RESTITUIRE L’EMILIA COME NON È MAI STATA

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Qualifiche dell'autore: 
psicanalista cifrematico, direttore dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Per introdurre questo tavolo di lavoro (Restituire l’Emilia in qualità, 25 ottobre 2013, Villa Cavazza, Bomporto), rivolgo a ciascuno una preghiera: nessuno si senta attaccato, escluso o messo in secondo piano, nessuno si senta vittima o si aspetti riconoscimenti per ciò che ha fatto in questi 17 mesi. Non è il momento. Sta a ciascuno dare un contributo, soprattutto di lucidità e intelligenza, come ha fatto nei primi mesi, quando si trattava di prestare soccorso alla popolazione e di mettere in sicurezza gli edifici pericolanti. L’emergenza oggi è nell’assenza di risorse economiche per gli investimenti in ricerca e innovazione che negli ultimi decenni avevano consentito alle nostre imprese di conquistare i mercati internazionali e di contribuire al 2 per cento del PIL del paese. Non possiamo accettare che quelle risorse siano utilizzate per la ricostruzione o per pagare le tasse e lasciare che le imprese, colpite dal terremoto, oltre che dalla crisi, perdano slancio in questo modo. E siamo qui oggi anche per fare in modo che i cittadini ascoltino quanto è stato pensato, quali impegni ciascuno prende e qual è la politica industriale che orienterà le attività pubbliche di queste aree. Ma qui non ci sono politici, funzionari, imprenditori, professionisti, professori, qui c’è ciascuno, e ciascuno, con autorità e responsabilità, si chieda qual è il contributo insostituibile e irrimandabile che può dare per l’avvenire della propria città, provincia, regione, paese. E ricordiamoci che può darlo solo facendo, non rimanendo paralizzato o frenando le procedure per paura di sbagliare: “Molte volte”, scriveva Machiavelli, “per la paura solamente, sanza altra esperienza di forze, le città si perdono”. 
Le autorità locali hanno ottenuto grandi risultati, se confrontati con quelli di altre regioni colpite da sismi precedenti. Ma ciò non toglie che qualcosa non abbia funzionato, se è stato necessario prorogare la scadenza per la presentazione dei progetti dal dicembre del 2013 al dicembre 2014. E, per quanto ciascuno si sforzi per cercare di capire le responsabilità di questo ritardo – inaccettabile, in un’area così operosa e produttiva –, dobbiamo ammettere che purtroppo la causa sta nel sistema burocratico, che ognuno alimenta come cittadino italiano, a sua insaputa e contro la sua stessa volontà. In un sistema che blocca il fare perché si prefigge di attuare i controlli ex ante, anziché ex post, è come se l’arbitro di una partita intervenisse prima che i calciatori commettessero fallo e volesse controllare ogni loro possibile movimento, chiedendo un resoconto dettagliato alla moviola di quello che avverrà, prima di autorizzare l’inizio della partita. E poi, paradossalmente, una volta concessa l’autorizzazione, non controllasse più le azioni dei calciatori in campo. Questo è ciò che accade oggi in Italia e che rende il nostro paese ormai così lontano dai moderni paesi, anche nostri vicini prossimi, che rischiano di popolarsi di nostri connazionali perché lì l’apertura di un’attività richiede tre giorni, non tre anni. 
A chi dice che per fare bene non bisogna avere fretta ricordiamo che l’urgenza non è la fretta. Oggi c’è l’urgenza e l’occorrenza che le nostre imprese ricevano linfa vitale per il loro proseguimento e il loro sviluppo. Solo per questo, ci permettiamo, con l’audacia e il rischio dell’approccio intellettuale, di dare due suggerimenti alle autorità perché diano la direzione a questa nostra battaglia di cittadini colpiti da un sisma che non si vedeva da cinquecento anni e a cui non eravamo preparati: prima di tutto, possono chiedere a ciascun funzionario di adottare un approccio di collaborazione, anziché di controllo dell’operato di professionisti e imprese, presumendo di dover scovare il difetto a tutti i costi; in secondo luogo, possono farsi promotrici di un progetto pilota rivoluzionario per il nostro paese. Il terremoto ha fornito la prova che nulla è fermo, che ciascuno di noi è in viaggio: perché non proporre un disegno di legge che preveda, almeno nelle aree colpite da catastrofi naturali, i controlli a valle delle operazioni di ricostruzione, per consentirne la tempestività e rilanciare l’economia, prima che sia troppo tardi?
Per chi, come noi, con il nostro giornale “La città del secondo rinascimento”, ha modo d’incontrare gli imprenditori e di valorizzarne l’immenso patrimonio industriale, come quello culturale e artistico, è motivo di grande dolore, ma anche di stimolo, ciò che ascoltiamo, la loro solitudine, la loro indignazione, senza mai vittimismo. Dagli imprenditori abbiamo imparato che nulla si fa senza la scommessa di riuscita. Questo vorremmo divenisse il messaggio di questo primo tavolo di lavoro: oggi dovremmo enunciare la scommessa che, entro uno o due anni – stabiliamolo –, tutti i lavori di ricostruzione saranno già completati. 
Ciascuno faccia la sua parte, anche i tecnici, pubblici e privati, che mai come in questo momento devono sentire la responsabilità del proseguimento, oltre che del rilancio, di un’area che da sola, prima del terremoto, generava un gettito di imposte dirette e indirette pari a 7 miliardi di euro.
Per chi, come noi, con la casa editrice Spirali, ha organizzato dibattiti con le sovrintendenze di varie città d’Italia, sul tema del restauro, intorno a cui è stato pubblicato il libro di Roberto Cecchi, allora direttore generale del ministero dei Beni culturali, Testimonianza materiale di civiltà, restauro vuol dire restituzione in qualità, non com’era prima o meglio di prima, ma come non è mai stato. Allora, vorrei invitare ciascuno a mettersi in viaggio e a sognare, perché solo così potrà cogliere l’opportunità che abbiamo in questo momento d’inventare l’Emilia dei prossimi cento anni, restituendone la qualità, anche quella che non c’era prima del terremoto, pur valorizzando la memoria e la sua traccia.


*** L'articolo di Anna Spadafora è tratto dall'intervento al tavolo di lavoro Restituire l'Emilia in qualità, (Villa Cavazza, Bomporto, 25 ottobre 2013), organizzato da ANCE Modena, Ardea Progetti e Sistemi, Confcommercio Imprese per l’Italia Regione Emilia Romagna, “La città del secondo rinascimento”.