UNA COMMUNITY PER L'INDUSTRIA DEL PULITO INTELLIGENTE

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direttore generale di Arco Chemical Group, Medolla (MO)

Arco Chemical Group ha il suo quartier generale a Medolla, nel cuore della cosiddetta Bassa Modenese, un esempio di comunità pragmatica, considerando che, in soli quattro anni dal sisma che ha colpito l’Emilia il 20 e 29 maggio 2012, ha ricostruito circa l’80 per cento del tessuto imprenditoriale e circa il 90 per cento di quello residenziale. D’altra parte, il modello emiliano è studiato da tutto il mondo…
È un peccato che sia studiato nel mondo, ma dimenticato dai politici italiani. È vero, siamo un esempio per tanti aspetti: come regione, come comunità pragmatica, come tessuto industriale, siamo forse la prima realtà a livello internazionale che, nel giro di quattro anni, è riuscita a incominciare a pagare i tributi che erano stati sospesi per consentire alle imprese di affrontare i costi dei danni provocati dal terremoto. Nonostante la situazione non sia affatto tornata alla normalità – soprattutto per quelle imprese di quest’area che, nel frattempo, sono state colpite anche dall’alluvione e dalle trombe d’aria –, ci è stato chiesto di versare il 25 per cento di tasse entro la fine del 2016. E noi lo versiamo, a costo di indebitarci, perché noi emiliani non ci tiriamo mai indietro. Vorremmo soltanto non essere dimenticati così in fretta e vorremmo far sapere allo Stato che ci sta mettendo in serie difficoltà: essere costretti a chiedere un prestito per pagare le tasse non ci sembra giusto, soprattutto se pensiamo che le popolazioni colpite da altri terremoti, molto meno recenti del nostro, non hanno ancora versato un euro di tributi. E con questo non voglio fare paragoni: a ciascuno le sue difficoltà e credo che nessuno abbia la volontà di indugiarvi, le differenze sono frutto di presupposti, condizioni, strutture e culture differenti. Ci saremmo aspettati, però, di essere considerati né più e né meno che come tutti i terremotati d’Italia. Ci saremmo aspettati maggiore elasticità da parte dello Stato, anche perché andrà tutto a suo vantaggio il gettito fiscale proveniente dalla ripresa di questo tessuto economico, che vale il 2 per cento del Pil nazionale. Vorrei ricordare che, in questi quattro anni, le imprese non hanno soltanto dovuto ricostruire, ma anche innovare processi e prodotti per essere vincenti nei mercati internazionali, confrontandosi con competitors che invece non avevano avuto alcun danno né fisico né d’immagine e hanno potuto concentrare tutte le loro forze e i loro investimenti nella ricerca e nell’innovazione.
Di fronte al risultato tangibile di una ricostruzione avvenuta per oltre l’85 per cento del tessuto industriale, lo Stato avrebbe dovuto premiarci, dandoci almeno dieci anni di respiro, senza per questo regalarci nulla, ma semplicemente posticipando gli oneri su utili che riusciamo a trarre con molta fatica e che dovrebbero essere impiegati soltanto per il rilancio delle nostre attività. La mia non è una polemica, ma un intervento, come cittadino e come imprenditore, con la responsabilità di garantire i posti di lavoro alle persone, ma anche d’indignarsi quando le imprese non sono tutelate dalle istituzioni che dovrebbero farlo.
Oggi la popolazione è messa a dura prova per mantenere uno stato di vita normale, e questo riguarda anche gli imprenditori, che finora avevano qualche privilegio in più. Oggi l’imprenditore è allo stesso livello dei dipendenti, perché non trae il giusto profitto rispetto ai rischi che sta mettendo sul tavolo. E sono sempre più rare le aziende veramente forti sul mercato, a parte le multinazionali. Tuttavia, il 70 per cento dei posti di lavoro è nelle aziende piccole e medie, che rappresentano il 95 per cento del tessuto industriale italiano. Ma se lo Stato ritiene che siano aziende che non producono più profitto e sta mettendo in atto un piano per costringerle a chiudere, basta dirlo.
Noi dobbiamo spezzare una lancia a favore delle piccole e medie imprese, anche per contrastare l’ideologia diffusa dalle colonne di alcuni giornali – che erano nati come strumenti a difesa degli interessi dell’impresa – e dalle cattedre di alcune facoltà di sociologia, che attaccano il cosiddetto “capitalismo molecolare”, proponendo la società circolare della sharing economy. Questa ideologia non giova alle piccole e medie imprese, che vengono definite “pulviscolo dell’economia diffusa”…
Credo che il tessuto economico della piccola e media industria debba avere a disposizione strumenti come “La città del secondo rinascimento”, proprio per parlare senza paura delle verità che oggi circondano realtà di valore indiscutibile chiamate “pulviscolo”. Io dico che il pulviscolo, se siamo in un deserto, non fa male a nessuno, ma in una grande città, soprattutto quando non piove per periodi prolungati, è in grado di fermare il traffico. Perciò, non mettiamo il pulviscolo in condizioni di fermare veramente qualcosa e qualcuno, perché, dal momento in cui capiamo che da disgiunti possiamo diventare congiunti, facciamo in modo che il nostro peso abbia un valore diverso. Allora il pulviscolo può diventare veramente una tempesta di sabbia e può anche fare male. Mi auguro che aumentino sempre più gli imprenditori che colgono l’opportunità di parlare attraverso questo giornale e mi auguro che aumentino anche le occasioni d’incontro fra imprenditori, perché quanto più vengono meno queste occasioni per discutere, ascoltare e promuovere la relazione e lo scambio culturale – con la scusa che non abbiamo tempo – tanto più perdiamo quell’unione che fa la forza, con la conseguenza che vince chi punta a rendere il pulviscolo veramente sottile e lasciarci affrontare le battaglie in una solitudine, più o meno innocua.
Questa dovrebbe essere la vera community, una comunità pragmatica basata sull’emulazione, sullo scambio e sul fare secondo l’occorrenza, proprio come quella che il vostro Gruppo ha costituito con i propri clienti provenienti da varie città d’Italia e di altri paesi, che s’incontrano nel Tailor Point per seguire i corsi di formazione sulla nuova cultura del pulito intelligente…
Non mi era mai capitato di chiamarla community, ma è un nome che si addice bene al nostro Centro: una community con l’obiettivo di comunicare l’aumento del valore aggiunto del pulito intelligente. Per fare un esempio, a febbraio inizieremo un percorso per un’importante catena alberghiera italiana che di questo approccio ha fatto una missione: vuole che il personale non solo sia preparato tecnicamente a svolgere tutte le operazioni di pulizia con le nostre apparecchiature e i nostri prodotti senza sprechi, ma sia consapevole al suo arrivo nelle camere di tutte le motivazioni che lo portano a lavorare meglio e di tutto ciò che può fare per contribuire alla reputazione della catena alberghiera, perché il nome di un’azienda dipende anche dalle piccole cose e dalle operazioni apparentemente più insignificanti. Stiamo tenendo anche corsi multimediali, che utilizzano il video come strumento per illustrare le varie operazioni di pulizia negli hotel.
Quindi la mission di Taylor non è solo quella della vendita del pulito al metro quadro, ma anche quella di creare una community di informazione e formazione ad alto livello, sia per le imprese di pulizia – che operano in tutti i settori, dal sanitario all’industria all’hotellerie – sia per singoli clienti che organizzano al loro interno l’attività di pulizia.
Quella che state costruendo è una comunità che si basa sulla parola e sull’ascolto, tant’è che offrite ai vostri clienti anche l’opportunità di raccontare la loro storia sulla vostra newsletter.
Ma il Taylor Point potrebbe diventare anche un luogo d’incontro per i privati, che ora possono acquistare al dettaglio il kit Pulintelligente per uso domestico. Di cosa si tratta?
Pulintelligente è una linea di capsule monodose che porta in casa il pulito professionale offerto dal detergente concentrato, frutto di un accurato calcolo industriale: poiché il prodotto deve essere diluito, ottimizza il consumo senza penalizzarne l’efficacia. È un kit di prodotti che migliora l’ambiente e contribuisce a ridurre le emissioni di CO2, il consumo idrico e il consumo elettrico.
Ai benefici per l’ambiente si aggiungono i benefici economici: la grande convenienza è dovuta principalmente all’assenza di packaging (il contenitore spray può essere riutilizzato più volte, mentre per il lavaggio dei pavimenti la capsula viene disciolta direttamente nel secchio) e alla riduzione dei costi di logistica (la quantità di mezzi necessari alla consegna dei prodotti nei diversi punti vendita). Per fare un esempio: con 28 capsule monodose Pulintelligente per pavimenti, si ottengono 140 litri di soluzione detergente, versando una capsula da 15 ml in un secchio pieno di 5 litri d’acqua. Per non parlare della praticità: basti pensare allo spazio recuperato in lavanderia senza tanti flaconi di scorta.