SOGNANDO, L’AVVENIRE DELL’IMPRESA

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direttore generale di Arco Chemical Group, Medolla (MO)

Al forum Rivoluzione digitale o rivoluzione dell’imprenditore? (Dipartimento di Economia Marco Biagi dell’Università di Modena e Reggio Emilia, 23 maggio 2017), i cui atti sono allegati a questo numero, si discuteva dell’impresa dell’avvenire, in particolare, degli effetti che la rivoluzione digitale avrà per le imprese e del modo in cui l’imprenditore può dare un apporto affinché le nuove tecnologie siano un supporto per i collaboratori, anziché essere viste come una minaccia per il loro stesso posto di lavoro.
L’attenzione che voi avete sempre dedicato all’innovazione digitale nel settore della pulizia industriale vi ha portato a inventare Aladin, un nuovo sistema per la detergenza professionale, caratterizzato da un potente e innovativo software, che permette il calcolo e il controllo da remoto della detergenza e l’assegnazione del relativo quantitativo di prodotto per operatore su base mensile. Oltre alla diluizione del detergente, Aladin è in grado di registrare l’ingresso e l’uscita del dipendente, gestire le schede tecniche e quelle della sicurezza e coordinare i piani di lavoro, mettendo in condizione l’impresa di pulizia di controllare 24 ore su 24 l’esecuzione del lavoro.
Considerando i risultati ottenuti dai vostri clienti con questo dispositivo intelligente, in termini di maggiore redditività e aumento dei margini del 25-30 per cento, avete pensato di adottarlo anche al vostro interno. E, in questo modo, avete dato prova degli effetti della rivoluzione digitale nella gestione di un’impresa dell’avvenire…
L’impresa dell’avvenire è sicuramente l’impresa intellettuale, ma l’intellettualità non può essere rivolta soltanto al mercato. Per questo, due anni fa, abbiamo incominciato a utilizzare gli stessi strumenti digitali che proponiamo ai nostri clienti per il loro controllo della qualità, dei tempi e dei metodi di produzione. Con risultati eccezionali, perché il miglioramento del clima aziendale è sotto gli occhi di tutti, così come la soddisfazione dei collaboratori nel sentirsi sempre più partecipi del progetto e del programma dell’impresa giorno per giorno.
Come funziona questo strumento?
Innanzitutto, vorrei precisare che, anche se consente di avere sotto controllo in tempo reale tutti i reparti dell’azienda, non viene affatto percepito come un mezzo per sorvegliare le persone. Ciascuno, in ciascun reparto, dal momento in cui arriva la mattina alla propria postazione al momento in cui conclude la giornata, registra ciò che fa; poi, tutte le informazioni che immette possono essere lette da ciascuno, compreso l’imprenditore che, in questo modo, può valutare la situazione dell’azienda anche per i cinque giorni successivi, quindi, ha la possibilità d’intervenire in anticipo, se occorre, per evitare che qualcosa s’inceppi nei flussi produttivi e logistici e renderli costanti. Questa scrittura, questo racconto quotidiano, se nel primo periodo aveva suscitato qualche perplessità, oggi è diventato un valore aggiunto a cui nessuno vorrebbe più rinunciare, perché consente a ciascuno di coordinare il proprio lavoro con quello degli altri e di aumentare l’affiatamento della squadra. Per un imprenditore, constatare che i collaboratori “controllano” essi stessi il proprio operato, per capire che cosa si possa migliorare e quali sprechi si possano evitare al fine del risultato aziendale, è una delle più belle soddisfazioni. Anche perché gli investimenti nelle attrezzature più innovative sono considerate necessarie, ma non tutti capiscono che l’investimento principale deve essere quello che riguarda le persone che useranno quelle attrezzature. Questo per dire che i risultati ottenuti non erano scontati, sono frutto anche dei percorsi di formazione che abbiamo avviato da anni e che proseguono tuttora, parallelamente a quelli che organizziamo per i nostri clienti.
Vent’anni fa, quando abbiamo avviato l’attività di produzione di detergenti, bastava poco più di una cisterna, un miscelatore e una macchina di riempimento per essere un’azienda chimica. Oggi abbiamo più o meno gli stessi miscelatori, le stesse macchine e le stesse persone, ma ciò che è cambiato è la cultura. Se fossimo rimasti quelli che eravamo, avremmo continuato a produrre le classiche taniche di prodotto, con tutti i benefici di un brand che con il tempo è stato riconosciuto dal mercato, ma saremmo stati una delle tante aziende che operano nel settore. Oggi, invece, il nostro brand è rafforzato dalla rivoluzione che abbiamo introdotto sia nel settore, inventando una cultura del pulito intelligente, sia all’interno dell’azienda, con il dispositivo di controllo digitale di cui parlavamo, che consente di raccogliere anche il minimo dettaglio per trasformarlo in un vantaggio per i risultati che ci proponiamo di ottenere nei dispositivi con ciascun cliente e con ciascun collaboratore.
In questo senso possiamo dire di essere un’azienda in viaggio verso l’avvenire. Ma non siamo una rarità, in Italia ce ne sono veramente tante, a giudicare dalla fila di multinazionali che continuano a venire fare shopping nel nostro paese, che è il più piccolo al mondo, ma il più grande per ingegno e intelligenza. Bisognerebbe però che incominciassimo a capirlo anche noi imprenditori e incominciassimo a unire le nostre forze per avere un altro peso sui mercati internazionali. Quello che c’invidiano gli altri paesi è la nostra capacità di fare opere di arte astratta, difficili da copiare. E questa capacità ci è servita anche per affrontare le difficoltà della crisi globale. Ora, per l’imprenditoria italiana, è venuto il momento non di demoralizzarsi, ma di valorizzare tutto ciò che ha saputo fare in questi anni.
Il libro di Matt Ridley Un ottimista razionale (Codice edizioni, 2013) mette in discussione le previsioni catastrofiche di fine del capitalismo e sostiene che, fino a quando ci saranno invenzioni e opere d’ingegno, la nostra società continuerà a prosperare. Quindi, come prova Arco Chemical Group, l’arte e l’invenzione che sono alla base del made in Italy sono costitutive dell’impresa dell’avvenire...
È proprio così. L’Italia è sempre stata fonte di un numero infinito di invenzioni e innovazioni, mentre nel resto del mondo proliferano le copie. Se, per esempio, qualcuno cercasse un dispositivo come Aladin in Cina oggi, non lo troverebbe. Vi troverebbe invece la convenienza di acquistare a minor prezzo tante attrezzature standard già diffuse nella maggior parte dei paesi industrializzati. Certo, ormai, anche il Far East ha fatto passi da gigante nella tecnologia: per esempio, nell’elettronica, Apple e Samsung si contendono il primato nel mercato degli smartphone, ma spesso la casa costruttrice coreana arriva dopo l’americana. Probabilmente perché è più facile copiare che inventare. E, comunque, anche l’americana non riuscirebbe a sfornare tutte le sue belle novità, se non si avvalesse di cervelli prelevati in Italia e portati direttamente nella Silicon Valley. Questo dovrebbe farci riflettere e forse sarebbe bene che la Silicon Valley la facessimo a casa nostra. Poi, è chiaro che non è così facile, però bisognerebbe avere la forza d’incominciare a ragionare tutti insieme per far capire al primo nostro interlocutore, quello che ci distrugge quotidianamente, il nostro Stato, che l’Italia non può essere quella che è, se continua a essere governata da persone semplicemente non capaci di fare il proprio lavoro. Se noi fossimo incapaci di fare il nostro lavoro di imprenditori, saremo costretti a chiudere. Loro invece hanno sempre questa chance di continuare ad andare avanti su idee e su cose che spesso non hanno nessuna logica per l’impresa. Noi abbiamo bisogno di uno Stato che ci aiuti a far sì che le nostre aziende e il nostro modo di ragionare venga salvaguardato in tutto il mondo, anziché essere traditi per primi da loro, altrimenti la fuga di cervelli e di attività sarà inarrestabile. Oggi rischiamo di demolire, mattoncino dopo mattoncino, quello che abbiamo costruito fino agli anni novanta. E che cosa dovremmo fare, sederci e aspettare che tutto finisca nel nulla? Io non ci sto, come imprenditore, preferisco percorrere un’altra strada, magari molto più dura, faticosa e tortuosa, che però sta già dando i suoi risultati. Credo che ciascuno di noi abbia diritto al sogno e nessuno può impedirmi di sognare come sarà la mia azienda domani. Soltanto sognando, l’avvenire dell’azienda è nelle mani e nel cervello dell’imprenditore e di coloro che lo aiutano a andare oltre il pensabile.