LA NUTRIBIOTICA

Qualifiche dell'autore: 
fondatrice e direttore scientifico del Laboratorio Analisi Valsambro Srl, Bologna

Al laboratorio Valsambro lei ha elaborato la nutribiotica, che viene affiancata al “gut screening”, il test per il controllo della flora di protezione. Di che cosa si tratta? La nutribiotica è l’alimentazione che sostiene il microbiota. Più precisamente, sostiene la corretta presenza delle famiglie della flora di protezione, i bifidobatteri e i lattobacilli.
Con il “gut screening” verifico quale sia la famiglia più deficitaria e propongo una dieta ad hoc che le sia di sostegno.
Per la carenza dei bifidobatteri, la dieta consigliata è ricca di alimenti come cicoria, cipolla, patate e cavoli perché contengono prebiotici, sostanze non digeribili che formano il terreno di coltura idoneo a favorire la crescita di questa famiglia.
Per la carenza dei lattobacilli, importanti soprattutto per l’intestino tenue, sono più adatti gli alimenti fermentati. È possibile prepararli in casa. Ci sono libri, come Il mondo della fermentazione, che insegnano a far fermentare le carote, i finocchi e le altre verdure con il sale e lo zucchero. Altri alimenti fermentati da poter usare sono l’aceto, il kefir, yogurt più sofisticato, il kimchi, a base di verdure, o il kombucha, un tipo particolare di tè.
Poi, se dall’esito del “gut screening” risulta una carenza grave di una o entrambe le famiglie, affianco all’alimentazione il probiotico mirato, a base di lattobacilli o di bifidobatteri oppure misto, dipende da caso a caso.
Predispone lei la dieta? Sì. La dieta nutribiotica comprende un elenco di alimenti per la colazione, il pranzo e la cena. Limito al massimo quelli che danno infiammazione, per esempio quelli ricchi di istamina e gli istamino-liberatori. Riduco i lieviti, il glutine, il latte. Oggi, nei supermercati del bio è possibile trovare una grande varietà di latte vegetale, da quello di soia a quello di riso, di avena, di orzo, di quinoa.
Il latte di capra è incluso nella dieta? Se riscontro una fortissima intolleranza al latte, elimino il latte di mucca, di pecora e di capra. In altri casi, lascio i formaggi di capra, anche per i bambini, perché il latte di capra contiene più sali minerali e vitamine rispetto a quello di mucca ed è meno allergizzante. Di solito, con il test delle intolleranze alimentari verifico subito quale tipo di latte è più idoneo.
Esaminando la reattività dell’individuo a un dato alimento, riesco a stabilire se mantenerlo nella dieta o toglierlo. Gli alimenti meno tollerati sono il latte, le farine ricche di glutine e i lieviti, in particolare quello di birra. In quest’ultimo caso consiglio di mangiare pane a fermentazione naturale, preparato con pasta madre o acida. Si trova già pronto nei negozi di alimentazione naturale; se invece viene fatto in casa, è possibile comprare la pasta madre come lievito in bustine.
Oggi, tante pizzerie usano il lievito madre o naturale. La pizza preparata con la pasta madre, che lievita per ore e ore, è facilmente digeribile, essendo stata predigerita dai batteri. Per la pizza espresso, invece, viene usato lievito di birra in grande quantità, perché è efficace in poco tempo. Il processo di lievitazione, però, non giunge a termine, perciò la pizza continuerà a lievitare nell’intestino.
Da qui, il meteorismo, il classico gonfiore da pizza.
L’altra cosa da limitare sono le farine ricche di glutine. La sua proteina, oggi, ha una dimensione dieci volte maggiore rispetto al glutine del grano antico e irrita la mucosa intestinale.
Ecco perché si scoprono tante problematiche di gluten sensitivity. In questo caso, gli esami della celiachia saranno negativi ma risulterà una non tollerabilità del glutine. La metabolomica, la scienza molecolare che scopre l’intolleranza al glutine, è in grado di verificarlo.
Se c’è sensibilità al glutine, per un periodo di tempo è indicato mangiare alimenti che ne sono privi o ne contengono poco, come quelli preparati con i grani antichi. Il pane fatto con i grani di una volta ha un contenuto di glutine molto inferiore e una molecola di glutine molto più piccola, per cui è più digeribile. Sono indicazioni generali. Se si è celiaci, invece, bisogna mangiare i cereali privi di glutine, come la quinoa, l’amaranto, il grano saraceno, il riso.
E il mais? Con la celiachia è sconsigliato perché ha una piccola percentuale di glutine. Se c’è solo una gluten sensitivity, si può mangiare.
Dell’intolleranza alimentare e del test per diagnosticarla lei ha parlato diffusamente in un nostro articolo (n. 27, gennaio 2008), reperibile nel sito della rivista. Qui può riprendere brevemente in cosa consiste il test? Effettuato un prelievo di sangue, i globuli bianchi vengono isolati, messi a contatto con l’estratto di un alimento e osservati al microscopio.
Se la membrana della cellula rimane integra, non c’è intolleranza verso quel cibo; diversamente, si lacera.
Sembra semplice, ma il test leucocito- tossico richiede molto tempo, esperienza da parte di chi lo legge e un laboratorio con attrezzature sofisticate. Inoltre, occorrono estratti alimentari idonei, che rispecchino l’alimentazione abituale del paziente.
L’intolleranza non è di facile diagnosi, anche se il più delle volte dipende da alimenti che consumiamo regolarmente. Capita, però, che a provocarla sia un’influenza, un problema intestinale, l’uso di farmaci o il contatto con sostanze come additivi e coloranti. Anche in questo caso riusciamo a risalire alla causa.
In caso di intolleranza accertata, sarebbe opportuno fare anche il “gut screening”? Certamente. Affiancare alla dieta per l’intolleranza alimentare il test della flora intestinale, che consente di sorreggere la flora mancante o di evitare i cibi che fanno proliferare i batteri patogeni, assicura la salute della persona.
Avere l’intestino a posto significa avere il sistema immunitario a posto.
Evitare i cibi verso cui c’è una reazione ostile significa la stessa cosa, perché mangiare un alimento che reagisce con i globuli bianchi comporta un abbassamento delle difese del nostro organismo.
Seguo tanti sportivi. Grazie al test dell’intolleranza alimentare la loro performance migliora, perché l’ingestione di un alimento non tollerato può ridurre la forza fisica del 20-30 per cento. Va da sé che nello sport agonistico la forza muscolare e la prontezza di riflessi devono essere al cento per cento.
Intossicarsi con il cibo vuol dire anche sentirsi obnubilati: non c’è prontezza di riflessi, si perde smalto nel ragionamento e nella memoria.
Seguendo la dieta, tanti disturbi spariscono: per esempio, cefalee, gastriti, problemi intestinali e metabolici, patologie cutanee, ritenzione idrica, stanchezza. Il test delle intolleranze alimentari dà un contributo anche in caso di malattie reumatiche e autoimmuni.
Vale anche per l’obesità? Certo, anche se le intolleranze non fanno ingrassare, però favoriscono la ritenzione idrica. L’organismo recepisce l’alimento non tollerato come un veleno e trattiene i liquidi per diluire la tossicità. Eliminando gli alimenti ostili, la ritenzione idrica si riduce, l’organismo nel tempo si disintossica e, insieme agli altri effetti benefici, c’è un calo di peso.
L’alimentazione è essenziale per la salute. Ciascuno di noi ha il suo microbiota, quindi, il probiotico e l’alimento che vanno bene a una persona non vanno bene per l’altra.
Allora, uno studio particolareggiato di ciò che troviamo nell’intestino e di ciò che intossica con l’alimentazione si traduce in una cura personalizzata molto efficace.