CI HANNO FATTO PERDERE IL SORRISO

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direttore generale, Arco Chemical Group

Arco Chemical Group quest’anno ha vinto il Premio Paolo Mascagni, riconoscimento istituito da Unindustria Bologna, in collaborazione con il “Resto del Carlino”, in memoria dell’imprenditore Paolo Mascagni, scomparso nel 2011 e testimone del ruolo dell’industria nello sviluppo del territorio bolognese. Il premio nasce per “valorizzare quelle imprese che continuano a crescere a dispetto della crisi, aumentando il fatturato, investendo in ricerca e innovazione, e conquistando sempre nuovi mercati”.
Dal 1993, il vostro anno di nascita, le innovazioni che avete introdotto nel settore della pulizia professionale e industriale sono state una vera e propria rivoluzione nel modo di vendere il prodotto, non solo nel nostro paese, ma in molti mercati esteri, fra cui Spagna, Portogallo – dove avete una vostra piattaforma distributiva –, Emirati Arabi, Perù, Brasile, Angola, Croazia, Romania, Grecia e altri paesi in cui portate l’Italia del sorriso… La svolta dell’innovazione per noi è intervenuta nel 2012, poco prima del sisma che ha colpito la nostra sede di Cavezzo, situata proprio nell’epicentro. Abbiamo capito che uno dei prodotti più poveri al mondo come il detergente poteva essere vestito con il più bell’abito firmato. Così, abbiamo acquisito un’innovativa software house per la gestione tecnologica delle imprese di pulizia, Intuitive Solutions, con sede a Verona, e l’abbiamo trasferita nei nostri uffici. Da quel momento, nonostante le difficoltà dovute ai danni del sisma e alla crisi globale che imperversava da settembre 2008, è stato sempre un crescendo di invenzione di dispositivi digitali che adesso ci qualificano come pionieri di Industry 4.0: a partire da Gynius, il primo distributore di detergenti che consente il controllo da remoto dei consumi ai clienti in Italia e all’estero – imprese di pulizia, hotel ed enti pubblici –, per arrivare alla più recente Tailor App, che consente loro di acquistare non soltanto i detergenti, ma tutto il cleaning di cui hanno bisogno, comprese le attrezzature, in formula controllata, a noleggio, pagando un canone prestabilito e conoscendo in via preventiva il costo del pulito al metro quadro. Tanto per citare soltanto due delle innovazioni che abbiamo introdotto seguendo e ascoltando le esigenze dei clienti.
Come sottolinea la motivazione del Premio Mascagni, noi siamo riusciti a proseguire il nostro programma, nonostante la crisi e, in questi dieci anni, dal 2008, non siamo certo rimasti ad aspettare. Però, credo che sia venuto il momento che gli italiani si rendano conto della trasformazione radicale che ha investito le piccole e medie imprese: il sorriso ce l’hanno fatto perdere, a furia di vessarci e di chiederci continui sforzi fiscali e burocratici, senza mai dedicare la minima attenzione a chi tiene in piedi l’economia del paese. Ormai i margini si sono talmente assottigliati che gli investimenti sono ridotti al minimo indispensabile. Ma se a un’azienda si toglie la possibilità d’investire, si tarpano le ali della fantasia e dell’invenzione, che sono la nostra particolarità, quella per cui il made in Italy è apprezzato in tutto il pianeta.
Questi dieci anni ci stanno portando a essere livellati agli imprenditori degli altri paesi, che basano la riuscita sull’ottimizzazione e sulle acquisizioni, rimedio adottato per ripianare le perdite. Noi non siamo bravi a far quadrare i conti, i nostri numeri sono intellettuali, il nostro valore aggiunto è l’ingegno, il solo mezzo che conosciamo per raggiungere marginalità importanti. Ma, se viene meno la possibilità d’investire, l’unica via che ci resta da percorrere è quella dell’ottimizzazione dei costi e della riduzione degli sprechi, che non è la nostra. Per questo credo che l’imprenditoria italiana medio piccola sia sempre più in grandi difficoltà, perché l’imprenditore italiano vive per la gioia d’inventare, ma se è costretto al lavoro monotono di gestione dell’esistente, se non ha la possibilità di crescere, piuttosto vende l’azienda. E questo è molto pericoloso, perché finisce per fare il gioco dei grandi gruppi, soprattutto esteri, che continuano da dieci anni a questa parte il loro shopping delle nostre eccellenze in tutti i settori. In questa situazione, se proprio vogliamo vedere sorridere gli imprenditori, dobbiamo usare Photoshop.
È vero che molte piccole e medie imprese d’eccellenza non hanno aspettato che la crisi finisse, però è anche vero che altre non hanno ancora compiuto quel salto di qualità culturale che la trasformazione esige e altre ancora, a suon di tagli e ridimensionamenti, sono state costrette a chiudere i battenti o a cedere la maggioranza. Forse, resterà alle generazioni future, ai giovani che si sono formati all’estero, il compito di trovare una via italiana per irrobustire le nostre strutture senza perdere le caratteristiche che ci consentono di distinguerci. Ma devono venirci incontro anche le istituzioni, e la politica non può continuare con i suoi giochi che minano continuamente la stabilità economica. Da nove mesi ormai molti stanno alla finestra nella speranza dell’annunciata svolta. Non sta succedendo niente e, d’altra parte, che cosa c’è da aspettarsi in assenza assoluta di cultura? Dal nulla non può venire nulla. Allora, come trovare il sorriso in questa situazione?