NON LASCIAMO NEL CASSETTO LE IDEE ARBITRARIE

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amministratore unico di Brunacci & Partners

Il numero di brevetti depositati in un anno in un paese è un indicatore importante, perché testimonia come un’economia sia in grado di affrontare le sfide della trasformazione tecnologica, inventando prodotti innovativi, che generano valore, proprio grazie alla proprietà intellettuale. Con il decreto attuativo del 15 febbraio 2022, l’Agenzia delle Entrate ha comunicato le nuove disposizioni in materia di Patent Box 2022, una misura che consente di rivalutare i beni immateriali (come brevetti e marchi) attraverso un beneficio fiscale. Che cosa può dirci a questo proposito?

Dal 2015, anno del suo ingresso nell’ordinamento italiano, il Patent Box è andato incontro a varie modifiche, ma quest’anno il cambiamento è stato radicale. La Legge di Bilancio 2022 ha semplificato il modo con cui le imprese possono trarre un beneficio fiscale da questa misura, perché adesso consente una deduzione a monte, pari al 110%, dei costi di ricerca e sviluppo dei progetti, anziché una detassazione parziale dei redditi derivanti dai beni immateriali, a valle, come avveniva in precedenza. Tuttavia, l’obiettivo alla base è sempre lo stesso: rendere il mercato italiano più attraente per investimenti a lungo termine.

L’agevolazione è valida per le attività considerate “rilevanti” in materia di ricerca industriale, sviluppo sperimentale, innovazione tecnologica, tutela legale dei diritti sui beni immateriali e attività classificabili come design e ideazione estetica.

È una bella opportunità per le imprese che hanno investito nella proprietà intellettuale…

Certo. Anche se ancora non è molto conosciuta. Per questo, nelle regioni in cui abbiamo le nostre sedi (Emilia-Romagna, Umbria, Lombardia e Trentino Alto Adige) stiamo svolgendo un’opera d’informazione verso i nostri clienti, che possono sfruttare anche questo strumento come una sorta di credito d’imposta evoluto. Molti imprenditori e dirigenti non sanno che i marchi e i brevetti possono costituire patrimonio, hanno valore in sé, al di là dello sviluppo che ne consegue. A volte, ci capita di constatare che i marchi e i brevetti di un’azienda sono stati messi a bilancio ai loro costi di mantenimento, che sono briciole. Una buona perizia, invece, può rivalutare marchi e brevetti che possono valere anche milioni di euro, nonostante siano costati soltanto qualche migliaio. È un’attività che noi svolgiamo, accanto a quella che consente la rivalutazione finalizzata ai benefici fiscali del Patent Box.

Nell’intervista precedente lei rilevava un incremento notevole del numero di brevetti durante il periodo della pandemia. Quali sono i dati relativi al primo semestre del 2022 in questo ambito?

Dall’inizio dell’anno, abbiamo notato una leggera flessione, non tanto nella nostra attività consolidata, quanto nella tendenza a far nascere nuovi progetti e nuove idee da tu[1]telare. Forse, la guerra in Ucraina ha influito sul clima d’incertezza, facendo venir meno la fiducia necessaria a intraprendere e a inventare. Tuttavia, chi investe sulla proprietà intellettuale da vari anni intende che essa offre un vantaggio impagabile, è l’ultimo asset cui vorrebbe rinunciare un’azienda, perché dà valore e consente di tutelarsi rispetto alla concorrenza: se un marchio non è registrato, se un’idea non è brevettata, il concorrente può appropriarsene ed è persino lecito che lo faccia. Per questo, quando avvertiamo qualche perplessità da parte di un cliente nel proteggere i propri marchi o le proprie invenzioni nei territori oggetto del conflitto, teniamo a sottolineare che sarebbe un errore colossale: un marchio eventualmente può anche essere recuperato in futuro, ma un brevetto, una volta abbandonato, non può essere più rimesso in vita. E, siccome non siamo alla fine del mondo, verrà un giorno, speriamo presto, in cui si riprenderanno i rapporti commerciali nella Federazione Russa e in Ucraina, quindi – a fronte del piccolo investimento che comporta il mantenimento di una proprietà intellettuale – il vantaggio sarà di nuovo assicurato.

Vi è mai capitato che un’idea apparentemente bizzarra, arbitraria, abbia consentito di sviluppare un business importante?

È una domanda interessante. Se gli studi di consulenza in proprietà intellettuale non si limitassero a redigere i brevetti per tutelare le idee dei clienti, ma si spingessero a “sponsorizzarne” alcune, non si rischierebbe di lasciarle nel cassetto. Tante idee possono sembrare futuristiche, ma, messe in mano a industrie che hanno gli strumenti per svilupparle, per affrontare la seconda fase, quella della sperimentazione, possono tradursi in qualcosa di molto valido. Soltanto le aziende strutturate brevettano dopo aver sperimentato e realizzato il prototipo di un’invenzione, mentre un’alta percentuale di brevetti rimane sulla carta. Allora, perché non diamo anche questo servizio? Perché non possiamo proporre al cliente di aiutarlo nello sviluppo di un’idea? Certo, non si tratterebbe di trarre profitto dallo sviluppo di un brevetto, ma di dare valore aggiunto semplicemente provando a collocare un’idea, che è già su carta, presso enti in grado di svilupparla. È un dibattito che bisognerebbe aprire al più presto, a vantaggio della trasformazione in vari ambiti della società.