 12 ottobre 2013)