L’IMPRESA È UN BENE PUBBLICO

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ingegnere, CEO di SIR Spa, Modena

La contrapposizione pubblico-privato viene meno nella vita delle imprese: sebbene siano classificate come enti privati, la presenza di una componente pubblica è innegabile in attività che coinvolgono migliaia di persone. È il caso della SIR che, a partire dal 1984, ha progettato e installato oltre 3800 impianti di automazione industriale nel mondo e, soprattutto, sempre con la massima cura, senza alcuna riserva, puntando al valore assoluto, anziché al “ritorno” economico immediato… La nostra impresa si fonda sui valori etici della sana imprenditoria: non siamo mai stati spinti da una logica mercenaria, basata esclusivamente sulla convenienza economica.
Considerando che produciamo alta tecnologia, il lavoro di SIR è molto accattivante e la convinzione comune è che debba avere, per forza di cose, un buon ritorno economico.
Occorre però ricordare che in un lavoro come il nostro, di natura prettamente prototipale, è impossibile prevedere con esattezza quali saranno i margini di profitto sul fatturato venduto.
Tale profitto è ovviamente necessario affinché l’azienda possa crescere e investire per il futuro, ma l’automazione prototipale presenta margini irrisori, se rapportati a quelli di altri comparti in cui la complessità del processo produttivo è inferiore. Se poi, a livello di filosofia aziendale, poniamo al primo posto la soddisfazione del cliente, occorre mettere in conto che tale scelta comporta inevitabilmente una rinuncia economica. La natura di un contratto che regola la compravendita di una soluzione di automazione industriale, che in fase preliminare rimane esclusivamente un’idea sulla carta, lascia spazio ad ampi margini interpretativi, per cui è facile trovarsi nella situazione di dover fare o fornire più di quanto preventivato in origine.
I clienti tendono a trarre vantaggio da queste zone grigie del capitolato di fornitura, richiedendo prestazioni aggiuntive e programmazioni non previste. Occorre quindi trovare il giusto compromesso tra il mantenimento di un margine accettabile e la soddisfazione del cliente. Nel nostro caso, l’approccio orientato al cliente si è rivelato vincente sul lungo periodo, favorendo il processo di fidelizzazione.
Sul mercato dell’automazione SIR è considerata un’azienda seria e professionale, che sa tenere fede ai propri impegni: questa percezione diffusa è la logica conseguenza della nostra filosofia aziendale orientata alla soddisfazione.
Alcuni nostri competitor hanno seguito il percorso opposto, perdendo quote di mercato a causa di una strategia di capitalizzazione spietata.
Una logica di profitto spietata presuppone l’assenza di pietas, ovvero di ciò che contribuisce al capitale intellettuale.
Se non si presta attenzione al cliente, nel breve periodo si può capitalizzare di più e più velocemente, ma alla lunga questo atteggiamento tende a presentare il conto. Il mercato è spietato con chi non applica serietà e professionalità al proprio lavoro.
Più che semplici fornitori, occorre divenire veri e propri partner delle industrie servite, per poter continuare a progredire e per far crescere anche gli stessi clienti. Questo approccio fa parte della nostra cultura aziendale e si avverte in ciascuno dei nostri collaboratori.
La capacità di ascoltare e di recepire le esigenze, la disponibilità al ragionamento, l’ingegno messo in atto nella ricerca della corretta soluzione o dinanzi ai problemi che possono insorgere, l’umiltà nelle risposte, anziché l’arroganza di chi crede di dover difendere una posizione, sono qualità che riconducono a una parola molto importante nel nostro lavoro: il servizio. Senza la pietas, non c’è servizio, ma solamente uno sterile “mordi e fuggi” che non ha mai creato vero valore.
Non resta nulla, non c’è scrittura dell’impresa, senza il servizio. D’altra parte, suo padre, Luciano Passoni, fondatore della SIR, ha sempre puntato al valore assoluto… La scrittura dell’impresa e il servizio rappresentano per mio padre priorità imprescindibili.
Ci ha sempre insegnato che l’azienda non è qualcosa da spremere all’inverosimile per trarne il massimo profitto.
Nasce invece come entità destinata a crescere e a esistere nel futuro, per il bene dei dipendenti e dei clienti a cui si rivolge: concetti che fino a qualche decennio fa erano propri di tutte le aziende del nostro territorio. In un’impresa l’idea di “pubblico” si estende quindi non solo ai fruitori finali del servizio o ai fornitori, ma anche e soprattutto al personale interno.
Il sano imprenditore è colui a cui stanno a cuore tutti i propri collaboratori e che nei momenti difficili pensa esclusivamente a risollevare le sorti dell’azienda. Un esempio? Nel 2009, nonostante la crisi avesse dimezzato il nostro fatturato (come è accaduto a molti altri), siamo riusciti a continuare l’attività senza licenziare nessuno, coinvolgendo anzi il personale poco occupato in progetti di ricerca interni che si sarebbero rivelati basilari negli anni successivi di ripresa del mercato.
Questo prova che l’impresa è una realtà intrinsecamente pubblica, che dà lavoro e produce nell’interesse della società e non soltanto per il proprio utile, per quanto questo rimanga uno strumento indispensabile per la crescita e lo sviluppo futuri.