LA MEDICINA SCIENTIFICA COME MEDICINA DI VITA

Qualifiche dell'autore: 
cifrematico, direttore della cooperativa sociale "Sanitas atque Salus"

Oggi, la ricerca e la pratica mediche costituiscono nel pianeta forse il settore dove più cadono confini e barriere religiose, nazionali e linguistiche nell’affrontare i problemi, nell’incontrarsi, nello scambiare acquisizioni e metodi e nel mantenere e perfezionare tecnologie e metodiche valide. Poche scienze come la medicina si reinventano in un percorso di ricerca che trae vantaggio dalle condizioni fornite dall’ambiente e dalla società, pur nella continuità dell’obiettivo più importante, la cura, individuando strumenti per metterla in atto nel modo migliore.

Affrontiamo la materia specialistica dell’urologia, oltre che per l’occasione e la testimonianza offerteci dal bellissimo libro di Giancarlo Comeri, Medicina di vita. La scienza e la conquista della salute (Spirali), anche per la paradigmaticità del suo intervento attuale sulla questione della medicina e della cura in direzione della qualità della vita. Innovare e rischiare, soprattutto nei primi tempi dell’introduzione di una nuova metodica, poi comprovata dai risultati, va in questa direzione, anche se spesso, negli ultimi decenni, non sempre ciò si è verificato, a vantaggio di metodiche in cui la meccanica o la chimica dell’intervento sono sembrate prevalere sulla qualità della vita e talvolta sulla stessa dignità della persona. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, recentemente, ha dichiarato la stessa qualità della vita un bene a sé stante, da tutelarsi anche quando lo stato di salute risulti gravemente compromesso, e il medico deve contribuire in ciascun caso a provvedervi.

Nella storia della medicina esistono momenti che in altre scienze vengono chiamati “salti epistemologici”: eventi quasi sempre contrassegnati da nuove scoperte o dall’instaurazione di nuove operatività e strumenti. Nell’ambito dell’urologia, l’introduzione degli interventi in scopia ha rappresentato uno di questi momenti, perché ha consentito la conservazione degli organi e delle loro funzioni, dell’immagine del corpo e della qualità della vita. Si tratta di questioni che, in medicina e in particolare nell’urologia, investono anche la sessualità, come ha rilevato la psicanalisi; ricordiamo che il termine sessualità fu introdotto da Freud.

Occorre rendere un omaggio particolare a medici come Giancarlo Comeri e Giuseppe Martorana, che sono stati tra i primi a adottare queste metodiche con grande coraggio, anche trovando opposizione nello stesso campo medico, in epoche in cui questo era più propenso a interventi demolitivi. Anche per questo motivo la pratica urologica ha dovuto confrontarsi con la “questione cancro”. Averne modificato molti termini, soprattutto come l’aspettativa di vita e la sua qualità negli anni successivi all’intervento, ha cambiato enormemente prospettive, strategie e dispositivi di cura.

Porsi, almeno per alcuni tipi di tumore, la questione cancro non più come questione esclusiva di morte, ineluttabile, com’è avvenuto nei decenni scorsi, ma anche per arrivare a un programma di vita e di proseguimento, che comporta la salute e ha implicazioni pulsionali, psichiche e relazionali, rappresenta una novità assoluta in questi anni. Occorre interrogarsi, innanzitutto da parte del medico – e mi sembra che il libro di Giancarlo Comeri affronti molto tale questione –, su che cosa s’intenda per salute, anche nei suoi effetti per la qualità di vita, e se questa vada intesa come una continua e ripetuta ricerca di restitutio in pristinum dei suoi parametri biologici, oppure di valetudo, cioè di salute come istanza di qualità della vita stessa.

E senza fare mai mancare l’apporto della parola perché, come scrive Armando Verdiglione nella sua nota al libro, “La medicina è scientifica anche perché attiene alla parola nella sua logica particolare, nel suo statuto rinascimentale: attiene alla scienza della parola e al suo idioma. La cura che proceda dalla questione aperta non si limita alla prevenzione, bensì esige l’instaurazione di un dispositivo immunitario. È dunque una scommessa non contro il male, ma per la vita”. Tale formulazione dà alla medicina un contributo teorico essenziale per la definizione del suo statuto di scientificità. La scommessa di vita che la medicina deve mettere in atto in ciascun istante si pone come condizione perché emerga una cultura della ricerca, della clinica, dell’industria e del lavoro, ma soprattutto della salute come qualità della vita.