QUALE EUROPA: MINACCIA ISLAMICA O SECONDO RINASCIMENTO?

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psicanalista, cifrematico, direttore dell’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna

Ci ha avvertito Bat Ye’Or, nelle sue recenti conferenze a Modena e Bologna (5 e 7 novembre 2015): non uno spettro si aggira per l’Europa, ma una minaccia incombe sul nostro continente, che rischia di sgretolarsi sotto gli occhi increduli dei suoi cittadini, ignari dei patti scellerati che molti dei suoi alti rappresentanti istituzionali strinsero con il mondo arabo, avidi di potere e ricattati dalla crisi petrolifera del 1973, quando videro nel sostegno alle guerre arabe contro Israele una fortunata occasione per costituire una sorta di terzo blocco, che avrebbe unito le due sponde del Mediterraneo, con la Francia in testa. Ma, come scrive l’Autrice nel suo libro Eurabia: “Avviandosi lungo questa strada, l’Europa entrò in un mostruoso processo di negazione dei valori che pretendeva di difendere e in un processo interno di auto-disintegrazione con conseguenze imprevedibili”. Insiste Bat Ye’Or sugli effetti ormai lampanti di questo autogol segnato da Bruxelles all’insaputa dei cittadini, apparentemente per proteggerli dal terrorismo, ma che in realtà rischia di trasformarsi nella consegna delle chiavi delle nostre nazioni all’OCI (Organizzazione della Conferenza Islamica).
Ma l’allarme più forte che lancia Bat Ye’Or agli europei riguarda la loro ignoranza di vivere nella dhimmitudine, termine da lei coniato sulla base della classifica degli “infedeli” insita nel concetto di jihad: i dhimmi sono quegli infedeli che ottengono protezione grazie a un trattato di resa (dhimma) al dominio islamico. Una delle tante prove fornite dall’Autrice è la continua ingerenza dell’OCI nelle istituzioni occidentali, con la pretesa di dover proteggere i musulmani che vivono in Europa, in quanto esposti alle idee e alle usanze immorali dei non musulmani. Come scrive l’Autrice nel suo ultimo libro Comprendere Eurabia: “L’OCI accusa di ‘islamofobia’ alcuni movimenti culturali e fa di tutto affinché siano sanzionati nei tribunali internazionali e da parte dei governi europei. Nelle società occidentali innumerevoli reti internazionali pro-multiculturalismo, pro-immigrazione e antisionismo, finanziate dai governi europei e dalla UE, sono impegnate a tempo pieno in questa politica”.
Impossibile rimanere indifferenti dinanzi a queste informazioni documentate con rigore estremo da Bat Ye’Or. E tante domande alimentano la nostra inquietudine per il destino dell’Europa: davvero, la civiltà che ha le sue radici nella cultura giudaico- cristiana sta volgendo al declino? Davvero, come diceva Niccolò Machiavelli: “Molte volte, per la paura solamente, sanza altra esperienza di forze, le città si perdono”? O sta proprio qui la nostra speranza, nel fatto che anche Eurabia, come tutti i sistemi, si “perde”, perché si fonda sulla paura?
Lo diceva Armando Verdiglione in una conferenza alla Confindustria di Modena: “La Mecca è una contrada di Atene” (2 aprile 2004, testo pubblicato nel n. 10 della “Città del secondo rinascimento”). Lo stesso sistema di pensiero che sta alla base del discorso occidentale — quella volgarizzazione di Platone e Aristotele che nutre l’idea di impero — possiamo riscontrarlo nel fondamentalismo islamico: sono entrambi frutto della paura della morte eretta a tabù, la morte come altra faccia della sostanza, senza la parola e senza l’intellettualità. I concetti platonici di possessione e padronanza li ritroviamo in pieno negli scritti dell’islam. Come notava Armando Verdiglione nella citata conferenza: “La scuola di Atene viene chiusa da Giustiniano nel cinquecento e i libri della scuola di Atene — Platone e Aristotele — se ne vanno, viaggiano, arrivano a Bagdad. Da Bagdad, arriveranno poi in Spagna, in Sicilia, in Europa. Erano spariti, ma il Corano e gli altri testi sacri dell’Islam sono impregnati del discorso occidentale. È la correzione del cristianesimo, a opera del discorso occidentale. Con altre aggiunte, con costruzioni fantasiose, con altri principi, ma i principi fondamentali sono questi”.
Di questo sembra avvertirci Bat Ye’Or: il rinascimento della parola e la sua industria non possono accettare i fantasmi di padronanza e possessione che fondano il discorso della morte, con i suoi principi fondamentalisti: principio di identità, principio di non contraddizione e principio del terzo escluso.
Il rinascimento e, prima ancora, l’atto di Cristo, come atto della parola originaria, sconfiggono questo discorso della morte. Così possono sorgere le arti e le invenzioni, la scienza, la politica dell’ospite e la sessualità, senza la paura delle donne e della differenza.
Allora, la nostra battaglia di civiltà non è contro il nemico che avanza, ma esige innanzitutto che venga dissipata la paura. L’Europa non tramonta, se i suoi cittadini, anziché fare le cose per paura — avendo il negativo, il male, la morte dinanzi —, danno un contributo all’arte, all’invenzione, all’impresa e alla civiltà del secondo rinascimento, al dibattito e al pensiero, come fanno gli autori di questo giornale. Perché la civiltà si basa sulla parola, non sulla morte e sulla paura della morte. Con l’atto di Cristo, non è più possibile vivere nella pena, nella mortificazione, perché anche il corpo, nella parola, è immortale. Con l’atto di Cristo, lo spauracchio della fine del tempo si dissolve: il tempo non finisce, a vantaggio della spazialità pura, a vantaggio del regno di utopia agognato da tutti gli ismi della storia. Nella battaglia di civiltà che occorre combattere ciascun giorno, anziché la paura della fine, importa il modo in cui ciascun imprenditore, ciascun artista, ciascun poeta, ciascuno diviene dispositivo e giunge al valore, parlando, facendo e scrivendo quel Vangelo che è ancora da scrivere. Così, anche il testo dell’islam potrà trovare la sua restituzione nella lettura e essere tratto nel rinascimento, anziché rimanere nelle pastoie omologanti del relativismo culturale tanto caro al discorso occidentale e ai suoi officianti. Così, capiremo che la civiltà o è planetaria o non è. E la parola non ha padroni.