L’ATTO CHE NON FINISCE
Nel dibattito di questo numero della rivista constatiamo come non riesca la padronanza sulla struttura della parola, che non cessa mai di attenersi all’occorrenza. Lungo il suo itinerario nella siderurgia, lei si è trovato a intraprendere una scommessa di riuscita che non avrebbe immaginato, fino a divenire azienda di riferimento della migliore qualità siderurgica nell’approvvigionamento di acciai speciali, titanio e leghe per migliaia di aziende manifatturiere che hanno prodotto autentici gioielli della meccanica italiana. Quali sono le sue constatazioni oggi intorno all’atto arbitrario della sua intrapresa?
Divenire imprenditore non è derivato da una scelta, ma dalla necessità di un fare che era irrimandabile. È avvenuto con mia grande sorpresa, perché, quando ho incominciato negli anni settanta, ero proteso a migliorare il mio modo di porgermi ai clienti e la mia qualità di venditore di acciai nobili. Non a caso rimasi colpito dall’immagine della corona della famiglia reale svedese apposta sugli acciai a marchio Uddeholm. Avevo lavorato in Mazzoni Acciai e poi in multinazionali come Böhler, oggi confluita con Uddeholm in voestalpine AG, leader mondiale nell’industria metallurgica. Mai avrei pensato di fare un atto arbitrario attraverso l’acquisto di una società come SEFA, prima divenendone socio di maggioranza e poi rilevando le altre quote. Nel 1978, la dirigenza di Uddeholm aveva capito che non avrebbe avuto successo se non avesse scommesso su un venditore dotato anche della cultura tecnica della materia, per cui, anziché aprire una nuova società con magazzino a Bologna, mi lanciò la sfida d’intraprendere la via dell’impresa per la distribuzione dei suoi acciai da utensili in alcune regioni del Centro Nord. Questi acciai speciali costituiscono ancora oggi il perno dell’industria: sono impiegati infatti nella costruzione di utensili e attrezzature per produzioni industriali, perché necessitano di una continua ricerca tecnologica, cui si aggiungono come strategici l’apporto culturale tecnico e l’esperienza del venditore.
Potremmo dire che l’imprenditore è atleta dell’atto arbitrario?
Io sono stato sollecitato a prendere una decisione che era dettata dall’occorrenza, perciò non avevo letteralmente scelta. Ma, grazie alla stima e alla fiducia delle multinazionali con cui avevo lavorato ho accettato questa sfida, sia per l’esigenza di riuscire e sia perché avevo migliaia di clienti che scommettevano su di me e sul fatto che, costituendo una mia società, avrebbero ottenuto non soltanto acciai di qualità, ma anche servizi ulteriori. Del resto, il patrimonio della vita di un venditore è sempre costituito dai suoi clienti, i quali ne sono perfettamente al corrente. Quando Giancarlo Rabbia e Emilio Bellini, l’ingegnere di riferimento di Uddeholm Italia, mi proposero di aprire un magazzino, io non avevo capitali e tanto meno l’aiuto di genitori che potessero finanziare il mio progetto. Avevo invece soltanto il mio lavoro ed ero prossimo al matrimonio, pronto ad assumere altri impegni nella famiglia. Per questo avevo acquistato un appartamento a Bologna, che in quel momento era anche l’unica cosa che potevo vendere – di questa decisione mio padre non fu molto contento –, infatti divenne il capitale con cui ho incominciato a investire in SEFA.
A seguito di questa scommessa sono stato libero di fare come non avrei potuto immaginare prima. Quando l’ha saputo, mio padre ha subito suggerito di partecipare a qualche concorso per lavorare come dipendente statale. Quindi, ho dovuto scontrarmi con qualche pregiudizio familiare, ho rinunciato ad alcune cose, ma avevo un progetto, che mi consentiva, invece di diventare capo filiale, di scommettere su una mia azienda, in cui ero io a dare la spinta commerciale e industriale per crescere.
Soprattutto in Italia, l’impresa è costituita da tanti atti arbitrari…
Io ho inteso questo quando mi è stato proposto il passo dell’impresa e ho dovuto mettermi in gioco. Sono sollecitato a fare continuamente scelte arbitrarie, perché ciascun giorno occorre decidere, tenendo conto dei miei clienti e del mercato. Più che per assecondare il mio ego, occorreva questa mia scommessa per sviluppare il patrimonio di clienti che incontravo e per offrire il meglio per le loro produzioni. Fai l’impresa non per te, ma per gli altri. Ecco perché non bisogna mai accontentarsi o essere sazi di servire. Pensi soltanto all’attenzione che dedica un imprenditore a presentare bilanci interessanti: oggi l’impresa si valuta anche a partire dal MOL, per il rating e per la sua solidità finanziaria e anche per il suo impegno verso la società. Questo atto arbitrario non finisce mai, perché ciascun giorno devi procedere dalla scelta, quella scelta che non chiude la questione.
Lei dice che l’atto arbitrario esige l’investimento…
Esige l’investimento continuo, con la tua intelligenza e con la tua capacità di fare, perché non si ferma mai l’impresa della tua vita. Dopo l’investimento in SEFA non potevo più tornare indietro. Uddeholm riponeva in me grande fiducia, anche perché questo modello che avevamo organizzato funzionava benissimo. Per la multinazionale era essenziale avere un unico interlocutore, che aveva anche grande capacità tecnica e che amava questo prodotto. Tant’è che il nostro caso è diventato un modello organizzativo anche per altre aree del paese e tuttora funziona ed è efficiente. Io ero un loro interlocutore di riferimento, ma ero libero e anche loro erano liberi. Questo equilibrio delicatissimo dura da cinquant’anni, con reciproca soddisfazione.
Noi siamo distributori esclusivisti, ma abbiamo avuto anche la possibilità di acquisire altre produzioni che integrano la vendita. Pur mantenendo gli impegni con Uddeholm, brand di prodotti di alta gamma, noi abbiamo testato anche acciai cinesi adatti per alcuni tipi di lavorazioni, perché il nostro obiettivo è quello di fare crescere sempre il nostro cliente e il nostro fornitore, che sono per noi sacrosanti e non si toccano. Questa collaborazione virtuosa e di grande equilibrio ci permette di essere un anello essenziale della catena che lega lo sviluppo delle aree manifatturiere del paese. Il fornitore resta il perno di tutto l’avanzamento tecnologico dei nostri territori, perché senza materia prima non si producono né manifattura né sviluppo sociale.
Se lei dovesse raccontare a un giovane quanto sia essenziale l’atto arbitrario, cosa gli direbbe?
Il giovane deve accettare l’atto arbitrario, può infatti costituire la sua fortuna nella vita, perché fra accettare un posto cosiddetto fisso e una sfida arbitraria non c’è da esitare. Noi ai nostri venditori, ai nostri collaboratori chiediamo: “Accetti di trovarti nell’atto arbitrario?”. Sollecitiamo a incominciare ciascun giorno e a mettersi in discussione, perché la storia che noi trasmettiamo diventi un tassello del loro patrimonio culturale da tramandare a loro volta alla famiglia e alle prossime generazioni, auspicando che l’esperienza in cui ciascuno si trova possa costituire un anello saldo della propria vita quotidiana, proprio come l’acciaio che dà solidità e sicurezza. Non si è mai visto un lavoratore del settore acciai diventare disoccupato, che non ne tragga un reddito o che non sia cresciuto professionalmente, perché lo sviluppo del paese non può prescindere da questa materia prima, e dagli acciai da utensili in particolare.
Noi siamo stati fortunati, perché abbiamo potuto far crescere e sviluppare l’azienda in un periodo lungo settant’anni di pace. Fra il 1978 e il 1980, l’atto arbitrario non era una cosa facile, perché lo sviluppo del paese comportava che ci fosse una grande concorrenza. Oggi Uddeholm e Böhler costituiscono almeno il 50% di un brand importantissimo nel mercato della siderurgia come voestalpine AG, quindi, noi, con la nostra perseveranza e lungo la scelta arbitraria compiuta in quegli anni e alle altre che sono seguite, abbiamo potuto continuare a garantire il flusso continuo di rifornimenti, il servizio, le competenze necessarie perché la storia industriale italiana e il paese non si fermino: è dai nostri uffici, per chi ci sceglie, che nasce lo sviluppo dell’Italia per le generazioni future. L’atto arbitrario non è un atto ideale, infatti, ma è atto pragmatico supportato dalla ricerca costante, da chilometri di strada per visitare i nostri clienti, da migliaia di contatti e relazioni perseguite con tenacia, da dispositivi di parola, ma soprattutto da tanta passione e da tanto impegno.