IL TALENTO NON CI MANCA, MA NAVIGHIAMO A VISTA DA UNDICI ANNI

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direttore generale, Arco Chemical Group

Il titolo di questo numero del giornale, Il talento, l’ingegno, l’intelligenza, è la fotografia del vostro Gruppo, che ha inventato non soltanto nuovi dispositivi informatici per il pulito intelligente, ma ha rivoluzionato la cultura del settore della pulizia professionale in Italia e nel pianeta.
La storia dei vostri primi venticinque anni è costellata di conquiste, frutto dell’investimento costante verso la qualità e la novità: basti pensare che, già nel 2008, Arco Chemical Group è stato insignito del Premio all’Innovazione Amica dell’Ambiente (di Lega Ambiente) per Gynius, l’erogatore di detergente destinato alle imprese di pulizia, che riduce in modo drastico i consumi e i rifiuti e può essere gestito dallo smartphone o dall’ufficio… A questo proposito, vorrei soltanto riportare un dato del 2014: i nostri erogatori Gynius installati in vari paesi europei hanno abbattuto le emissioni di CO2 nell’atmosfera di circa 121 milioni di grammi nell’anno di riferimento.
La nostra è stata la prima azienda italiana a realizzare e immettere sul mercato del cleaning professionale europeo una gamma completa di prodotti a marchio Ecolabel e a prediligere forme di distribuzione che riducono l’impatto ambientale, eliminando gli ingombranti contenitori in plastica a vantaggio di piccole confezioni monodose di detergenti concentrati.
Negli anni successivi al 2008, nonostante la recessione, la vostra è diventata una delle prime tre aziende produttrici di detergenti in Italia per avere trasformato il modo di vendere il prodotto: non più da solo, ma all’interno di un servizio che calcola il costo del pulito al metro quadro e comprende anche il noleggio delle più avanzate attrezzature professionali… Grazie alla software house che abbiamo acquisito, Intuitive Solutions, abbiamo realizzato App che consentono di calcolare il pulito al metro quadro, come Infyniti App, che ha ottenuto il primo posto assoluto agli Stati Generali dell’Innovazione dell’Emilia Romagna nel 2015, promossi dalla Regione con Smau, Radio 24 e grandi player dell’industria digitale, e un secondo posto a Milano.
Nel 2016 abbiamo aperto il primo Tailor point nella nostra sede di Medolla, per proporre ai clienti il “pulito su misura”, un metodo del tutto inedito nel modo stesso di pensare e di procedere nelle delicatissime operazioni di pulizia negli ambienti comunitari, grazie a cui i clienti possono acquistare non più soltanto i detergenti, ma tutto il cleaning di cui hanno bisogno, compresi i macchinari, in formula controllata, a noleggio, pagando un canone prestabilito e conoscendo in via preventiva il costo al metro quadro del pulito, grazie alla Tailor App, ideata dalla nostra software house. La stessa applicazione consente di consultare su tablet o smartphone la programmazione e gli ordini aperti per l’intera durata dei cantieri o degli appalti in gestione. Le aziende che si avvalgono di questa inedita formula godono di svariati vantaggi, come avviene per il noleggio di un’autovettura: per esempio, non hanno più beni strumentali da ammortizzare e possono usufruire di una serie di manutenzioni programmate, incluse in un apposito pacchetto di servizi, per l’intera durata del cantiere.
È una strada molto particolare, che abbiamo intrapreso con la multinazionale tedesca Kärcher, leader mondiale nelle attrezzature per la pulizia, e, a distanza di tre anni, il mercato ci sta dando ragione, a giudicare dai dati di crescita che sfiorano il 40 per cento.
Non era facile spostare l’attenzione del mercato dalla vendita al servizio combinato con la vendita, soprattutto nel nostro settore, che è a basso contenuto tecnologico. Per distinguerci dai nostri competitors non potevamo puntare soltanto al miglioramento del prodotto in sé, considerando che il 90 per cento della materia prima utilizzata da chi produce detergenti è H2O, ovvero acqua.
Quindi, non a caso, l’anno scorso avete vinto il Premio Paolo Mascagni, riconoscimento istituito da Unindustria Bologna, in collaborazione con il “Resto del Carlino”, per “valorizzare quelle imprese che continuano a crescere a dispetto della crisi, aumentando il fatturato, investendo in ricerca e innovazione, e conquistando sempre nuovi mercati”.
È un riconoscimento importante, che voglio dedicare ai nostri collaboratori, come tutti i premi che abbiamo ricevuto in passato. In questi venticinque anni, sarebbe stato impossibile raggiungere i risultati ottenuti senza il loro prezioso contributo, perché l’imprenditore che crede d’incarnare l’azienda si limita alla sopravvivenza o a mantenere l’esistente. I nostri indici di crescita restituiscono la fotografia di un’azienda e di un Gruppo che vive – non sopravvive – con entusiasmo, con gioia, con stima e amicizia tra i clienti, i fornitori, i partner, i collaboratori e l’imprenditore come intellettuale e artista dell’azienda, non come genio isolato, depositario di idee e progetti che tutti dovrebbero essere pronti a eseguire. L’imprenditore non è l’unico autore delle invenzioni che nascono in un’azienda, l’ingegno è frutto del lavoro dei talenti che emergono cimentandosi con la difficoltà, con le esigenze dei clienti, che, anche quando possono sembrare astruse, meritano attenzione e discussione. Mettersi attorno a un tavolo e discutere è imprescindibile nella vita del nostro Gruppo.
È questo il dispositivo di governo, di lucidità, d’intelligenza, di ricerca e invenzione, di direzione e di riuscita.
In questo dispositivo, l’imprenditore capisce anche quando un’idea è prematura per il mercato oppure quando non ci sono le condizioni tecniche per attuarla. E magari da quella ne sorge un’altra, che non è un ripiego, anzi, a volte è più interessante di quella iniziale, perché tiene conto degli aspetti più disparati, mentre la prima partiva da una presunzione di conoscenza, non da una scienza, non dall’esperienza.
Leonardo da Vinci inventava a partire dall’esperienza, non da una teoria a cui l’esperienza avrebbe dovuto piegarsi.
A questo punto non abbiamo dubbi: la vostra è un’azienda del secondo rinascimento… Per me e per i miei collaboratori si percepisce la gioia di entrare in azienda al mattino e, se dovessimo confrontarci soltanto con i problemi del nostro lavoro, sarebbe un paradiso. Purtroppo, durante la giornata, siamo costretti a fare i conti con vincoli, oneri e incombenze che sembrano fatti apposta per renderci la vita impossibile e per distruggere il patrimonio d’intelligenza e d’ingegno di cui le imprese come la nostra sono custodi e che hanno reso grande il nostro paese. Non dimentichiamo gli scenari politici che ci stanno circondando: abbiamo fatto un passo indietro, stiamo vivendo una nuova recessione e la voglia d’investire da parte degli imprenditori, se prima era poca, adesso sta sparendo.
Stanno ammazzando letteralmente la filiera della piccola e media industria, è come se stessero soltanto aspettandone la fine. Altrimenti, per quale motivo dovrebbero dedicarsi per un anno intero agli unici due problemi che sembra avere l’Italia, la TAV e l’immigrazione, senza preoccuparsi non solo di redigere un programma di politica industriale (cosa che non ha fatto nessun governo da decenni), ma nemmeno di alzare un dito per dare un minimo di supporto alle realtà che costituiscono il fulcro della nostra economia? E, se non c’è interesse per l’economia, non meravigliamoci poi della posizione del nostro paese rispetto al resto del mondo: come possiamo restare la seconda realtà produttiva europea se il nostro Pil non cresce o cresce dello 0,2 per cento? Possiamo essere posizionati dietro a tutta una serie di nazioni che non hanno nulla a che fare con l’Italia dell’industria, dell’arte e dell’invenzione? Noi purtroppo oggi siamo costretti a vendere le nostre aziende perché non possiamo più fare affidamento sul nostro stato, che non sta facendo nulla per aumentare la sua credibilità, anzi, sta facendo il nulla. E la mia indignazione non riguarda la destra o la sinistra: purtroppo, rispetto al nullismo, c’è una corsa all’omologazione. Perciò, da una parte, noi imprenditori e i nostri collaboratori combattiamo ciascun giorno per cogliere le opportunità e porre le condizioni di lavorare e crescere e, dall’altra, dobbiamo difenderci dal nostro stesso stato, che dovrebbe tutelarci. Questo è molto triste. Ecco perché credo che oggi l’imprenditoria italiana sia veramente a un punto di svolta.
È chiaro che la piccola e media industria dovrà smettere di ancorarsi a valori del passato e adottare un approccio nuovo e moderno. Ma per fare questo occorrono investimenti e occorre che lo stato faccia la sua parte.
Altrimenti, che lo dicano chiaramente: “Non vogliamo più questo tipo di azienda”, così ci muoviamo di conseguenza, ma non possiamo lavorare con un peso così gravoso addosso, cercando di vivere alla giornata, dal 2008. Undici anni di crisi nera, di prese per i fondelli da parte di tutti i governi che si sono avvicendati, e noi imprenditori intanto siamo arrivati al punto che il barile è stato prosciugato. Perciò, quali possono essere le opportunità che un’azienda italiana può avere oggi, a parte quelle che si procura con gran fatica sui mercati esteri? Quella di stare in vita? Ma è un’opportunità o un’esigenza? Credo che questo sia un anno molto difficile per l’economia e la finanza italiane, e quello che mi rammarica come imprenditore è non essere tutelato. La Germania tutela le proprie aziende e così la Francia, la Spagna e il Portogallo. Noi siamo diventati il paese con il Pil più basso d’Europa, secondi solo alla Grecia. Non ce l’ho con nessun partito, sto solo dicendo che oggi le aziende stanno morendo e se muoiono le aziende muore l’Italia, perché le aziende sono fatte dai cittadini ed è inutile raccontare al cittadino che il paese sta andando bene, la forbice della povertà tutti gli anni si apre sempre di più, sta sparendo il ceto medio e tutta una serie di professioni che creavano reddito. Questa è la realtà: navighiamo a vista da undici anni.
Provate a chiedere a un marinaio dove deve andare, se si trova in mezzo a un oceano e non conosce la rotta. Noi non abbiamo nemmeno più la bussola e, se va avanti così, diventiamo un paese del terzo mondo.