NON FACCIAMOCI GUIDARE DALLA PAURA

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presidente di Palmieri Group Spa, Gaggio Montano (BO)

“Le forge italiane caratterizzate da più di 40 siti produttivi, un fatturato di oltre 2 miliardi di euro e un numero di addetti diretti di 6000 unità occupano un ruolo di leader in Europa e nel Mondo e sono alla base di importanti comparti produttivi che spaziano dalle energie rinnovabili, eolico in particolare, alle industrie del riciclo, dalla estrazione di idrocarburi alla componentistica dell’automobile, fino all’industria aerospaziale e nucleare”. Con queste parole lo scorso 3 febbraio il presidente di Fomec Spa e coordinatore del comparto Forgiatura Federacciai, Mario Gussago, ha lanciato un appello dalle pagine del “Sole 24 Ore”, sollecitando il governo a intervenire sui costi energetici dell’Italia che, più che in altri paesi europei, ha una “forte dipendenza da fonti estere di materia prima ed in particolare di gas naturale”. Oggi sono constatabili gli effetti di questa dipendenza, troppo spesso favorita da politiche di malcelata ostilità verso l’industria e le imprese di questo paese. Lei, che annovera fra le aziende del vostro Gruppo la Palmieri Tools Forging, la forgia ultracentenaria dell’Appennino bolognese, cosa sta riscontrando nel settore?

Nella nostra forgia lavoriamo circa mille tonnellate al mese di acciaio grezzo. Essendo un’impresa energivora, registriamo un’incidenza dei costi di quattro volte per il gas e tre per l’energia elettrica rispetto all’anno scorso. Se questa tendenza persiste, pensiamo di chiudere l’azienda per cinque o sei mesi e di ricorrere alla cassa integrazione. I forni elettrici vengono accesi tutte le mattine, ma quelli a gas lavorano a ciclo continuo per il trattamento termico. Avevamo un grande forno rotativo e siamo stati costretti a fermarlo, perché la nostra tipologia di lavorazioni ci obbliga a mantenerlo sui 550 gradi. L’acciaio diventa plastico a 1200-1250 gradi. In questo paese bisogna capire che non stiamo parlando di forni per fare il pane, che si cuoce a 200 gradi. In quattro mesi, abbiamo pagato più di un milione di euro di costi extra di energia.

Gli attuali costi energetici stanno trasformando l’approccio dei governi europei alle fonti energetiche tradizionali. Ma le imprese italiane come possono non smarrire la direzione in un momento così difficile?

Incontrandosi. L’incontro avvia sempre un’occasione di collaborazione. La direzione non si smarrisce quando non ci facciamo guidare dalla paura. Non bisogna avere paura, quando invece occorre avere soltanto la capacità di decidere e d’industriarsi per avere disponibilità finanziaria. E poi è essenziale non cedere su ricerca e innovazione. Noi progettiamo e costruiamo prodotti nel settore delle grandi opere, come per esempio gallerie, miniere e estrazioni minerarie. Da quindici anni, questo mercato ha incominciato a chiederci le tecnologie innovative che avevamo prodotto già cinquant’anni fa. Noi, per esempio, abbiamo contribuito a innovare lo scavo meccanizzato, che non richiede l’impiego di esplosivo e di minatori. È stato inventato dagli americani, ma noi lo abbiamo migliorato già nel 1971. Nel microtunnelling siamo impegnanti in progetti specifici re condutture per il passaggio delle acque chiare e anche dei cavi delle reti di comunicazione. In Europa sono sempre di più, infatti, le città in cui si costruiscono tunnel per fare defluire le acque, in modo da evitare inondazioni. Queste nuove tecnologie consentono, in alcuni casi, di scavare in sotterraneo con costi inferiori rispetto a quelli necessari per le opere esterne. Con macchine da 10-12 metri di diametro perforiamo 20 metri al giorno di lunghezza, in orizzontale, che corrispondono a 600 metri al mese. In dodici mesi all’anno siamo in grado di ottenere 7,2 chilometri all’anno, con galleria finita e rivestita.

Questi interventi possono essere effettuati anche nelle nostre città, dai cui scavi emergono spesso reperti archeologici?

Il problema non sussiste se gli scavi sono condotti in profondità. Oggi, per esempio, a Parigi sono in atto lavori di scavo per la Gran Paris, la nuova metropolitana che nel 2028 avrà 408 chilometri di percorrenza ulteriori rispetto agli attuali 200, quindi molto di più di quanto è stato costruito in cent’anni. L’impiego di queste macchine è tale che quanto più lo scavo avviene in profondità tanto più sarà efficace l’opera realizzata, potendo arrivare anche ai 50 metri di profondità. La nuova metropolitana è situata a un quarto livello sotto la RER (la metropolitana rapida della città), in modo da poter viaggiare a una velocità maggiore e collegare distanze più ampie, come i sobborghi satelliti di Parigi.