FORMAZIONE E TECNOLOGIA PER GLI STAMPI DEL FUTURO

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presidente di Officina Meccanica Marchetti Srl, Bologna

Da quarant’anni la sua azienda investe nelle macchine per la costruzione di stampi tecnologicamente avanzati e made in Italy, di cui peraltro fate anche la progettazione. Tuttavia, tendono a scomparire sempre più dal mercato i produttori italiani di queste macchine, che ormai sono fabbricate all’estero per la gran parte. Come spiega questo fenomeno?

In Italia, la scuola e in generale il sistema d’istruzione non hanno tenuto conto dell’importanza della macchina. Il risultato è che, negli ultimi anni, il giovane conclude gli studi con un grande pregiudizio sul lavoro manifatturiero. Inoltre, è diffusa la convinzione che le macchine tecnologicamente avanzate richiedano una minore necessità di manodopera. Questo è falso e va detto con fermezza. La macchina che si adopera nelle industrie richiede semmai manodopera con diverse cognizioni e con un altro tipo di formazione. Faccio un esempio semplice: se chiediamo ai docenti degli istituti tecnici di esporre un principio di lavorazione non convenzionale come l’elettroerosione, che tuttavia esiste dal 1970 e che ha favorito l’avvento dell’automazione, non sarebbero in tanti a saperlo fare. Gli studenti spesso non ne hanno nemmeno sentito parlare e si meravigliano quando assistono a lavorazioni di questo tipo nelle nostre aziende. Eppure, se fossero formati su questi aspetti pratici, il mercato li assumerebbe subito. Spesso, invece, mi scontro con una realtà in cui, anche quando si può lavorare con macchine all’avanguardia, purtroppo non abbiamo le persone preparate per utilizzarle. Nel nostro paese le industrie sono bloccate dall’ideologia contro la macchina e la tecnica. Se osserviamo quanto è accaduto nelle aziende sotto quest’aspetto, scopriamo che non abbiamo più nemmeno dieci aggiustatori, ma undici programmatori. Il valore del manifatturiero non è stato ancora capito. Un nostro fornitore austriaco, ad esempio, analizzando il mercato europeo, ha rilevato che l’Italia è uno dei paesi in cui le industrie degli stampi possono evolvere maggiormente nei prossimi anni. Per tale ragione ha proposto ad alcuni istituti tecnici privati d’inserire suoi tecnici nel corpo docente per insegnare, sia ai docenti sia agli studenti, le nuove tecnologie nel settore. È un discorso prettamente commerciale, ma non disturba minimamente le nostre istituzioni. Sono convinto che chi si avvarrà di questo insegnamento troverà lavoro più facilmente e sottolineo ancora che, se i giovani incontrano difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro, è perché non sono preparati per entrarvi. Questo riguarda anche le modalità attuali dell’apprendistato, che è stato svilito dall’eccesso di regole burocratiche, mentre fino a cinquant’anni fa era concepito in modo da permettere ai giovani di essere apprezzati sul mercato dopo appena tre o quattro anni di pratica.

Tuttavia constatiamo anche che gli operai formati nelle nostre aziende risultano particolarmente preparati, rispetto a quelli di aziende estere…

Certo, nei casi in cui gli operatori, che non definirei più operai, si formano in base alle occorrenze dell’azienda. Ma, ripeto, la preparazione scolastica in campo industriale si è fermata a trenta o quarant’anni fa e questa è la prima ragione delle difficoltà di tutto il settore. Nell’industria non ci si può fermare. Aggiungo che l’apprendimento della tecnologia nelle aziende può migliorare le persone. Una volta c’era maggiore individualismo nel lavoro, invece le nuove tecnologie pongono la necessità di lavorare insieme. Questo è un vantaggio per le persone, per l’azienda e per la società stessa, perché quando si è abituati a fare squadra sul luogo di lavoro, la si fa anche all’esterno. Inteso in questi termini, il lavoro è una fonte di educazione straordinaria e si traduce anche in qualità della vita. Naturalmente occorre fare in modo che le tecnologie non fagocitino gli uomini, ma le persone stanno bene se c’è una direzione, così le tecnologie danno i loro frutti. Il problema è che non ne teniamo conto e le intendiamo una controparte, con la complicità degli enti formativi.

Il caso Fiat in Italia è eclatante in questo senso. Se la Fiat si è trovata in difficoltà è proprio perché le persone che vi lavoravano tante volte si sono opposte alle tecnologie, nella convinzione che togliessero posti di lavoro, e si sono schierate contro, insieme ai sindacati. Confrontiamo la situazione di Fiat ad esempio con quella di Volkswagen, in cui non c’è meno tecnologia che in Fiat. Ebbene, in Volkswagen, l’atmosfera è completamente diversa e i migliori designer italiani operano con soddisfazione per i diversi marchi del Gruppo perché hanno la possibilità di lavorare meglio in un ambiente non ideologico. Allora, occorre incominciare a pensare che la macchina e la tecnica sono cose che servono.