LE PMI SONO UN PATRIMONIO DI ARTE, DI SCIENZA, DI CULTURA DEL FARE

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direttore generale di Esametal e di Cryotrucks, Cologna Veneta (VR)

Esametal dà un apporto alla civiltà, non soltanto con le lavorazioni in alluminio e la produzione di silos installati in Italia, Europa, America, Africa, Asia e Oceania, ma anche con alcune innovazioni a vantaggio della salvaguardia dell’ambiente. Infatti, è stata la prima azienda in Italia ad aver realizzato i serbatoi criogenici in alluminio, utilizzati nello sviluppo della tecnologia che sfrutta il potere refrigerante dell’azoto liquido, una grande alternativa al gasolio nei trasporti frigo. Come imprenditore, cosa può dirci a proposito del tema di questo numero, L’esperienza civile?

L’impresa è esperienza civile in quanto deve tenere conto sempre di varie esigenze per proseguire il suo progetto e il suo programma e giungere alla riuscita. Quindi, il suo operato deve essere assolutamente costruttivo. Quelle realtà che mirano soltanto al profitto e sono indifferenti a tutto ciò che sta intorno non dovrebbero essere chiamate imprese, ma attività speculative. E l’accanimento contro l’impresa e gli imprenditori è cieco e sordo, se non fa questa distinzione essenziale. A questo proposito, di recente sono rimasto molto impressionato dalla dichiarazione di una giovane attivista per il clima e per la difesa dell’ambiente ai microfoni di Radio Uno: “Il mio obiettivo è avere il coraggio di farmi odiare”, diceva la militante di Ultima generazione, la divisione italiana di Extinction Rebellion, gruppo europeo impegnato a imbrattare i capolavori della storia dell’arte (per fortuna senza danni irreversibili, almeno finora) per sensibilizzare sui temi dell’ecologia e protestare contro l’immobilismo dei governi.

Può anche essere condivisibile l’idea che ci sia un’inerzia oggettiva a un cambio di passo radicale negli stili di vita e nelle scelte politiche per invertire la tendenza contro un deterioramento del pianeta ormai definito “irreversibile” dagli scienziati. Ma in che modo colpire un Van Gogh o un Monet aiuta gli altri a riflettere – e agire – per la difesa del pianeta e la tutela dei suoi ecosistemi? E, poi, siamo sicuri che il resto della popolazione sia disposta a rinunciare ai mezzi offerti dalla civiltà industriale – senza che prima siano approntate le condizioni per la qualità della vita che essa offre – e che quindi voglia tornare all’economia pre-rinascimentale, ai tempi in cui gli scambi erano limitati al piccolo borgo di appartenenza per la maggior parte degli abitanti?

Mi sembra che in questa protesta ci siano gli strascichi di quella “immaginazione al potere” che Herbert Marcuse esaltava negli anni sessanta, opponendo la tecnologia alla fantasia. L’immaginazione al potere è contro l’impresa, che descrive come un luogo arido che mortifica la creatività. Ma chi si fabbrica questa idea dell’impresa ha tanta immaginazione, non analizza la vera realtà industriale del nostro paese, in cui le piccole e medie aziende costituiscono il 95% del tessuto economico e sono un patrimonio di arte, scienza e cultura del fare, dell’ingegno e dell’invenzione; per non parlare dell’attenzione che esse nutrono verso le esigenze delle famiglie che ci lavorano e delle comunità in cui operano.

Certo, la lotta di classe e il conflitto sociale non sono esperienze civili…

E non è un’esperienza civile neppure un altro accanimento: quello contro la politica. Sicuramente, esistono i politici corrotti, in Italia come in altri paesi, ma i cittadini e le imprese hanno bisogno della politica, non possono affidare il governo della città e della nazione ai tecnici, sarebbe deleterio e devastante per la civiltà. Quella sì che sarebbe una macchina del potere burocratico finalizzata al governo della cosa pubblica da parte di cosiddetti “esperti”, che in realtà non hanno alcuna esperienza nei vari ambiti della società e decidono in base a teorie più o meno realistiche o idealistiche, quando non addirittura in base ai responsi di qualche algoritmo. L’impresa, invece, ha bisogno di una politica che possa costruire e soprattutto dare risposte. E qui bisogna distinguere due tipi di politica: da una parte, quella degli amministratori regionali, provinciali e comunali, che hanno il contatto diretto con gli elettori e hanno la chance di coglierne le istanze; dall’altra, quella dei parlamentari, che dipendono da scelte del partito, le quali non sempre sono tra le più felici. E, forse, proprio a causa delle scelte di quest’ultimo tipo di politica, si stanno tarpando le ali al primo tipo, perché sono state bloccate le assunzioni negli enti pubblici e si stanno mettendo in serie difficoltà gli uffici nello svolgimento dei loro servizi ai cittadini e alle imprese, più di quanto non lo fossero già. Mi domando a chi interessi indebolire l’attività politica nelle nostre società, che invece è espressione di libertà, ma anche di capacità e di responsabilità rispetto ai problemi che le società complesse e globalizzate devono affrontare. E qui entra in gioco una considerazione: il politico è colui che promuove l’integrazione e la combinazione fra le varie esigenze e le varie realtà che emergono in una città, in una regione o in una nazione. Se diamo il governo in mano ai tecnici, che non hanno il compito di analizzare gli aspetti di un problema nella sua complessità e prendere una decisione pragmatica, ci avviamo verso la distruzione delle città e della loro memoria.