L’INGEGNO NON PUÒ ESSERE CONTABILIZZATO

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presidente di Sefa Holding Group Spa, Sala Bolognese (BO)

L’economia aziendale definisce il bilancio come il documento contabile redatto da ciascuna impresa per determinare il reddito e la sua situazione patrimoniale e finanziaria, come una sorta di rendiconto di profitti e perdite. In altre parole, il bilancio costituirebbe la chiusura di una fase temporale e la base per avviare il nuovo programma. Tuttavia, quando lei ha intrapreso l’attività imprenditoriale, non poteva redigere il bilancio del passato, ma tracciava il programma di una scommessa per l’avvenire, procedendo dall’apertura. In che termini oggi nella vostra impresa, leader nella fornitura di acciai da utensili e speciali, state redigendo il bilancio dell’avvenire?
Le aziende del nostro Gruppo esigono una strategia che non sia limitata a programmi di tre, sei o dodici mesi, ma che consideri il lungo periodo, fino a quattro o cinque anni, tenendo conto delle diverse componenti del tessuto industriale e imprenditoriale in cui operiamo. L’attenzione è infatti rivolta alle aziende del nostro contesto produttivo, in particolare a quelle orientate alla trasmissione dei valori che le hanno costituite di generazione in generazione. Monitoriamo in modo costante i settori di eccellenza, come per esempio quello delle macchine automatiche e della meccanica di precisione, per contribuire alla qualità della produzione attraverso la fornitura di acciai, di prodotti e di servizi all’avanguardia.
S.E.F.A. Machining Center, il nuovo servizio di fornitura di blocchi di acciaio non solo grezzo, ma anche semilavorato, non è nato da una ricerca di mercato, ma dall’incontro con alcune realtà produttive nel settore delle macchine automatiche per il confezionamento e l’imballaggio, che necessitavano della fornitura di materie prime di qualità in tempi brevi e di interlocutori che avessero un’esperienza dettagliata nel mercato della metallurgia. In altre parole, non abbiamo consultato i nostri bilanci aziendali per innovare nel settore, ma abbiamo tenuto conto del bilancio dell’avvenire del nostro Gruppo, della direzione in cui volevamo andare. Oggi, il servizio S.E.F.A. Machining Center è un caso unico nel settore: forniamo blocchi di acciai semilavorati, accorciando la filiera della produzione e quindi riducendo tempi e costi di produzione delle aziende clienti. Se prima i nostri clienti ci chiedevano la fornitura di materiale grezzo, adesso tendono ad acquistare prodotti rifiniti, ciascuno dei quali è dotato di un’apposita etichetta che abbiamo ideato per indicare la sua composizione materica e la sua provenienza.
In questo periodo stiamo lavorando attorno al progetto di integrazione degli acciai poveri con acciai di alto valore tecnologico, quelli della Uddeholm – la storica acciaieria svedese di cui siamo concessionario esclusivista dagli anni settanta –, perché il cliente esige un ventaglio di opzioni di qualità diverse a seconda degli impieghi dei suoi prodotti.
I ritmi delle commesse sono aumentati e i nostri collaboratori sono più motivati nella loro attività, e non soltanto per ottenere il cosiddetto salario di produttività, i premi di risultato reintrodotti dalla Legge di Stabilità 2016: la vera produttività si misura sui volumi prodotti, il cui indice non è il salario di produttività. Pare, invece, che questa terminologia sia stata studiata da burocrati che non hanno mai lavorato in un’officina. Chi è veramente coinvolto nel proprio lavoro opera vicino ai suoi dipendenti, al suo capo officina e ai suoi tecnici, perché ha l’esigenza di trasformare i problemi in opportunità, senza bisogno di contabilizzare il proprio ingegno. Permane in questo paese una certa impostazione ideologica che mira a contrapporre il lavoratore e l’imprenditore, i quali invece hanno interessi comuni: se ha collaboratori più efficienti e motivati, l’imprenditore può affrontare le difficoltà con più lucidità. Questi meccanismi sembrano studiati a tavolino per renderci più poveri – soprattutto dei valori che hanno favorito la nascita dell’impresa in Italia –, scoraggiando il lavoratore dall’ambire alla vera produttività. Il mercato della meccanica è stagnante perché mantiene i livelli di sussistenza e è privo di una strategia che dovrebbe dare nuova linfa alla produzione di volumi più elevati. In questo momento, non si tratta di mantenere lo stipendio, ma di rilanciare lo sviluppo. Noi non abbiamo timore di andare a lavorare in azienda anche di sera, il sabato e la domenica, continuiamo a rimboccarci le maniche e insegniamo ad altri la cultura di questo mestiere, ma in questi ultimi dieci anni abbiamo assistito a discussioni che sono palliativi per non affrontare le vere questioni dell’impresa nel paese. Le aziende italiane hanno esigenza di ricerca e d’innovazione incessanti, che derivano dall’ingegno di ciascuno e dalla collaborazione tra l’imprenditore e i suoi collaboratori, che ancora oggi trasforma i problemi in nuovi brevetti. Spiace constatare che questo spirito non sia riconosciuto anche in ambiti industriali, impegnati a organizzare prestigiosi simposi in località turistiche piuttosto che a Taranto, per esempio, dove invece nessuno ha deciso ancora come rilanciare l’acciaio italiano. Taranto è un simbolo importante per indicare qual è la direzione: se dobbiamo produrre con l’apporto dell’industria pesante o di quella leggera, se vogliamo essere ancora un paese industriale o se dobbiamo dipendere dall’approvvigionamento di prodotti industriali da paesi esteri, mentre perdiamo pezzi d’industria e di storia.
Il vostro Gruppo è stato fra i primi del settore siderurgico a intervenire anche nella formazione…
Svolgo questo mestiere da quasi cinquant’anni, quindi è stato imprescindibile trasmettere ai nostri clienti la cultura dell’acciaio, integrandola con le capacità dei nostri tecnici e degli agenti commerciali. In collaborazione con le nostre agenzie fornitrici, da circa quindici anni effettuiamo, nelle imprese nostre clienti, incontri mirati per la formazione dei loro operatori nella metallurgia. L’approccio culturale di questi collaboratori al processo produttivo è molto importante, perché non intervengono più soltanto su un pezzo di acciaio semilavorato, per esempio del valore di 50,00 euro, ma su una materia che, con il loro ingegno e la formazione, può aumentare il suo valore fino a mille volte tanto. Oggi, possiamo impiegare le tecnologie più all’avanguardia, ma, se non abbiamo tecnici preparati a trasformare un prodotto povero in uno più performante, non raggiungiamo l’eccellenza. Anche per questo la scelta del fornitore è strategica. Noi teniamo molto alla formazione nella metallurgia e siamo stati fra i primi ad adoperare questo modello di fornitura, che ci ha convinti a investire anche in alcune pubblicazioni dedicate ai nostri clienti.
Negli incontri di formazione illustrate anche i nuovi prodotti siderurgici?
Certo, si tratta infatti di prodotti siderurgici mirati alle necessità specifiche di ciascuna azienda. Per esempio, disponiamo di un acciaio di qualità per il quale abbiamo già individuato almeno venti casi studio in cui applicarlo. I nostri clienti apprezzano l’opportunità di adoperare materiali dalla tecnologia molto avanzata, che consente loro di non avere concorrenti. Inoltre, mentre contribuiamo al loro progetto, noi manteniamo sempre aggiornati i nostri collaboratori, a loro volta più stimolati a individuare le novità nel settore. In questi anni abbiamo attivato un processo costruttivo che ci ha portato a incontrare, oltre ai progettisti, chi lavora nei reparti di produzione, per esempio saldatori e fresatori, dunque chi manualmente costruisce il prodotto. Alcune imprese hanno anche proposto di retribuire i gruppi di lavoro da noi organizzati, ma abbiamo declinato l’offerta, perché questo impegno fa parte della nostra missione: favorire le condizioni per ottenere i prodotti migliori costruiti dove noi operiamo e il massimo vantaggio per il nostro cliente. I prodotti composti da materiali di qualità e prodotti con accorgimenti mirati hanno un valore che resta inalterato nel tempo, contribuendo al bilancio dell’avvenire della nostra azienda e del tessuto produttivo in cui lavoriamo.