LA RESPONSABILITÀ DELL'IMPRESA PER L'EDUCAZIONE DEI GIOVANI

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presidente di TEC Eurolab Srl, Campogalliano (MO)

A proposito del titolo di questo numero del giornale Battaglia di civiltà, stiamo indagando in che modo l’imprenditore dia un contributo a questa battaglia, anche per il semplice gesto di instaurare dispositivi con i collaboratori, i clienti, i fornitori e altri, che magari non avrebbero occasioni di parola in altri ambiti della società o non avrebbero modo di valorizzare i propri talenti...
La conduzione di un’impresa esige sempre più la formazione intellettuale dell’imprenditore, perché è sempre meno limitata e circoscritta agli aspetti economici e finanziari, quindi alla produzione e alla vendita di beni e servizi. Nessun imprenditore oggi dovrebbe ritenere superfluo occuparsi della Responsabilità sociale d’impresa. Il nostro impegno in questa direzione ci ha portati a partecipare, il 30 settembre 2014, alla costituzione dell’associazione Aziende Modenesi per la Responsabilità Sociale d’Impresa. Mi sarebbe piaciuto però togliere l’aggettivo “sociale”, che evoca immediatamente un’idea di assistenza ai bisognosi, mentre la responsabilità d’impresa a cui dobbiamo puntare riguarda soprattutto il ruolo dell’impresa nel territorio in cui opera e, viceversa, il modo in cui il territorio la considera sua parte integrante.
Considerando che la responsabilità d’impresa oggi contribuisce anche alla produzione di valore, la nostra azienda ha posto alla base del proprio sviluppo due principi essenziali. Prima di tutto, il principio che la creazione e la distribuzione di valore realizzati dall’impresa non possano prescindere dal capitale intellettuale delle persone che la costituiscono, così come dal territorio in cui è situata. In secondo luogo, il principio che il cervello dell’impresa debba essere diffuso: l’imprenditore che pensa di potere fare tutto da sé, avvalendosi dei collaboratori per le loro mere competenze tecniche, perde gran parte del valore intellettuale che sorge dal contributo e dal confronto con i collaboratori. E, anche in questo, la connessione con il territorio è fondamentale, soprattutto se consideriamo che il cervello dell’impresa non è solo diffuso all’interno dell’azienda, perché le sinapsi, per dir così, delle persone che ci lavorano sono attive anche all’esterno, nella famiglia, negli ambienti che ciascuno frequenta nel tempo libero o nei suoi rapporti con le istituzioni. Per questo nessuna azienda, anche quelle che vendono i loro prodotti principalmente all’estero, può lasciare al caso il legame con il territorio, perché il valore di ciascun brand oggi non è indipendente dal modo in cui l’impresa viene percepita nel territorio in cui opera. Non si può parlare di un’impresa indipendentemente dal suo territorio, così come è ridicolo parlare di territorio, senza considerare le imprese ivi insediate. Penso sia chiara a tutti l’influenza che un’impresa esercita sulla qualità della vita nel territorio dove opera. L’imprenditore deve essere consapevole di questa influenza e delle ricadute che le sue decisioni possono avere sul territorio.
Può fare qualche esempio?
Proseguendo il tema della responsabilità sociale, penso, per esempio, a quelle aggregazioni sportive o di volontariato che i giovani frequentano durante l’adolescenza. Definisco queste realtà “terzi attori” dell’educazione, dopo la famiglia e la scuola, con la differenza che queste hanno un carattere obbligatorio, mentre quelle sono scelte dai giovani in base alle loro preferenze e alle opportunità di socializzazione e realizzazione che v’intravedono. Se, in tali ambiti educativi – la palestra, il campo di calcio, l’oratorio o altro –, i giovani incontrano figure di riferimento in grado di concorrere alla loro formazione, proprio in quell’età nella quale iniziano a prendere le distanze dalla famiglia e spesso percepiscono la scuola più come obbligo che come opportunità, ecco che allora la valenza sociale di quella che appare essere semplicemente la squadra dell’oratorio o della polisportiva, assume un’importanza rilevante, per il giovane, per la famiglia e per la società in generale, non ultime per le aziende che, senza averne consapevolezza, usufruiscono dei risultati di questa educazione. Cito un esempio di una realtà, che ho avuto la fortuna di conoscere: la Scuola di Pallavolo Anderlini, centinaia di ragazzi e ragazze, decine di istruttori che insegnano sì la pallavolo, ma prima ancora l’educazione civica, portano i ragazzi a riconoscere, a vivere, i valori del rispetto, della collaborazione, dell’appartenenza, della responsabilità verso se stessi e gli altri. Si sono dati una Carta Etica dove leggiamo principi e valori, in linea con quelli che caratterizzano le imprese responsabili. Aiutare queste realtà significa aiutare a educare i collaboratori e gli imprenditori di domani. Naturalmente, ragionamenti analoghi valgono per il sostegno a ogni altra iniziativa volta a creare benessere sociale e opportunità di incremento del capitale intellettuale, come ad esempio l’associazione culturale che pubblica questo giornale.
Sono solo piccoli esempi per dire che l’azienda responsabile cura il territorio, i propri stakeholder, in ragione delle possibilità e delle necessità, avendo la consapevolezza che dal territorio attinge il capitale umano, le risorse intellettuali indispensabili al compimento della propria missione.
Quella della responsabilità sociale d’impresa è una battaglia in cui si vince sempre e vince ciascuno, non ci sono sconfitti; sconfitto è chi non combatte.