LE MACCHINE TRAPIANTATRICI, PIÙ PRODUZIONE DI ORTAGGI A MINORI COSTI

Immagine: 
Qualifiche dell'autore: 
sales & marketing manager di Checchi & Magli, Budrio (BO)

Checchi & Magli è oggi fra le imprese italiane che sono ambasciatrici del made in Italy nel mercato mondiale delle macchine trapiantatrici e delle tecnologie per orticoltura. Cosa sta accadendo attualmente nel settore? Ho iniziato a lavorare in Checchi & Magli vent’anni fa e sono stati anni di aumento delle vendite nei mercati internazionali, ma anche nella dimensione aziendale e nel numero di dipendenti. Oggi contiamo poco più di 50 collaboratori nei cinque stabilimenti dell’azienda, tutti a Budrio, in cui effettuiamo prevalentemente la progettazione e l’assemblaggio di macchine trapiantatrici, soprattutto per un mercato di nicchia come quello dedicato a ortaggi, pomodori per passate e per concentrati, di cui l’Italia è il secondo produttore al mondo dopo la California. Ma queste macchine sono utili anche per la coltivazione delle piante del tabacco, principalmente in paesi come Stati Uniti, Brasile e Filippine.
Esportiamo l’80 per cento della nostra produzione in oltre sessanta paesi, in particolare negli Stati Uniti e in tutta l’area nordamericana, oltre a Europa, Australia, Giappone e Sudafrica.
Il settore degli ortaggi negli ultimi dieci anni ha registrato un trend positivo, perché oggi è diffusa l’esigenza di consumare cibi prodotti in aree limitrofe, cosiddetti a Km 0, e il consumo di frutta e verdura è in aumento in tutti i paesi del mondo. Il grande problema in agricoltura è però il prezzo. Nessun prodotto agricolo, infatti, è in vendita al costo che dovrebbe avere tenendo conto dell’intera filiera di produzione, perché le logiche di acquisto sono governate da grandi gruppi.
Nella primavera scorsa avete partecipato a un’importante fiera del settore a Denver, in Colorado, riscontrando grande interesse da parte dei visitatori...
Ogni anno noi partecipiamo a diverse fiere che si svolgono in America.
Quest’ultima, NoCo Hemp Expo, era dedicata al mondo della canapa, sia ai macchinari utilizzati per la coltivazione sia alla commercializzazione di suoi derivati. Il 20 dicembre 2018, il presidente Donald Trump ha incluso la canapa nel Farm Bill, la legge che disciplina tutte le coltivazioni agricole. Fino a pochi giorni prima dell’entrata in vigore, il settore della canapa aveva risentito di molte restrizioni, perché può essere usata in modo improprio, mentre ora segue lo stesso regime di altre colture come il grano, il cotone, la soia e il pomodoro.
In questo caso parliamo di canapa e non di marijuana. La differenza è notevole, perché la canapa contiene THC, il tetraidrocannabinolo, una sostanza stupefacente che quando è inferiore a una determinata percentuale non ha rilevanza per la legge (in Italia è lo 0,2 per cento, negli Usa lo 0,3). Un altro elemento contenuto nella canapa, per esempio, è il CBD, un olio essenziale impiegato nell’ambito cosmetico-medicale, dalle creme idratanti per il corpo fino alla cura di patologie come il cancro. Ma l’utilizzo della canapa è esteso anche ad alcuni comparti dell’industria tessile, come accadeva in Italia fino a quarant’anni fa, e dell’edilizia.
In che termini nella vostra azienda tenete conto di quanto va oltre il profitto e quindi della necessità del superfluo, tema di questo numero del giornale? Noi progettiamo tecnologie di singoli componenti per l’orticoltura e ci avvaliamo di fornitori esterni per la produzione. Siamo fortunati, perché possiamo contare sulle tante piccole aziende del comparto bolognese specializzate nei diversi settori della meccanica. Il nostro modo di operare tiene conto dei criteri del buon padre di famiglia, con il confronto costante con la proprietà dell’azienda. Sono tante le imprese che hanno queste caratteristiche e un legame molto forte con il territorio in cui operano. Ecco perché tendiamo a sostenere iniziative che valorizzano questo approccio. Abbiamo contribuito, per esempio, alla realizzazione del museo della famosa Ocarina di Budrio, che portiamo con noi nella ventiquattrore ogni volta che andiamo in giro per il mondo. Inoltre, sosteniamo “La città del secondo rinascimento”, perché non siamo esclusivamente orientati al profitto, che per noi resta semmai pretesto per il gioco.
Nella nostra azienda non escludiamo, quindi, quel superfluo che va oltre il profitto immediato e che ci ha reso ambasciatori del nostro bellissimo paese.