CASE DELLA SALUTE E REPARTI DI CURE INTERMEDIE: I NUOVI DISPOSITIVI SANITARI E LE OCCASIONI DI PAROLA

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cifrematico, dirigente di struttura sanitaria

Da circa cinque anni, in campo sanitario, in Italia è in atto una trasformazione che, per ampiezza e articolazione, è paragonabile a quella dei primi anni settanta del secolo scorso. In quegli anni fu istituito il Servizio Sanitario Nazionale, che diverrà uno tra i più apprezzati del pianeta, per la vastità e gratuità diffusa dell’offerta assistenziale e per il numero di servizi coinvolti. L’accesso gratuito alle prestazioni sanitarie, compresi i ricoveri, le analisi strumentali e i servizi chirurgici, ebbe un aumento vertiginoso, con ulteriori picchi di crescita per oltre trent’anni. Questo ha condotto a risultati eclatanti: diminuzione della morbilità, diminuzione della mortalità infantile, aumento dell’aspettativa di vita, che è ormai stabilmente tra le prime cinque del pianeta. Anche l’incidenza delle patologie più gravi, cardiocircolatorie e neoplastiche, è inferiore rispetto a quella di nazioni con sistemi sanitari considerati tecnicamente avanzati. Avere avuto, e in parte avere ancora, simultaneamente un numero elevato di casi di malasanità, di disservizi, lunghe liste di attesa nei servizi diagnostici, un’educazione e una sensibilità del personale operativo spesso non pari alla competenza, non inficia l’efficacia complessiva della nostra organizzazione sanitaria. Tuttavia essa ha avuto costi notevoli, che hanno inciso sul debito pubblico italiano degli ultimi decenni.
L’ingresso in Europa, con l’instaurazione anche in sanità di parametri di spesa molto rigidi, la cosiddetta “spending review”, o “revisione di spesa”, ha comportato un cambio di scenario drastico. Il numero e la durata dei ricoveri, considerati il maggior capitolo passivo di spesa sanitaria insieme agli sprechi di materiali, sono stati ridotti, negli ultimi cinque anni, del 16,7%, con una media annua del 4,5%, destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni. Ciò è effetto della chiusura o della riconversione dei piccoli ospedali e delle case di cura private con minor numero di posti letto, del differente approccio alla malattia acuta delle generazioni più giovani di medici, formati a privilegiare l’indagine strumentale rispetto a quella semiologica, ma, soprattutto, della riduzione, imposta anche dall’Europa, dei DRG, gli indici di rimborsabilità di spesa per le strutture pubbliche e per quelle convenzionate, che ha costretto queste a ridurre al minimo le giornate di degenza dopo interventi chirurgici di media entità, o a limitarle al giorno dell’intervento in quelli lievi. Gli italiani sono disorientati, temono di trovarsi di fronte a un arretramento drammatico delle possibilità di cura e del mantenimento delle condizioni di salute. Non è proprio così. Le valutazioni devono partire da un’altra prospettiva. I dispositivi strumentali d’intervento operatorio e quelli diagnostici oggi consentono di non mettere a repentaglio alcun capitolo di cura. Occorre poi tenere conto di una realtà in Italia profondamente cambiata. La popolazione giovane portatrice prevalentemente di patologie acute, che devono essere curate e guarite rapidamente, diminuisce costantemente. Aumenta quella più anziana portatrice di patologie più cronicizzate, da contenere o ridurre attraverso ricoveri più lunghi ma meno dispendiosi, la cosiddetta “lungodegenza”, nei reparti ospedalieri tradizionali o in quelle strutture sanitarie piccole che hanno deciso di proseguire, “riconvertendosi” a tale scopo. La “spending review” sta consentendo l’istituzione di due nuovi dispositivi, con cui ciascun cittadino potrà avere a che fare nei prossimi anni: le “case della salute” e i “reparti di cure intermedie”. Le prime sono luoghi in cui troveranno allocazione, in uno stesso spazio fisico, i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie, ivi compresi gli ambulatori di Medicina Generale e Specialistica ambulatoriale e quelli sociali per una determinata parte di popolazione di un territorio. I secondi, già in via di attuazione in alcune regioni, sono reparti residenziali temporanei, intra o extra ospedalieri, destinati al paziente che, da definizione, “è in situazione di malattia non tanto grave da avere necessità di risiedere in un ospedale, ma ancora non sufficientemente stabilizzato per vivere al proprio domicilio”. In entrambi i dispositivi è interessante che chi vi si rivolge o vi è indirizzato è, in qualche modo, inizialmente “fuori protocollo”: la sua parola sarà particolarmente importante per la prosecuzione della cura, come la verifica delle sue condizioni di salute. Interloquendo con l’unità di valutazione, costituita da un medico, uno psicologo, un assistente sociale, l’utente potrà stabilire un dispositivo di parola, di decisione e di testimonianza che potrà divenire essenziale, come sottolinea la cifrematica, per l’avvio e per la riuscita del suo percorso di cura. La scienza della parola è indispensabile per l’approdo alla salute.